Juventus - Roma avrebbe potuto significare molto. Non tutto, ma molto. In termini di calcio giocato. Avrebbe potuto finalmente scoprire le carte in tavola. Avrebbe potuto finalmente mostrare chi, tra i campioni in carica e i più seri contendenti al titolo, ha le chanches maggiori di arrivare a guardare tutti gli altri dall'alto in basso, a fine campionato. Juventus - Roma, il big match arrivato forse al momento sbagliato per entrambe le squadre, non ha dimostrato invece nulla di tutto questo. Dal punto di vista tecnico, c'è ben poco da raccontare: si è vista una partita tesa, nervosa, bloccata, con i portieri praticamente inoperosi, che hanno però dovuto raccogliere la palla in fondo al sacco per ben 5 volte in totale. Pochi tiri, poche azioni manovrate, pochi spunti, a fronte di un ritmo comunque elevato, che ha però portato i giocatori ad essere scarsamente lucidi nei momenti topici. La carica emotiva era altissima, e nessuno ha contribuito a stemperare la tensione, a placare gli animi. In primis, ha fallito in questo il direttore di gara, il signor Rocchi da Firenze, incapace di gestire l'agonismo dei 22 in campo, soprattutto dal minuto 27 in poi. Perchè è al 27' che inizia a materializzarsi lo spettro del finimondo. Punizione di Pirlo, barriera posizionata dietro la solito striscia di spray, ma 10 metri di distanza, invece che 9,15. Tiro, Maicon stacca, alzando il braccio per proteggersi il volto. La palla impatta contro il gomito dell'esterno brasiliano. Rocchi segnala subito punizione dal limite, poi viene circondato da numerosi, urlanti, polemici bianconeri. Risultato: decisione modificata, calcio di rigore. Va Tevez, gol. Ma i replay dicono altro: Maicon, staccandosi dalla barriera, impatta la palla di Pirlo con il gomito a protezione del volto, non aumentando il volume del proprio corpo, e comunque fuori dall'area di rigore. Era dunque giusta, nonostante l'interpretazione errata, la prima sanzione presa da Rocchi in quel momento. Garcia, nervoso, replica, in modo leggermente più elegante, ciò che fece un certo Josè Mourinho: mima con le mani una suonata di violino, chiaramente diretta all'arbitro, che non ci pensa troppo su, e lo espelle. La Roma, sotto 1-0 e senza allenatore, però non si scompone: ricomincia a giocare, e ottiene a sua volta un calcio di rigore, poi realizzato da Totti, per un abbraccio un po' troppo "affettuoso" di Lichtsteiner proprio ai danni del capitano giallorosso, ammonito, poi, per essere semplicemente andato ad esultare sotto lo spicchio di stadio riservato ai tifosi giallorossi. Sembrano dettagli, ma non lo sono. La Roma, però, adesso è in palla: sul finire del primo tempo, Gervinho e Iturbe fanno ciò che meglio gli riesce: seminare il panico nelle difese avversarie. Scambio stretto da favola dopo la solita galoppata dell'ivoriano, centrali bianconeri a fare gli spettatori non paganti, e Iturbe che insacca alle spalle di Buffon. A dispetto di tutto, la Roma è in vantaggio, meritatamente. Rocchi segnala un minuto di recupero, ma quello che succede a tempo ampiamente scaduto, la dice lunga sull'incapacità del toscano di tenere in pugno la partita. Pogba, in uno dei pochi spunti della sua partita, prova ad entrare in area da sinistra, Pjanic lo affronta e lo mette giù. Rigore. Rocchi non ha dubbi, nonostante il contatto sia avvenuto quantomeno al limite dei 17 metri. Infatti, al momento del tackle, Pogba ha mezzo piede sulla linea, mentre Pjanic è completamente fuori area, e il pallone sembra allungarsi al limite delle possibilità atletiche del gioiellino francese. Episodio dubbio, che neanche la moviola post-partita riesce a chiarire, mettendo d'accordo tutti. Niente è però dubbio per il signor Rocchi, che non esita a decretare la seconda massima punizione a favore dei padroni di casa, che Tevez trasforma nell'inatteso, quanto immeritato, punto del pareggio, arrivato, per di più, ben 50 