Sherlok Holmes e Mister Watson, Rè Artù e Mago Merlino, Mulan e Mushu. Sono tanti i coprotagonisti coperti dalla luce del personaggio principale. Quest’ultimo si prende il proscenio. E’ il mito. E’ l’eroe che, nella realtà dei fatti, sovente risulta meno simpatico del suo fedele compagno di avventura. Perchè? Beh, la risposta appare semplice. Lo scudiero è come noi! E’ più umano e vulnerabile. L’altro, invece, assomiglia quasi sempre a un semidio impossibile da trovare nella vita quotidiana. Compie imprese inattuabili senza mai peccare in nulla. E’ un essere quasi perfetto. Si pensi alla giovane guerriera cinese in confronto al suo aiutante antenato. Il draghetto giallorosso è favoloso. E’ strampalato ma, al fine di ritrovare un posto nel cuore dei suoi familiari, completa attività all’apparenza insormontabili. Sbaglia, provoca l’ilarità altrui, cade e si rialza sempre. D’altronde Machiavelli affermava che “il fine giustifica i mezzi”. Se si agisce legalmente, ogni strada è buona per centrare l’obiettivo e, anche in caso di mancato raggiungimento del traguardo, si sarà comunque ottenuto un risultato ragguardevole. L’importante è sperimentare e non bloccarsi di fronte alla paura. Nessuno è perfetto e l’errore è parte della nostra natura. L’esempio è banale. Può capitare di essere bocciati a un esame universitario, ma lo studio compiuto non è gettato alle ortiche. Sarà utile per aver appreso e magari al fine di ritentare. Avete mai visto la Spada nella Roccia di Disney? Semola, che coglierà il prezioso cimelio, è coadiuvato dallo sbadato Merlino. Il Mago, che insieme ad Anacleto combina disastri a profusione, è fondamentale per condurre il Re sul trono. Inutile parlare delle note vicissitudini del medico che aiuta l’investigatore londinese. Tutti li conoscono. Potrei proseguire all’infinito…

RE CR7 E IL MAGO ALVARO
Alvaro, non me ne volere! Sostengo questo con il massimo del rispetto e dell’ammirazione nei tuoi confronti. La storia tra Cristiano Ronaldo e Morata mi pare molto simile alle precedenti. Un fatto piuttosto clamoroso risulta alquanto esplicativo. Tornate a qualche settimana fa. La Juve gioca nella magnifica Budapest contro il Ferencvaros. E’ in vantaggio 1-0. Chi ha segnato? E’ difficile sbagliare: El Chico de Madrid. CR7, anche detto il Re, non ha ancora trovato la via della rete. Il protagonista è lanciato verso la meta con il suo fido scudiero che, in quel momento, è in posizione assolutamente favorevole e con la sfera tra i piedi. “Alvarito, tira! Lo devi fare! Sei in porta!” No, lui cerca il suo mito. Il lusitano, da zona più scomoda, spreca la chance. Direi che è una scena assolutamente emblematica. L’ispanico rinuncia a un gol facile facile per l’ego di chi è chiamato a scortare. E’ chiaro che non è proprio così, ma il concetto è vicino. Cris è l’eroe e il numero 9 la sua spalla. E Dybala? No, signori. Paulo è diverso. La Joya è El Diez. Lui brilla di luce propria e non si affida ad altri per raggiungere l’obiettivo. Credete che sia proprio questo il motivo della difficile convivenza tra l’uomo da 750 centri in carriera e l’argentino? Penso sia una delle cause. Non amo l’espressione “Prime Donne” e non la utilizzerò. Credo semplicemente che siano 2 eroi nel medesimo film. Non c’è spazio per entrambi. Questo naturalmente è supportato da alcune palesi difficoltà tattiche. Ma torno al nostro protagonista. Amo Alvaro perché riesce a restare nell’ombra e al medesimo tempo a essere determinante. Sapete quante reti ha realizzato nell’attuale Champions? Ben 6 in 5 match. Il lusitano è fermo a 2. E in serie A? Qui Ronaldo resta ancora inarrivabile perché ne ha messe a segno 8 mentre il collega è a quota 3. In sostanza siamo 10 a 9 per CR7, ma è solo un gol di differenza. Niente male per un umile gregario. Questo senza calcolare il peso specifico di alcune realizzazioni. Non è importante. Non è mia intenzione elaborare paragoni o attivare una sfida interna al gruppo. Desidero soltanto che si comprenda cosa significhi Morata dentro al sistema bianconero.

