“Certi amori non finiscono, fanno un giro immenso e poi ritornano” Antonello Venditti

Ci sono amori giusti nati al momento sbagliato. Sono quelli che non hanno mai avuto una conclusione naturale, che si dissolvono, tanto che la fine nemmeno riesci a percepirla. Sono quelli che non ti permettono di passare al capitolo successivo. Non ancora e forse mai. Quella tra James Rodriguez e Carlo Ancelotti è una storia del genere. 

Il colpo di fulmine madrileno

I due si sono conosciuti a Madrid, subito dopo il Mondiale brasiliano. La scintilla scocca quasi subito, sotto il sole di Valdebebas. Il “bandito” rapisce il cuore e la fiducia del tecnico di Reggiolo. Ancelotti è impressionato dal talento di quel ragazzo colombiano e decide di esaltarlo attraverso la costruzione di un sistema di gioco a lui adatto. James gioca e concretizza con continuità (46 presenze, 17 reti e 18 assist), mostra lo stesso carisma e il carattere che lo ha fatto brillare con los Cafeteros, lo fa anche più di Bale, anche meglio del gallese. Spesso gioca proprio nello spazio riservato al ex Tottenham, ovvero sulla destra per liberare il sinistro, o, addirittura, mezz’ala.
Il rapporto con Ancelotti diventa, con il passare dei mesi, sempre più robusto, forte, così forte da schiacciare il colombiano quando il tecnico se ne va. Carletto è più che un mentore, è una figura paterna, ma lascia la Casa Blanca. Va via prima che quella alchimia tecnico-giocatore possa raggiungere il suo potenziale massimo, prima che James possa davvero esplodere, e, infatti, James implode.
Gli anni passati sotto le gestioni Benìtez e Zidane sono lastricati di incomprensioni, non c’è feeling. Il “bandito” si perde tra i sobborghi e le macerie di quello che era stato e assume atteggiamenti borderline, autodistruttivi. La mancanza di professionalità e il suo complicato collocamento tattico in sistemi di gioco a tre punte lo portano fuori dai progetti.

La parentesi bavarese

Intanto Ancelotti è in Germania, al Bayern, e non l’ha dimenticato, è in attesa, lo osserva. In fondo è finita per questione di tempi, d’equilibrio, non per scelta.
Carletto parla a “Kalle” della sua vecchia fiamma, ha voglia di riprovarci. L’Ad del Bayern decide che il matrimonio s’ha da fare, le condizioni sono vantaggiose (prestito di due anni con opzione d’acquisto): il colombiano va in Baviera per ricominciare a sorridere.
James e Carlo riprendono da dove avevano lasciato. James ritrova fiducia. Ritrova, soprattutto, il campo, riattiva il proprio percorso di crescita. Ma quando una relazione nasce sotto la stella di un destino avverso, quello si ripresenterà sempre, busserà alla porta. La storia è piena di amori infelici.
Sia per il fato, per il disegno misterioso e imperscrutabile degli dei, o semplicemente per colpa della dirigenza bavarese, Ancelotti viene esonerato che non è nemmeno ottobre. Si prende un anno sabbatico.
Il colombiano, invece, non può che restare e fare bene, lo ha promesso a Carletto, che gli ha detto di non buttarsi via, deve dare una sferzata alla sua carriera, per non essere ricordato come una cometa di un agosto brasiliano. Diviene cosi una figura chiave nello scacchiere tattico di Jupp Heynckes, che è da sempre garante di una certa libertà individuale dei singoli all’interno di un collettivo organizzato sull’equilibrio. James gioca praticamente ovunque, grazie alla sua duttilità tattica. Rispetto al ragazzo ammirato ai Mondiali, baratta l’esplosività per la stabilità, diventa elemento di raccordo, fondamentale nella fase di possesso. La sua capacità di giocare tra le linee permette al Bayern di sviluppare un gioco avvolgente, il ragazzo impara ad usare il corpo secondo i principi del gioco di posizione e valorizzare i movimenti dei compagni di squadra, orientando le transizioni. Quando Heynckes lascia per Kovac, non precipita nelle gerarchie (l’ultima stagione conta 28 presenze, 7 marcature e 6 assist) ma i due anni passano e il prestito scade. Non c’è nessun garante per lui e il Bayern non vuole se la sente di investire.
Jorge Mendes, il potente procuratore portoghese, lo offre alle big europee. C’è interesse, spaventano cartellino e ingaggio. Sotto il Vesuvio, però, c’è qualcuno che lo ha sempre amato e… “Chiunque ami…crede nell’impossibile” Elizabeth Barrett Browning