secondi oltre il minuto di recupero segnalato. Squadre che vanno a riposo sul 2-2, dunque. Grande protagonista del match, fino a quel punto, proprio il direttore di gara. Che non sembra davvero intenzionato a cedere la ribalta, nel secondo tempo, ostinandosi nel (non) dirigere la gara a modo suo. Il secondo tempo prosegue sul leit-motiv del primo: la tensione è tanta, nessuna delle due squadre molla un centimetro, nonostante la stanchezza. L'episodio decisivo arriva a 4 minuti dalla fine del tempo regolamentare. Bonucci, centrale bianconero, mette a segno un eurogol, calciando al volo dal limite dell'area. E' il gol della vittoria, che taglia le gambe dei giocatori giallorossi e spegne le speranze dei tifosi venuti da Roma di infrangere il tabù-Juventus Stadium. Sul tiro del difensore della Nazionale, però, Vidal è in nettissimo fuorigioco, e per di più ostruisce la visuale di Skorupski, che non vede partire la palla, si butta d'istinto ma non arriva comunque a toccare il missile scagliato dalla distanza. Rocchi convalida, la Juve vince. Da segnalare, qualche minuto dopo, solo un parapiglia conseguente alla reazione veemente di Manolas, centrale romanista, all'entrata un po' troppo decisa ai suoi danni portata da Morata, entrato all'ora di gioco. Rocchi ne combina un'altra delle sue, espellendo tutti e due i protagonisti del duello rusticano, esasperando ancora di più gli animi e rischiando di rendere gli ultimi secondi un vero e proprio Far West. Rischio scongiurato, per fortuna. Al fischio finale del mediocre arbitro toscano, resta la gioia dei bianconeri e la rabbia, l'amarezza, l'impotente incredulità dei giallorossi, che esterneranno i loro pensieri nel dopo-partita: sono Garcia, Totti, De Sanctis, Sabatini, Keita, i portavoce dello spogliatoio e della dirigenza. Lamentano le ingiustizie subite, la condotta arbitrale, le decisioni sugli episodi dubbi. Denunciano l'indirizzamento su certi binari di un match che doveva avere decisamente un altro percorso: quello del gioco spumeggiante della Roma, della fisicità della Juventus, dei colpi di classe dei tantissimi campioni presenti in campo. Un pareggio avrebbe forse messo d'accordo tutti, avrebbe potuto vincere l'una o l'altra squadra, e nessuno avrebbe potuto recriminare, se almeno qualcosa fosse stato correttamente valutato dal direttore di gara e dai suoi assistenti. Qualcosa si è indubbiamente visto, nella confusione generale, nei ritmi esasperati: che la Roma non è inferiore alla Juventus, dal punto di vista del gioco. Che il gap, se mai fosse stato veritiero, dei 17 punti dello scarso anno, è decisamente ridotto. La Roma è andata a giocarsi una partita che altri non le hanno permesso di condurre in porto. La Juventus, reduce dalla brutta sconfitta di Madrid, è sembrata molto più umana di quanto non abbia dimostrato fino a ieri: poche idee, spesso confuse, qualche singolo sottotono, qualche defezione. Così come di defezioni era piena la Roma: De Rossi, Castan, Astori, Strootman, De Sanctis, con Keita, Pjanic e Nainggolan a tirare la carretta da inizio stagione, in mezzo al campo, senza possibilità di riposo. Tutto questo, però, dovrebbe far parte di un'analisi tecnica "neutra", che possa tralasciare la direzione del match. Che, ieri, nessuna analisi avrebbe dovuto tenere fuori. Ciò non fa decisamente bene al calcio italiano, malato da tempo, in agonia, forse con un piede già nella fossa. Non fa bene alla Roma, che ora ha già 3 distanze tra sè e la sua diretta concorrente, e non fa bene alla Juventus, le cui vittorie di prepotenza, in territorio italiano, non torvano seguito fuori dai confini nazionali, dove, nel dubbio, l'arbitro non fischia a favore. Magari non fischia proprio. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il campionato è lungo, mancano 32 partite alla fine, eppure, oggi, sembra già deciso. Ma non per l'evidente superiorità di una sola squadra.