ALVARO E UNA VITA PRIVATA NORMALE
Tutta la carriera dello spagnolo è particolare nella sua consuetudine. “Belane, sei svitato? Chi lo sa? La pazzia è relativa. Chi stabilisce la normalità? Non lo so”. Così scrive il grande scrittore russo Bukowski. Lo spagnolo è come la maggior parte di noi abitanti della zona benestante del pianeta. Nato a Madrid il 23 ottobre 1992, Alvaro Borja Morata Martin cresce in una famiglia senza eccessi né in ricchezza, né in povertà. Pure la data in cui viene alla luce non ha nulla di particolare. Non me ne voglia chi nutre legami con quel mese, ma che cosa rappresenta nell’immaginario comune? Nulla. Solo una fase di passaggio tra l’estate e l’inverno. Non è né carne, né pesce. Il caldo cocente è già alle spalle, mentre il freddo pungente è ancora piuttosto lontano. Sì, è vero, il paesaggio mostra favolosi colori infuocati degni di un quadro di Van Gogh, ma niente di più. In realtà, non è così perché già questo periodo dell’anno incarna l’inizio di una nuova era. Lo spostamento si noterà solo a novembre, ma chi lo precede è l’innesto della bomba. Tutto sembra disegnato nelle stelle quelle che ultimamente sono evocate sovente da scienziati e politici per cercare di farci comprendere l’imprevedibilità del futuro o, forse, la loro impossibilità di leggerla. Alcune persone sono geniali nella loro ordinarietà e il Destino nutre per esse programmi importanti. Sono fantastiche. Alvaro è una di queste. Non perde i genitori da fanciullo e non vanta una storia familiare degna di nota. Il padre Alfonso è protagonista attivo dell’esistenza del figlio. Come i babbi tipici della nostra cultura, segue il suo pargolo con orgoglio e un’attenzione quasi “overprotettitva”. La mamma Susana adotta il medesimo comportamento. Il nucleo di congiunti è completato dalla sorella maggiore Marta Abril. Si tratta di una ragazza affascinante che ha lavorato nel campo della moda. La differenza d’età non è eccessiva e i 2 crescono insieme tra i vari, classici screzi di fratellanza.

