È stata indiscutibilmente la migliore campagna acquisti dell’era Lotito, per la Lazio. Frutto di bilanci virtuosi e dal tesoretto dell’Europa League, il duo Tare-Lotito (con tanto merito del primo) ha condotto fin qui in maniera magistrale le operazioni, che se si dovessero chiudere con la permanenza di Milnkovic-Savic sarebbe impeccabile. Dopo anni e anni di proteste e di cattivi rapporti, i tifosi laziali sono riusciti ad ottenere un mercato degno delle loro aspettative e degno del calibro della società biancoceleste, ormai in pianta stabile tra le migliori in Italia e tornata a fare voce grossa anche in Europa. La rosa donata a Simone Inzaghi è profonda, competitiva, giovane ma allo stesso tempo esperta, capace di unire la tecnica alla fisicità. L’ossatura rimane quella: un misto tra 3-5-1-1 e 3-4-2-1 in grado di esaltare la verticalità di Ciro Immobile, l’estro di Luis Alberto e la dominanza fisica di Milinkovic-Savic. Se non fosse stato per l’acquisto assurdo di CR7, la Lazio al completo poteva addirittura azzardare a considerarsi una pretendente al titolo, ma la Juve ha di nuovo alzato l’asticella a livelli troppo alti per gli standard italiani e, quindi, bisogna “solo accontentarsi” di lottare per la Champions. Simone Inzaghi finalmente potrà gestire al meglio le rotazioni in tutti i reparti, evitando di sfinire i giocatori, come Lulic e Parolo onnipresenti in campo, che nelle ultime giornate dello scorso anno erano visibilmente in riserva dopo cinquanta partite giocate. Indicativo è l’arrivo di Milan Badelj, il parametro zero più ambito d’Europa, che ha sposato il progetto Lazio pur sapendo di dover lottare per scalzare la grande sorpresa della scorsa stagione Lucas Leiva.

Sostanzialmente i biancocelesti hanno puntellato tutti i reparti: Proto garantisce esperienza internazionale, maturata da anni di Champions, e una chioccia per i giovani Strakosha e Guerrieri. Inzaghi e il suo staff hanno dato molta fiducia al portiere belga, visto già all’opera nel ritiro di Auronzo. Nel reparto difensivo, nello scambio De Vrij-Acerbi non perde nulla in termini di qualità difensiva, ma solo per quanto riguarda progettualità, poiché ad Acerbi possono rimanere ancora due/tre anni di grande qualità, mentre il neo difensore dell’Inter è ad inizio carriera. In più, si conta di recuperare due giocatori di grande talento ma dalla grande discontinuità e dalla poca concentrazione come Wallace e Bastos. Il primo potrebbe essere uno dei difensori più tecnici del campionato, dando una mano alla costruzione dal basso degli uomini di Inzaghi, ma la poca esperienza e la poca concentrazione lo rendono un facile target di errori (da ricordare quello clamoroso al derby o anche un dribbling senza senso lo scorso anno a Bergamo che quasi costò la partita). Il secondo invece potrebbe essere uno dei migliori marcatori della Serie A per la sua fisicità e velocità nel coprire la profondità, ma la scarsa capacità di gestire la palla sotto pressione lo ha reso protagonista di errori che gli hanno fatto perdere il posto da titolare, in favore di un Luis Felipe molto meno atletico ma molto più riflessivo, al quale Inzaghi delega molte responsabilità palla al piede. Sulle ali invece, l’arrivo di Durmisi dà a Simonicino un cambio di Lulic, che potrebbe essere dirottato anche al centro in caso di centrocampo a tre, più affidabile di Lukaku (in dubbio la sua permanenza a Roma), mentre sull’altra fascia scalpitano Lombardi e Basta per assicurarsi il posto di vice Marusic. Sarebbe interessante vedere se l’ex Primavera riuscirà a strappare il posto al serbo. Lo scorso anno a Benevento sotto De Zerbi ha imparato a giocare proprio come esterno a tutta fascia in un sistema di gioco ben strutturato e codificato come quello del neo allenatore del Sassuolo, e questa esperienza maturata potrebbe rivelarsi utile per affermarsi a Roma. Il quadrato di centrocampo (formato dalla coppia di mediani e dai due trequartisti) è dove Inzaghi e il suo staff possono sbizzarrirsi in cerca di soluzione ad hoc per ogni eventualità. L’arrivo di Badelj regala alla Lazio un giocatore dalla grande tecnica di base, che sa spezzare le linee difensive con un passaggio, e che si troverebbe a suo agio in un sistema simile a quello giocato a Firenze con Paulo Sousa. Molto meno di inserimento rispetto a Leiva, è raro che lasci la sua posizione in mezzo al campo, ma da lì può dirigere