Non è mai troppo elegante giudicare l’operato altrui soprattutto se tale attività è compiuta da veri e propri guru di un determinato campo la cui professione impone conoscenze certamente superiori a chi esprime il proprio parere. Carl Rogers, psicologo americano, affermava che: “la tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione”. E’ sicuramente una verità fondamentale. Quella che si cerca di eseguire, però, non vuole essere una valutazione del mestiere di chi sicuramente è più capace, ma soltanto l’espressione di una concezione personale che può essere o meno condivisa. Tutto il mondo del pallone ruota intorno a un simile concetto. Se si ritenesse superbo sostenere la propria opinione sul lavoro altrui perché si vantano meno conoscenze o esperienze di chi lo ha svolto, il calcio perderebbe la sua essenza. Questo sport è spettacolo e, se non si potesse discuterne appassionatamente, si svuoterebbe di emozione. Come in ogni attività della vita, quando si perde il sentimento nulla ha più senso.

Eseguita questa doverosa premessa, vorrei provare a esprimere i miei convincimenti rispetto ad alcune situazioni generali riguardanti la Juventus. Ritengo che la Vecchia Signora più forte degli ultimi magnifici 8 anni di storia sia quella del 2014-2015. Il riferimento è alla compagine di Allegri che sfiorò il triplete perdendo la Champions soltanto nell’atto finale di Berlino contro il Barcellona. La disamina di una squadra non può non considerare l’aspetto psicologico della stessa, ma pure l’emozione che è in grado di trasmettere ai tifosi. I supporter vibrano quando sono trascinati dagli eventi. A quel punto, il loro cuore si riempie di gioia e trabocca di sensazioni che possono portare anche alla commozione. Qualcuno sosterrà che questa sia un’esagerazione trattandosi, in fondo, soltanto di pallone. Quando un sentimento viene vissuto in maniera profonda supera, ogni barriera e può condurre a reazioni che sbloccano i freni inibitori pure in situazioni meno vitali. E’ necessario, però, che il tutto avvenga in positivo. Occorre che le espressioni rimangano nel lecito senza travalicare in episodi spiacevoli. Questo sarebbe il reale problema di cui pentirsi amaramente. La prima Juve di Allegri emozionava perché superava continuamente i propri limiti. Dopo l’addio di Conte e lo sbarco del toscano sotto la Mole, in troppi prevedevano grandi sventure sia in Italia che in Europa. Max partì bene in campionato dove lentamente distaccò le rivali. L’avvio della Champions non fu dei migliori, ma seguì un crescendo rossiniano. Ciò senza abbandonare la Coppa Italia che tornò a colorarsi di bianconero dopo troppo tempo. Così i tifosi scettici si invaghirono lentamente di quel gruppo. Non fu un colpo di fulmine, ma un amore razionalmente emozionale. E’ il più solido che possa esistere. La sbandata può presto dissolversi nel nulla. L’unione che deriva da un approccio chimico mediato dalla consapevolezza è resistente come la roccia e, soltanto durante la festa Scudetto, si percepì il vero cambiamento. Il nuovo tecnico fu finalmente omaggiato con le corrette modalità. E’ chiaro che non si potrà mai convincere tutti, ma quel giorno si respirò finalmente un’aria nuova.

Il vero genio allegriano fu, però, rappresentato dalla gestione del gruppo e della stagione. Max risultò fine psicologo. Già dalla prima conferenza stampa, il livornese mostrò le sue grandi abilità. La Vecchia Signora giungeva dal record dei 102 punti in un campionato assolutamente disintegrato sotto la guida di Conte, ma pure da grosse delusioni continentali come l’eliminazione ai gironi di Champions e la sconfitta patita dal Benfica nella doppia semifinale di Europa League che costò l’ultimo atto disputato proprio all’allora Juventus Stadium. Quella compagine avrebbe avuto tutte le carte in regola per festeggiare il trofeo internazionale sotto il cielo torinese. Appena sbarcato in Piemonte, tra i pianti e gli stridori di denti del popolo bianconero, Allegri sostenne che quella squadra avrebbe dovuto quantomeno giungere tra le prime 8 compagini d’Europa. Corse un grosso rischio mostrando una convinzione netta, ma vinse la scommessa. Lo stesso accadde durante tutto il corso della stagione e Max fu sempre positivo. Questo contribuì a scacciare la “paura della Coppa”. E’ un approccio fondamentale che può essere d’aiuto soprattutto nel momento in cui un gruppo è palesemente condizionato dalla negatività dei risultati del passato in una determinata competizione. Conte è di certo uno dei più grandi tecnici al mondo ma, ai tempi juventini, non aveva mancato di sottolineare come la sua squadra non avesse il potenziale per raggiungere specifici traguardi. In questo modo si tutela l’operato dei propri uomini, ma si concede un alibi e soprattutto si svilisce la psiche dei giocatori. Allegri compì un capolavoro chirurgico nel veleggiare una rosa forte e non abbondante verso un finale di stagione ricco di impegni. Ricordo che andai al “Tardini” per assistere al quarto di Coppa Italia, disputato in gara secca, tra il Parma e la Vecchia Signora. Era la metà del mese di gennaio. I bianconeri si imposero 1-0 con una rete di Morata negli ultimi minuti dopo un match brutto e noioso giocato a ritmi degni di una sfida tra amici del sabato pomeriggio. Quella Juve portò a casa il risultato senza “strappare”. Pensate che i suoi tifosi uscirono dall’impianto emiliano arrabbiati? Certo che no. Magari la libidine per il gioco espresso non li aveva esaltati, ma abbandonarono lo stadio con la soddisfazione del successo e del passaggio del turno. Quella Juve stava gestendo le energie per esprimersi brillantemente nel momento migliore. Stravinse a Dortmund con una prova sontuosa e sconfisse il Real Madrid a Torino con una prestazione che trasformò in realtà i sogni dei suoi tifosi.

