L'avventura di Carlo Ancelotti a Napoli è terminata ormai da quasi un anno, ma il suo peso all'interno dell'universo calcio, il suo blasone e lo stupore derivante dal suo esonero partenopeo, fanno sì che spesso si torni a discutere del perché Carletto a Napoli non ha funzionato. Perché è oggettivo che non abbia funzionato.
Per esprimere il mio pensiero utilizzerò 3 “macro-categorie” in relazione all’esperienza napoletana di Ancelotti, ovvero CATEGORIA TATTICA, CATEGORIA “TROFEISTICA” e CATEGORIA AMBIENTALE.

CATEGORIA TATTICA - Carlo Ancelotti arriva a Napoli nell’estate 2018, affermando di non voler stravolgere l’assetto sarriano: dunque vertice basso di centrocampo (Hamsik) e tridente confermato (4-3-3, e anche se molti non amano i moduli, io la penso come Antonio Conte, dunque credo siano importanti e indicativi).
Questo assetto dura solo 3 partite: Lazio, Milan e Sampdoria. Quest’ultima partita, persa per 3-0, segna l’abbandono al sistema sul quale si era lavorato un’estate intera e dunque si passa al 4-4-2 dopo appena 3 partite.
La stagione successiva si lavora un’estate intera al 4-2-3-1, con il trequartista (James mai arrivato), e anche questo esperimento dura solo 2 partite: Fiorentina e Juventus, 7 gol subiti in 2 partite e ritorno al 4-4-2, per poi abbozzare un improvvisatissimo quanto svogliato 4-3-3 un mese dopo col Torino (0-0 in una delle partite più brutte degli ultimi anni).
Questo, per me, è indice di poca convinzione nelle proprie idee e di poco lavoro a livello tattico, senza costruire un’identità fissa (cosa di cui lui va fiero, ma che soprattutto in contesti dove non si hanno 11 fuoriclasse epocali è basilare avere).
Altro punto dolente, secondo me, è il continuo cambio di ruolo per ogni singolo giocatore: alla lunga ciò crea confusione e malumori, oltre che perdita di punti di riferimento fissi in campo.
E ancora, giocatori fuori ruolo: Zielinski e Fabian davanti alla difesa, Lozano punta (ha giocato punta solo 2 volte in tutta la carriera prima di Napoli, fonte Transfermarkt), con Callejon e Insigne esterni di centrocampo, aggiungendo anche Mertens e Milik avanti, più 2 terzini costantemente proiettati in avanti, è l’elogio allo squilibrio, ma anche forse una tendenza alla presunzione.
Aggiungo il non voler un regista classico “perché non cerchiamo il regista puro, possiamo adattare Allan, Fabian e Zielinski” (dichiarazione del 28 aprile 2019), dunque non avalla l’acquisto dell’ottimo Veretout ma avalla le cessioni di Rog, Diawara e si presenta con soli 4 centrocampisti per 2 posti ai nastri di partenza (Elmas, Allan, Zielinski, Fabian). D’altronde, non concepire il mediano classico, ruolo-perno di quasi ogni squadra vincente dell’ultimo decennio (Busquets, Fernandinho, Gabi, Casemiro, Fabinho, Pirlo, Kante, Jorginho, Xabi Alonso e non voglio continuare…) è uno dei capisaldi del suo “calcio liquido”.

Insomma, Ancelotti a Napoli (non solo a Napoli, ma soprattutto lì) è stato quanto di più diverso si possa trovare su un campo di calcio rispetto al calcio posizionale, fatto di riferimenti fissi, meccanismi collaudati ed anche ripetitivi, estenuante lavoro tattico e via discorrendo. Un approccio chiaramente non idoneo a questa squadra, che veniva tra l'altro dallo splendido triennio del calcio "ultra posizionale" di Maurizio Sarri.

CATEGORIA “TROFEISTICA” - Non mi piace giudicare gli operati degli allenatori in base ai trofei, ma lui è il Re di Coppe e tanti sono stati quelli che hanno ripetuto che senza di lui ci saremmo ridimensionati e difficilmente avremmo vinto.
Ebbene, il Napoli con Ancelotti non è mai andato nemmeno lontanamente vicino a vincere un trofeo: distanza siderale dalla Juve, uscita veramente inguardabile col Milan (di Gattuso) in Coppa Italia e uscita altrettanto inguardabile con l’Arsenal in Europa League. Il grandissimo girone di Champions va elogiato, ma non ha portato alcun trofeo in tasca, né tantomeno un salto di qualità mentale data l’eliminazione-Arsenal senza resistenze di qualche mese più tardi. Gattuso in sei mesi ha già vinto un trofeo, Ancelotti non l’ha nemmeno sfiorato per sbaglio. È un dato oggettivo.

CATEGORIA AMBIENTALE - Carlo Ancelotti venne esonerato dal Bayern Monaco perché, a quanto pare, si era messo contro i senatori dello spogliatoio e voleva rinnovare la squadra: Muller in primis, seguito da Boateng, Robben, Ribery, Hummels: non avevano un gran rapporto con Carletto.
Poco dopo il 3-0 incassato a Parigi in Champions, che gli costò il posto in panchina, il presidente Hoeness dichiarò: “Dal mio punto di vista l’allenatore negli ultimi giorni si è messo contro 5 giocatori importanti della rosa, e non avrebbe più potuto farcela. Non puoi avere i giocatori più importanti tutti contro di te".
Due anni dopo, ecco il Deja-vu: a Napoli si era messo di traverso parte dello spogliatoio, su tutti Insigne (escluso perfino ad Anfield), che con Gattuso sembra tornato quel gran giocatore che è sempre stato. Sei mesi dopo, il Napoli vince la Coppa Italia battendo Lazio, Inter e Juventus con i giocatori da lui messi ai margini soprattutto alla fine della sua avventura.

Ecco, ho cercato di essere il più sintetico possibile, nonostante il discorso meriterebbe davvero ancora tante disamine. Capisco la figura di Carletto sia affascinante, capisco che stia simpatico praticamente a tutti (me compreso, a dimostrazione del fatto che il mio pensiero non è dettato da sentimenti negativi nei suoi confronti, anzi), ma nessuno è infallibile, ed un passo falso non cancella certo una carriera incredibile.
Poteva essere una bella storia per tutti, non lo è stata per nessuno.
Buona fortuna ad Ancelotti (e ad Allan) all'Everton.
Carletto è una leggenda del calcio e sempre lo sarà, ma a Napoli non è stato all’altezza del suo blasone.