Alvarito è il fanciullo più normale possibile. Immaginatevi un qualsiasi giovane di oggi con la passione per il pallone. Lui cerca il calcio e i genitori l’istruzione. Cosa accade proprio a causa dei risultati non eccessivamente brillanti in quest’ultimo campo? Ciò che succede a ogni sacrosanta persona delle nostre latitudini. Abbandona momentaneamente lo sport per dedicarsi alla cultura. Provate a pesare all’aspirazione dei suoi genitori? Beh… dai… non avete ancora indovinato? E’ molto semplice! Avrebbero voluto un medico e hanno ottenuto un calciatore. Dal punto di vista economico, non si può proprio dire che siano caduti male.
A parte le battute, è molto interessante notare come non gli abbiano impedito di inseguire il suo sogno e il Destino li ha ripagati in toto. E’ vero, però, che è una storia noiosa e banale? Mi direte: “Basta! Stai raccontando la vita dell’occidentale medio che ha realizzato le sue aspirazioni!” Avete ragione e utilizzo il vocabolo nel senso più positivo del termine. Viaggio con l’immaginazione e mi immagino il piccolo Borja che, in questo periodo dell’anno, addobba la casa con l’albero e, magari, il presepe come un qualsiasi altro fanciullo. Non soffre nel barrio perché Morata non è Maradona o Tevez. E’ uno come noi! Quando ricordo la sua convivenza con l’Apache mi brillano gli occhi. Che bella favola! Aver unito persone con origini così diverse è stato supremo. Non a caso la coabitazione è risultata perfetta. Con loro, la Vecchia Signora ha sfiorato il triplete.
Mi rimarrà sempre impresso un aneddoto raccontato da Allegri a SkySport. Appena sbarcato a Torino, El Canterano calciava sempre in porta. Non ne voleva sapere di passare la palla al suo Diez. Lui cercava il gol. Così Carlitos iniziò a guardarlo storto. Alert!! Inimicarsi il sudamericano mi pare alquanto pericoloso. Lasciando da parte l’ironia, il tecnico toscano notò la situazione e si permise di rimarcarla allo spagnolo in modo molto delicato. Quest’ultimo comprese l’antifona senza necessità di troppe spiegazioni e, da quel momento, divenne persino eccessivamente altruista. Morata è così. E’ il ragazzo della porta accanto che non sente la prorompente necessità di esagerare. La sua esistenza attuale lo conferma. Nessun eccesso. E’ sposato con una donna bellissima. Ci mancherebbe. Ma ormai questa non è più una novità per chi campeggia nel mondo dello spettacolo. Si tratta della italiana e fashion blogger Alice Campello, conosciuta proprio durante la sua prima avventura in bianconero. Vuoi che la magnifica fanciulla sia uno dei motivi per cui il suo paladino si trova così bene nel Bel Paese? Direi proprio di sì. Al cuor non si comanda… E’ inutile sostenere il contrario: se si vive lì, la casa del partner diviene una confort zone o una prigione. Per Alvaro ha trionfato la prima ipotesi. La psicologia è fondamentale anche nel pallone, signori. Dopo anni difficili e il nomadismo ispanico-inglese, Morata ha ritrovato la felicità proprio dove è cresciuta la sua consorte e nel posto in cui ha coronato il suo amore. La coppia, infatti, si è sposata con una fantastica cerimonia veneziana. Come mai proprio in Laguna? E’ facile pure tale risposta. La dama proviene dal Capoluogo Veneto. Bisogna convolare a nozze nella Chiesa della sposa. E’ tradizione e si sa che il ragazzo normale deve viverla appieno. Con la richiesta di matrimonio, Alvarito è andato un po’ sopra le righe. Mi sarei atteso una situazione privata, invece, lo spagnolo ha scelto un’occasione pubblica. I canoni, però, sono i classici. Durante uno spettacolo, la coppia vip viene chiamata sul palco e, improvvisamente, lui si inginocchia presentandole l’anello. Lineare, no? I due, ora, hanno 3 figli: Alessandro, Leonardo ed Edoardo.

ALVARO E IL CALCIO: UN UOMO NORMALE CON UNA PERSONALITA’ DIROMPENTE
Cosa sto facendo? Per carità, fermatemi! Basta con il gossip! Scherzo. Ho il massimo rispetto per questo settore che sovente è criticato ma, quando non eccede in alcuni suoi vezzi, è utile a distrarre le persone dalla realtà nuda e cruda. Torniamo ad Alvaro calciatore. Morata ama il pallone da sempre. Una vita dedicata a questo sport. Cresciuto nei pressi del Bernabeu, ma vicino a un altro luogo sacro come il Calderon, il destino dell’ispanico era, ancora una volta, disegnato nelle stelle. Il numero 9 bianconero ha vestito le maglie di entrambi i club di Madrid e questo è avvenuto pure nella sua infanzia. Il suo idolo era Fernando Morienstes e non è un caso. In effetti hanno un modo molto simile di giocare. Amo Morata anche per questo. Non è dotato di un fisico eccezionale. E’ un uomo normale. Non ha neppure una tecnica sopraffina, ma compensa tutto con un’intelligenza disarmante. Esce dal reparto per ricevere la sfera e, in un amen, allarga il gioco lateralmente con una pulita precisione. D’astuzia riesce a liberarsi della marcatura e a fare da torre. Non ha la “cattiveria” agonistica di Pippo Inzaghi, ma i suoi movimenti e il fiuto del gol lo pongono sempre nella posizione giusta e nell’istante opportuno. Ha un sesto senso incredibile. Vede l’ultimo passaggio come pochi bomber sanno fare. Il suo calcio è tutto nella cabeza. Proprio per questo motivo, forse, ha necessità di essere mentalmente libero. Alla Juve, a casa della sua Alice, è così. Da bambino inizia con il Real, poi vive 2 anni all’Atletico e torna in blanco. La sua passione per il pallone è infinita e lui stesso ricorda come lo accompagni da quando ha iniziato a camminare. Ammette di essersi scordato sovente i libri, ma mai la fedele amica tonda. E’ un’altra prassi di molti professionisti perché evidentemente Alvarito non ama uscire dagli schemi nemmeno lì.