Dal punto di vista tecnico-tattico quella squadra era incredibile. Allegri virò presto dal 3-5-2 al 4-3-1-2. Al di là dei freddi numeri, diede vita a un meccanismo perfetto. Senza Barzagli per un lungo periodo di stagione, riportò Chiellini nel ruolo di centrale di una retroguardia a 4 uomini. Probabilmente aveva compreso che i successi e l’esperienza del suo conterraneo cancellarono quelle piccole amnesie che mostrava prima dell’era contiana. Il tecnico salentino ebbe il grande merito di plasmare una squadra eccellente. Max salì magnificamente l’ultimo gradino. Evra fu l’acquisto geniale che portò sicurezza ed esperienza a tutta la retroguardia. Pirlo era il migliore vertice basso di centrocampo presente sulla faccia della terra. Marchisio e Pogba rappresentavano mezz’ali fantascientifiche. Si compensavano perfettamente. Entrambi erano micidiali negli inserimenti. Il Principino utilizzava il fioretto. Il Polpo era più dirompente. Insieme aiutavano la regia nella fase di schermo. Vidal era un trequartista utile. Allegri lo utilizzò come fece ai tempi milanisti con KP Boateng. Il cileno correva, aiutava in fase di non possesso e segnava come se non ci fosse un domani. Tevez e Morata completarono l’opera.

E’ chiaro che Sarri non potrà mai riproporre la struttura descritta. Ogni situazione è completamente diversa dall’altra e l’emulazione di un grande passato è sempre un errore marchiano. Il mister di Figline è stato cercato per portare la propria esperienza e le sue peculiarità. Dal punto di vista ambientale, il contesto è del tutto differente. Come il predecessore, Maurizio è giunto nello scetticismo generale. Questo, però, non è sfociato nella paura che ha condotto alla contestazione. Tale fatto è una palese dimostrazione di fiducia dei tifosi nei confronti di una società che li ha più volte piacevolmente stupiti. L’ex allenatore del Chelsea, dunque, non potrà sfruttare il fattore sorpresa per emozionare la piazza. Maurizio dovrà vincere tramite il “Sarrismo” inteso come modello calcistico-sociale. Il Comandante sarà chiamato a compiere un’opera altamente difficoltosa. La prima necessità è quella di eliminare l’ossessione per la Champions. Allegri levò la paura. Il suo successore avrà il compito di cacciare quella ricorrente convinzione per la quale una stagione è positiva soltanto se porta in dote la Coppa. Allo stesso tempo, però, il cammino in questa manifestazione dovrà risultare positivo. L’operato del tecnico è incredibilmente agevolato dall’Inter. E’ logico che, con un campionato molto più combattuto rispetto ai precedenti, la soglia di attenzione sulle altre competizioni si abbassa. Dato che questa risultava troppo elevata, non può che essere un vantaggio. La prima parte di stagione, infatti, è la perfetta fotografia di tale situazione. La Vecchia Signora sta infrangendo i suoi record europei. Pesto, però, sarà il momento della fase finale della competizione che porterà con sè le risposte più complicate. Il secondo risultato che Sarri dovrà raggiungere sarà proprio quello di battere Conte. Il salentino è l’uomo che ha creato la grande Juventus, se la dovesse sconfiggere significherebbe che lui è il Demiurgo in grado di creare e di distruggere le opere a proprio piacimento. Rischierebbe di essere un’importante “macchia” sul magnifico abito bianconero. In caso di successo della Vecchia Signora, invece, l’operato di questa compagine risulterebbe ancora più glorioso.

