In questi giorni, complice anche la sospensione del massimo campionato, esaurite le considerazioni di rito legate alla buona (ma non impossibile) gara della nazionale, rimane poco da dire.
Noto che, soprattutto dopo le ultime previsioni, abbondano gli articoli di "amarcord": il destino dello Stadio di San Siro, le nuove divise della Juventus, le future formule di gara, sono tra gli argomenti più dibattuti.

Io penso che, al di là del particolare, tutti codesti "cris de coeur" siano accomunati da un unico denominatore.
L'unità di intenti non è tanto sostenuta dal rimpianto o dal ricordo, quanto da una enorme, agghiacciante paura: la perdita di qualsiasi autentica Tradizione.
Non desidero avventurarmi in un discorso politico, sociologico od organizzativo teso prevedere il futuro del mondo e delle sue abitudini.
Non ne sarei di sicuro all'altezza.

Resta comunque il fatto che, al netto del fenomeno della globalizzazione, dell'abbattimento delle frontiere, dell'apparente rimpicciolimento del nostro Mondo, la tradizione, la Storia, il passato indimenticato ed indimenticabile rischia di essere minato nella sua essenza più pura.

Il rischio coinvolge le strutture (l'ipotizzata distruzione dello stadio di San Siro).
Il rischio coinvolge i ricordi ed i miti (l'abbandono delle strisce bianconere, che segue la schematizzazione del logo, imposta dalla Società).
Il rischio coinvolge l'organizzazione e le abitudini: ho apprezzato moltissimo l'articolo dell'amico che ricordava "tutto il Calcio minuto per minuto" trasmissione di autentico MITO sociologico, ora imbastardito dallo spezzatino degli orari odierni per le partite di Campionato italiano.

E non sono che esempi, ai quali potrebbero seguire innumerevoli altri: le partite fra squadre italiane disputate  all'estero, la riorganizzazione degli stessi campionati nazionali e molti altri ancora.

Il grande mito del business pare farla da padrone. Le schiere di tifosi e di appassionati, privi di qualsiasi potere contrattuale, non possono che mugugnare, imbelli ed inascoltate.
Tutti questi fenomeni paiono proseguire, imperterriti, governati da algoritmi e da bilanci che NULLA possiedono di autenticamente umano. Non si tratta, sia chiaro, di negare l'evoluzione. I tempi sono cambiati ed il Calcio si è evoluto con essi.
Se, peraltro, l'evoluzione sarà una rivoluzione tale da farci dimenticare tradizioni e ricordi, si perderà addirittura la nostra essenza.

Il "nuovo mondo" rischierà  di essere intollerabile, inutile, invivibile, razionalmente e filosoficamente incomprensibile.

Ciascuno di Noi è ospite di uno spazio tempo spaziale limitato dal suo Destino.
In questa parentesi, più o meno estesa, egli si forma, grazie all'esperienza dei propri Padri per potersi migliorare e trasmettere nuove sensazioni ai propri figli.
Non è una retta, infinita, ma un segmento di cui devono restare visibili i punti di origine e di fine.
Di ogni epoca devono rimanere visibili orpelli significativi che sottolineano la Storia di quei tempi, attraverso i simboli e le tradizioni che l'hanno contraddistinta.

Se mai dovessimo, un giorno infausto, essere costretti a vivere in un mondo SENZA TEMPO potremmo ipotizzare che abbiano raggiunto l'eternità, perché non moriremmo mai.

Ma, forse, non saremmo nemmeno mai potuti nascere e non saremmo mai esistiti.