Esordisce con i Galacticos dei grandi nel 2010. In panchina c’è Josè Mourinho, ma i primi exploit sono con Ancelotti. L’Italia è nel suo destino e, ancora una volta, nelle stelle. Nel 2014 vince la Champions da comparsa. Non potrebbe mai attribuirsi il ruolo del protagonista. Sapete chi lo ricoprì? Beh, Cristiano. I 2 si conoscevano molto bene già prima di incontrarsi a Torino. Sono stati insieme per più stagioni nel Real e Alvaro disputa uno spezzone della finale di Coppa vinta per 4-1 sull’Atletico. La Juve lo nota e lo conduce sotto la Mole con una formula nuova: il prestito con diritto di ricompra. Il ragazzo arriva in Piemonte e si infortuna gravemente. Come tutti i giovani d’oggi, pare molto avvezzo ai social. Anche qui non esiste un tratto distintivo netto. Ricordo ancora la foto pubblicata dopo il grave incidente. Lo spagnolo si mostra acciaccato e scrive: “A coloro che sorridono delle disgrazie altrui… Un bacio fortissimo e tanta fortuna nella loro vita!. Mogio mogio, Alvarito evidenzia da subito grande personalità. In effetti non può mancare a un attaccante top. Il madrileno rientra e, con lo stesso carattere, si prende il posto da titolare strappandolo al connazionale Llorente. Non segna a raffica, ma i suoi gol pesano come un macigno soprattutto in Champions. Lì la Vecchia Signora ne ha estrema necessità. Anche grazie ai centri del Canterano, i sabaudi superano il Borussia Dortmund agli ottavi e il Real Madrid in semifinale. El Ninho de la Casa, come fu chiamato da Piccinini in una nota telecronaca dell’epoca, stende la squadra della sua infanzia senza esultare né all’andatea, né al ritorno. Una scelta forte per centri così importanti. Festeggia, invece, un gol all’Inter in campionato. I bianconeri hanno già vinto lo Scudetto e sbancano San Siro proprio grazie al suo timbro. Morata lo celebra sotto un settore dello stadio dal quale piove un paio di occhiali da sole di un tifoso, forse nerazzurro, che non apprezza quella marcatura. Dotato di estrema ironia, il giocatore non si lascia andare a grandi gesti di stizza o finte sceneggiate. Raccoglie l’accessorio fashion e se lo infila mettendosi in posa alla stregua di un modello. Personalità! Purtroppo, dopo 2 stagioni, il Real se lo riporta in Spagna e Alvaro vince ancora la Coppa. L’iberico ha trionfato 2 volte nella competizione regina oltre ad avere centrato altri trofei in Italia, in Patria e in Inghilterra. Signori, sempre come comparsa, ma vanta un palmares migliore di quello del Pibe de Oro. Sia chiaro. Non voglio cadere nella lesa maestà. E’ per rendere ancora una volta il concetto. Un mito nella sua normalità che decide pure di non festeggiare a Cardiff perché quei “cattivoni” dei suoi compagni avevano ferito la sua amata Juve. Il resto è storia recente con i trascorsi al Chelsea e all’Atletico prima del ritorno a Torino.

IL SEGRETO NELL’UMILTA’
Durante l’avventura con i Blues, Morata fu ospite di Emigratis. E’ una trasmissione Mediaset che vede come protagonisti Pio e Amedeo. Insieme a Zappacosta e alle rispettive partner, vissero praticamente una giornata intera con i 2 foggiani che, scherzosamente, si fecero regalare oggetti di grande valore e pagare una cena lussuosa in un ristorante chic della City. “Guarda come striscia Alvarito” era il refrain delle loro scorribande. Il riferimento è chiaramente alla carta di credito del calciatore. Anche in quel caso, Morata si mostrò umile. Accettò lo scherzo e trattò i 2 italiani come amici dedicando loro tante ore senza mai far pesare gli eccessi che naturalmente erano cercati dai pugliesi. L’esagerazione è parte del format della trasmissione. Sono giunto così alla fine del pezzo e ho trovato il vocabolo corretto.
Amo Alvaro per la sua umiltà. Forse è proprio questo il segreto.

Morata è davvero un esempio per tutti i bambini che vogliono diventare calciatori.