Come agire dal punto di vista psicologico? Servono tranquillità e sicurezza nei propri mezzi. Sarri le avrà trasmesse al gruppo? Allo stato dell’arte, i risultati parlano a suo favore. Se si escludono i 2 veri e unici preoccupanti passi falsi contro la Lazio, per il resto la squadra è uscita a testa alta da ogni situazione. Non ha sempre convinto, ma dal punto di vista mentale ha gestito la vicenda nel migliore dei modi. Si pensi alle vittorie di Coppa contro la Lokomotiv Mosca. I bianconeri non si sono fatti prendere dalla frenesia e hanno condotto la nave in porto senza affondare. In quel modo hanno superato il girone. Come sostenuto in precedenza, però, le risposte più appropriate si avranno in futuro. Sarri si trova a guidare grandi campioni che sono perfettamente a conoscenza del corretto approccio mentale per raggiungere i successi. Il toscano è tutt’altro che aziendalista e affronta la situazione nella maniera più diretta possibile. Al momento la gestione funziona. L’unica nota stonata è quella relativa alla situazione di Mandzukic. Probabilmente, il croato avrebbe dovuto far parte del gruppo anche perché manca un vero e proprio sostituto di Higuain e Mario aveva già dimostrato di trovarsi perfettamente a suo agio come compagno di reparto di CR7. Occorrerà valutare cosa accadrà a Emre Can. Il recupero del tedesco sarebbe fondamentale soprattutto se i bianconeri non dovessero intervenire sul mercato di gennaio per acquistare un mediano. Dopo un avvio di stagione sempre in panchina, Rabiot pare avere intrapreso finalmente la strada positiva. La speranza è che sia un crescendo costante. Al di là di quanto accaduto con l’ex numero 17 juventino, la gestione degli attaccanti è stata pressoché perfetta. Ronaldo ha “sbroccato” nel mese di novembre, ma il toscano è stato magnifico nel riportare subito la situazione all’interno delle giuste dimensioni. Non ha redarguito il suo campione per quanto accaduto. Gli ha porto la mano che Cris non ha dubitato a stringere. Con una fase finale della stagione che si prospetta bollente e un Europeo da disputarsi in estate, il portoghese non è partito con il piede piantato sul gas. Soltanto ora sta raggiungendo l’apice della sua condizione e potrebbe diventare determinante per la Vecchia Signora. Pure la situazione degli argentini non era troppo semplice. Dybala e Higuain sono stati bravi nel non sentirsi “prime donne” e nell’accettare l’alternarsi come partner del lusitano. Nel momento in cui sono stati schierati insieme hanno comunque mostrato un’intesa fantascientifica senza lasciarsi andare a inutili e controproducenti egoismi.

Dal punto di vista tecnico-tattico ci si aspettano risposte importanti. Gli occhi dei bianconeri hanno potuto osservare solo raramente il Sarrismo juventino. Le 3 prove che lo hanno manifestato con maggiore convinzione sono il successo esterno contro l’Inter, ma soprattutto la vittoria casalinga con la Lokomotiv e quella con il Cagliari. La Vecchia Signora deve dominare il gioco. Non significa correre all’impazzata per 90 minuti più recupero disintegrando l’avversario di turno. E’ necessario gestire la sfera e quando viene persa occorre provare a recuperarla nella metà campo altrui a costo di rischiare qualche imbucata. Questo è quanto accaduto durante la Supercoppa Italiana. A inizio stagione, la Vecchia Signora mostrava minori sbandate perché si difendeva più bassa. Ultimamente presta il fianco a contropiedi velenosi, ma si tratta di una fase intermedia. Bisogna migliorare questo equilibrio. All’apparenza sembrerebbe un approccio molto dispendioso. Non è così perché il possesso non deve essere indemoniato, ma lucido e razionale. La sfera si può giocare anche in orizzontale senza dover correre ferocemente con micidiali verticalizzazioni. L’importante è che la manovra stretta sia rapida e tecnicamente deliziosa. La mediana, però, deve crescere. Pjanic è perfetto nel ruolo di regista, ma soltanto quando è fisicamente e mentalmente riposato e manca un suo alter ego. Le mezz’ali manifestano le principali lacune. Bentancur potrebbe sembrare il giocatore più efficace. Veloce, abile tatticamente nel dribbling, nell’assist e nel passaggio. Deve solo essere più vorace in zona gol. Matuidi è perfetto nel recuperare il pallone e nei tempi di inserimento, ma lascia a desiderare dal punto di vista tecnico. Rabiot avrebbe tutte le carte in regola per “spaccare” le difese avversarie e ricoprire il ruolo che Pogba occupava nella Juve di Allegri. La speranza è che riesca a raggiungere tale obiettivo. Emre potrebbe diventare quell’uomo di equilibrio capace di essere l’alternativa di Khedira e abile tuttofare come si mostrò solo nel tardo inverno della trascorsa stagione. Ramsey è quel trequartista che dovrebbe agire alla stregua dell’antico operato di Vidal. L’avvicendamento più valido è quello che vede come protagonista Bernardeschi. Il toscano ha ampi margini di miglioramento e mi pare davvero adatto a quella posizione. Con tali accorgimenti la Juve potrebbe permettersi il duo offensivo composto da Dybala e Ronaldo risultando meno inconcludente. Urge, però, riempire l’area avversaria con i centrocampisti. In caso contrario, si rischia di creare un’ottima manovra abulica. Con la presenza di Higuain, Sarri può decidere di affidarsi al 4-3-3 che vede Douglas al posto della Joya meno propenso a fare l’ala. L’abbondanza regna comunque sovrana e si tratta soltanto di trovare le giuste misure definitive di una squadra potenzialmente micidiale.