saggiamente le operazioni, sapendo quando accelerare, ma anche dando una pausa al gioco, associandosi con Luis Alberto e SMS per gestire il pallone. Difficile che scalzi Leiva, pur avendo un buonissimo senso della posizione in difesa; più facile che lo affianchi, regalando due guardaspalle d’eccellenza al duo ispanico-serbo, entrambi molto dediti e coinvolti nella fase difensiva lo scorso anno, così potrebbero diventare molto più lucidi in fase di rifinitura e di finalizzazione. Questo assetto, proposto da Massimiliano Farris, vice di Inzaghi, alla radio ufficiale, con Badelj e Leiva, potrebbe regalare anche maggiore equilibrio alla fase difensiva audace ma spesso farraginosa della Lazio, relegando Parolo ad un ruolo di super sostituto. Se dovessero però adottare questo sistema, il sostituto naturale dei due sarebbe più Murgia che Parolo, data la maggiore facilità di vedere la giocata in verticale e l’uomo in mezzo alle linea del centrocampista romano rispetto alle ottime qualità di interdizione e di inserimento del centrocampista della Nazionale, che però in un centrocampo a due sarebbe fuori luogo. Invece i due neoacquisti Valon Berisha e Joaquin Correa si inseriscono perfettamente nella categoria dei vice. Berisha, in caso di partenza del gioiello serbo, potrebbe prendere benissimo in mano il ruolo di Milinkovic. Il giocatore norvegese è esploso nel sistema di Marco Rose a Salisburgo che richiedeva un compito specifico alle mezzali, cioè quello di ricoprire gli half spaces, quei spazi tra difensore e terzino molto difficili da marcare, e di saper scambiare nello stretto, attraverso triangoli, con i propri compagni. L’ex Red Bull non sarà un freek fisico come il gigante serbo, ma è un giocatore dall’indubbia capacità tecnica e dalla grande visione di gioco, che lo rendono perfetto per giocare in quel ruolo ibrido creato tra mezzala e trequarti usato da molti allenatori europei (ad esempio Pochettino mette Dele Alli in quella posizione). Correa invece è il sostituto di Felipe Anderson, venduto a peso d’oro al West Ham, pur discostandosi dalla velocità e dalla esplosività del brasiliano. L’argentino è molto più fisico e più cerebrale, ma meno verticale di Felipao. Sia a Genova che a Siviglia, i vari Sampaoli e Montella lo hanno usato da trequartista, sfruttando le sue qualità di associazione e di dribbling nello stretto, ma anche di conclusione dalla distanza. Sia lui che Anderson sono due giocatori dalla grande fisicità, ma la usano in maniera completamente diversa. Il ruolo designato per il Tucu sarà quello di spezza-partite dalla panchina, ma il suo acquisto certifica il passaggio dalla prima versione della Lazio di Inzaghi fatta di verticalità e transizione con Keita, Anderson e Immobile ad un Lazio 2.0 sempre verticale, ma dalla manovra più ragionata e tecnica. Per il ruolo di bomber c’è solo un nome, cioè quello di Ciro Immobile, impostosi come uno dei più grandi cannonieri della storia biancoceleste in sole due stagioni. L’ultimo regalo ad Inzaghi sarebbe quello del suo vice (si parla di Lucas Peres o di Wesley), ma l’allenatore ha già ribadito la sua stima nei confronti di Caicedo, che vorrebbe andare a giocare di più, e c’è il giovane Alessandro Rossi che sta segnando a ripetizione nel pre-campionato e potrebbe convincere Inzaghi, che lo fece esordire dal primo minuto due anni fa all’Olimpico contro il Chievo, a tenerlo.

Infine, la Lazio costruita è una squadra dalla spiccata vocazione tecnica, pur rimanendo una delle squadre più fisiche e atletiche d’Europa. La versione con il doppio mediano potrebbe regalare più equilibrio ad un terzetto difensivo spesso lasciato in balia delle transizioni avversarie, ma allo stesso tempo mantenere un’alta produzione offensiva grazie al trio offensivo, alle capacità di saltare le linee di Leiva e Badelj e alle incursioni della flotta di ali, con Marusic che spesso si ritrova ad attaccare la difesa già mossa sulla destra. Conciliare un’alta produzione offensiva e una solidità nella fase difensiva è da grande squadra, e proprio questa mancanza è costata la Champions ai ragazzi di Inzaghi (senza parlare dei blackout mentali che in sette minuti hanno rovinato la stagione). CR7 ha spostato l’asticella ancora più in alto, rendendo quasi impossibile sognare il tricolore, ma la Lazio sarà un’altra volta lì a giocarsi la Champions e a portare alto il nome dell’Italia in Europa.