La storia che vi sto per raccontare, lascerà quasi tutti a bocca aperta. Andiamo questa volta in Medio Oriente, precisamente in Iraq, per raccontare la storia di un calciatore che nel corso degli anni ha combattuto per il suo paese nella lotta contro lo Stato Islamico, il suo nome è Ali Adnan. Adnan nasce a Baghdad il 19 dicembre del 1993, la capitale ha vissuto momenti storici e cruciali, dall'ascesa di Saddam Hussein alla guerra del golfo passando per la guerra civile del 2003 e infine alla lotta contro lo Stato Islamico (ISIS), che ha conquistato varie città della Siria e appunto dell'Iraq tra cui: Mosul e Raqqa. Adnan è un difensore molto dotato fisicamente e agile a fronte della sua imponente stazza, è bravo sia nella fase difensiva, sia in copertura, ha un ottimo sinistro che gli permette di crossare in area o tentare il tiro in porta da una distanza certa. Viene soprannominato il Bale della Mesopotamia.

Dal 2010 al 2013, gioca nel Baghdad che limita nella massima serie irachena; lì si mette subito in mostra con le sue qualità tecniche, riesce a mettere a segno sei reti. Grazie alle sue prestazioni, venne premiato come miglior calciatore asiatico nel 2013. Sempre in quell'anno, si trasferì al Çaykur Rizespor, club che limita nella massima serie turca dove ottiene soltanto 41 presenze e con tre reti segnate. La sua svolta arrivò nel 2015, quando la società turca decide di cederlo all'Udinese per due milioni di euro. Per Ali, la sua vita sta per cambiare, andrà a giocare nella nazione più bella del mondo ricca di cultura e di una storia senza precedenti, ma soprattutto con dei paesaggi mozzafiato. Il 23 agosto di quell'anno divenne così il primo iracheno a giocare in Serie A e un anno sopo il 21 febbraio del 2016 segnò la sua unica rete in Italia con la maglia dei Friulani nella partita persa contro il Genoa. L'esperienza con la maglia bianconera, durerà fino al 2018, quando viene acquistato in prestito dall'Atalanta. Con l'Udinese ha collezionato 65 presenze e un solo goal segnato. Con la Dea ottiene soltanto tre presenze, ma riesce a giocare per la prima volta le competizioni UEFA nel match perso nei play-off contro il Copenaghen; l'iracheno riesce a segnare anche il tiro da rigore, che però sancisce l'eliminazione dell'Atalanta dall'Europa League. Però, durante l'esperienza bergamasca, il difensore non riesce a ricucire il rapporto con Gasperini, i fan non l'hanno preso bene questa notizia, erano imbufaliti sui social contro la Dea per il suo scarso utilizzo ma soprattutto per sostenerlo in uno dei momenti più difficili della sua carriera.

Ora si trova a giocare negli Stati Uniti, nel massimo campionato americano: la Major League Soccer (MLS) con i Vancouver Whitecaps dove attualmente ha trovato ampio spazio per giocare. Per il difensore iracheno, il campionato statunitense si rivela complicato, pensa sempre al suo paese che come avevo citato prima, sta vivendo dei periodi difficili. In una intervista dichiarerà:

 "Onestamente, quando sono arrivato qui non pensavo che la MLS fosse un campionato troppo importante. Venivo dalla Serie A, ma sono stato sorpreso, perchè ci sono tanti ottimi giocatori. E ho trovato difficoltà a giocare qui. Pensavo sarebbe stato molto più semplice, non mi aspettavo che avrei sofferto così tanto. E alla fine non c'è poi tutta questa differenza con l'Europa, se non che ci vogliono anche 10 ore per una trasferta. Ma la MSL diventerà presto uno dei migliori campionati del mondo. Quando è finita la stagione qui potevo andare in vacanza, ma non l'ho fatto. Preferisco andarmene in Iraq. E tutti quanti mi hanno detto 'ma è molto pericoloso'. E anche lo staff della squadra mi ha telefonato, 'ma che ci fai lì, è pericoloso!'. Io ho risposto 'no, non per me. Per me questo non è nulla di pericoloso, perchè sono sempre stato con la mia gente e non è mai stato un problema'. La gente guarda l'Iraq dal di fuori e immagina il mio paese solo da quello che si vede in TV. E dalle immagini che arrivano è normale che venga da pensare 'fa***lo a questo paese di m***a'. Ma quando sei nato lì e ci torni, vedi le persone, quanto amore c'è, quanto ognuno cerchi di aiutare l'altro". Lavoro di squadra, dunque. Come nel calcio...

Diventa anche un eroe del popolo, un simbolo per la nazione martoriata. Infatti in un'altra intervista, Ali Adnan dichiarò con queste parole l'amore per il suo paese:

"In realtà per molto tempo ho cercato di aiutare il mio paese. Quando l'ISIS stava arrivando lì, ma anche ora che se n'è andato abbiamo di nuovo problemi. Sto cercando di aiutare sempre il mio Paese. Ci sono stato sei giorni, in realtà volevo anche solo tornare a casa mia, ma poi uscivo per  dare ai miei connazionali da mangiare. Questo è tutto ciò che devo fare. Mi sento bene quando ci sono per la mia gente", ha spiegato ancora Adnan. "Le persone nel mondo guardano l'Iraq solo dai media, ma penso che l'Iraq abbia molte altre cose da raccontare. Forse un giorno verrete in Iraq a vedere la gente speciale che c'è. Amerete queste persone e amerete questo paese. Ecco perché cerco sempre di aiutarlo. In questo aspetto sociale il calcio è una fuga:  “Quando giochiamo con la squadra nazionale e vinciamo tutte le persone escono di casa per festeggiare e dimenticano tutti i problemi."

Questa è la storia di un calciatore che oltre alla passione del calcio, ha combattuto per il suo paese contro un male che ha fatto una strage di civili tra cui bambini, gente che sta cercando una vita migliore al di fuori dell'Iraq, un paese flagellato dalla guerra che spera un giorno di tornare a risplendere.

Un abbraccio Il Tifosino