Riproviamoci sotto al Vesuvio

Il sole di Castelvolturno sembra avere lo stesso sapore e lo stesso colore di quello di Valdebebas. Quel sole bacia Ancelotti, ora in azzurro. Ancelotti pensa a James perché non è mai finita. Questa volta da convincere c’è ADL, uno dalle tasche meno aperte dei bavaresi.  “Me lo hai promesso”, si impunta Carlo, “quando ho firmato la scorsa stagione”. Il Napoli, secondo gli accordi, avrebbe fornito al mister dei top player in grado di rendere la squadra competitiva con la Juve. James lo è, è quello giusto perché come la città è in cerca della definitiva consacrazione, è quello giusto per dare agli azzurri, finalmente, un leader tecnico, qualcuno sul quale riversare la propria voglia di rivalsa e la speranza di sognare ancora.
I presupposti ci sono tutti. Florentino Perez chiede 42 milioni, il colombiano per quell’allenatore vuole spalmarsi l’ingaggio in cinque anni. Estate 2019, il vento che soffia su Posillipo ci porta al cospetto di un amore che vuole vivere una prossima vita, ribattere un percorso interrotto. James sposerebbe alla perfezione la volontà di Ancelotti di tenere il gioco al centro e orientarlo su un giocatore: il colombiano. L’ipotesi più scontata è che il diez possa giocare da esterno, o al massimo da seconda punta, per ricevere palla e fornire sempre una valida alternativa ai portatori. La qualità media del Napoli si innalzerebbe esponenzialmente, considerata la qualità del colombiano di lavorare i palloni in uscita e di “vedere” i compagni.
Sarebbe un Napoli superiore, una ricongiunzione, un cerchio che nel bene o nel male si chiuderebbe definitivamente. La sensazione è che siamo dinanzi a ciò di cui il Napoli ha bisogno, a ciò che serve a James. L’amore ha fatto un giro immenso per non ritornare. Il sogno si spezza, come un incubo, come una catena. La frenata è brusca e lascerà strascichi. De Laurentiis non farà il possibile, non troverà l’accordo con il Real Madrid, non accontenterà il suo allenatore, esattamente come aveva fatto un anno prima. Un sudamericano arriva a Capodichino, ma è Lozano.

Il Re vola a Liverpool ma non dimentica

Quell’estate, la scorsa, segna una frattura che non si comporrà più tra Ancelotti e la dirigenza partenopea, con il tecnico di Reggiolo troppo deluso dagli uomini messigli a disposizione. L’inizio di stagione sarà tragico, uno dei più brutti della storia recente azzurra. Agli inizi di dicembre arriva la separazione definitiva, al San Paolo il posto del maestro è riservato all’alunno: Gattuso. Ancelotti va via in punta di piedi, come è solito fare e si accasa quasi subito, perché la sua carriera parla per lui. Trova un tetto al Goodison Park, la tana dei Toffees: è accolto come un Re.

Raccoglie l’Everton ad appena tre punti dalla zona retrocessione, lo trascina a otto dalla zona Champions, trasforma Richarlison, Walcott e Mina, dà un senso a quella squadra che sembra non avercelo. Poi la stagione si ferma per l’emergenza COVID-19, non si sa quando si riprenderà.

La quarantena lascia a tutti tanto tempo per pensare, Carletto, uomo di calcio, pensa al calcio. Se non si può giocare, si può immaginare a quando si tornerà a farlo, su come dovrà essere l’Everton dei suoi sogni, un Everton costruito per vincere. Al cuore non si comanda, e quel cuore chiuso in quattro mura trova la forza di volare a Madrid, dove il colombiano starà rimuginando sulla sua stagione fatta di contrattempi e solo 650’ minuti di prato verde. Pochi giorni è Mundo Deportivo riporta la notizia, Ancelotti ha fatto a Farhad Moshiri per la prossima stagione un solo nome: James Rodriguez.
Il giro immenso di questo amore è ancora in atto.