“Superata la mezz’ora, partita ancora in bilico: Messi, attaccato da Digne, prova ad aggirarlo, le sue finte, ma è sempre lì, poi stava partendo Jordi Alba, però è stato ignorato; però ha creato lo spazio per Mathieu, Neymar, accarezza il pallone. Esce bene Florenzi: prova la Roma, è partito Dzeko, Florenzi prova un pallonetto, Ter Stegen fuori porta, attenzione, rete incredibile, cosa abbiamo visto, cosa abbiamo visto all’Olimpico, Florenzi magia! Florenzi magia: 1-1”.

Ho scelto di riportare le testuali parole utilizzate da Sandro Piccinini, non per pigrizia, ma perché, anche sforzandomi, non sarei mai riuscito a rendere meglio l’idea di quello che è accaduto il 16 settembre 2015, in una serata dove i tifosi giallorossi non covavano alcuna speranza, se non quella di evitare una umiliante replica di quel 6-1 maturato circa un anno prima, al Camp Nou. La Roma non fa una gran partita, per quello bisognerà attendere la primavera del 2018, con un’impresa storica di cui magari parleremo in un’altra occasione. Dicevamo: la Roma vuole solo evitare la sconfitta, o quantomeno la goleada, ma le cose non si mettono bene, quando al 21’ minuto un lancio del centrale blaugrana Mathieu trova smarcato Rakitic, che dal fondo spalanca la porta a Luis Suarez per il gol dell’1-0. La partita sembra scritta, anche perché la Roma non reagisce, continuando a subire la superiorità tecnica di Messi e compagni. Dopo dieci minuti di completo dominio dei catalani, accade l’imponderabile, l’idea, la follia, la genialata di uno che un genio, almeno a livello calcistico, non lo è di certo, ma che riesce, senza dimenticare ovviamente la partecipazione di Ter Stegen come attore non protagonista, ma che in questi casi è un obbligo, ad emulare le gesta di coloro che geni lo erano davvero, per dirne uno, Diego Armando Maradona.

Alessandro Florenzi è originario di Vitinia, una frazione di Roma, e, come abbiamo già accennato, presenta la stimmate del predestinato, quella che, nella storia giallorossa ha contraddistinto campioni come Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Daniele De Rossi, e ovviamente Francesco Totti. Dopo 9 anni in primavera, di cui diventa capitano, debutta in prima squadra il 22 maggio 2011, all’età di 20 anni, subentrando al “capitano”, ad una manciata di minuti dal termine della gara contro la Sampdoria. La Roma, tuttavia, non crede ancora abbastanza in Alessandro, che verrà girato in prestito, nella stagione successiva, al Crotone. In cadetteria si vede che il livello di Florenzi è superiore, e lo dimostra il premio di miglior giovane del campionato.

La Roma si convince, dopo le ottime prestazioni viste in Calabria, a controriscattare il suo “figliol prodigo”, rendendolo inoltre subito un titolare. In questa stagione Alessandro giocherà prevalentemente da mezz’ala, garantendo, oltre che una discreta qualità, tantissima corsa e spirito di sacrificio.

Con l’arrivo di Rudi Garcia, nella stagione 2013-14, Florenzi verrà spesso provato nel tridente d’attacco, garantendo ottime prestazioni, a volte a centrocampo, risultando un jolly di lusso per l’allenatore transalpino, totalizzando comunque 38 presenze, seppur non tutte da titolare.

POLIVALENZA è una delle parole chiave per descrivere questo calciatore, che, dal suo arrivo a Roma non si è mai risparmiato, accettando sempre le richieste dei propri allenatori, giocando ovunque venisse schierarlo. Già, perché nella stagione successiva l’infortunio del terzino destro titolare della Roma, Maicon, porta il tecnico a scegliere proprio Florenzi come sostituto, anche in modo da dargli un posto da titolare fisso che, come detto, effettivamente fino ad allora non aveva avuto. Sarà in questa posizione, che comincerà a rivestire con continuità, che arriverà anche il suo primo gol nella massima competizione europea, di cui abbiamo già parlato.

Sarà questa un’annata particolarmente redditizia per il romano, che, il 28 ottobre 2015, complici gli infortuni di De Rossi e Totti, vestirà, per la prima volta in carriera, la fascia di capitano della “Magica”, e, il 3 aprile dell’anno successivo, vincerà il suo primo derby con quest’ultima al braccio, figurando anche nel tabellino dei marcatori. La stagione 2015-16 si apre purtroppo con la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Dopo il percorso di recupero, a poche settimane dal rientro, riporterà una nuova rottura, che lo costringerà di fatto a concludere la stagione.

Con l’avvento di Eusebio Di Francesco, e l’avvenuto addio di Francesco Totti, Florenzi diverrà vice-capitano, mentre dal punto di vista tattico rivestirà stabilmente il ruolo di terzino.

UMILTA’, tanta, quella di questo calciatore che, nonostante sia ormai divenuto un simbolo della squadra, continua a mettersi in gioco, senza mai replicare alle richieste del suo concittadino. Tuttavia, e questo è un mio parere personale, Florenzi è una ottima mezzala destra, proprio grazie alle sue qualità di corsa e tecnica, ed è anche un buon esterno di attacco, seppur più atto a correre e ripiegare piuttosto che ad inventare e segnare, all’occorrenza anche un abile trequartista o esterno di centrocampo. Ma da terzino io non ce lo vedo proprio, non ce l’ho mai visto, nemmeno nella sua miglior stagione: spesso il ruolo del terzino viene sottovalutato, ma giocare in quella posizione non è così facile, vi sono meccanismi e movimenti che bisogna avere da sempre, e io credo che Ale vi abbia ben poco a che vedere.

Questa introduzione era doverosa per anticipare la parabola discendente che colpirà Florenzi, anche complice la non ottimale condizione fisica post-infortunio. Comunque continuerà a giocare da titolare, partecipando alla cavalcata verso la semifinale della Champions 2017-18, ottenendo ufficialmente la fascia da Daniele De Rossi.

Le favole però non hanno tutte un lieto fine e nel calcio, come nella vita, non sempre le cose vanno come vorremmo che andassero: a volte bisogna accettare di fallire, di essere rifiutati, di essere messi da parte. Paulo Fonseca, scelto come nuovo tecnico giallorosso dopo la parentesi Claudio Ranieri, Florenzi proprio non lo vede nella sua idea di gioco, così a gennaio Alessandro passerà al Valencia a titolo temporaneo, dopo 279 presenze condite da 28 reti con quella maglia.

AMORE è la terza parola che scelgo per descrivere l’animo di quest’uomo, prima che calciatore, che prende atto che la sua storia, cominciata con i migliori auspici, non si concluderà in maniera per nulla simile a quella dei suoi idoli, nonché predecessori Francesco Totti e Daniele De Rossi. Ale non alza polveroni, non crea alcun tipo di polemica verso una società che di questioni ne aveva già aperte molte con i propri tifosi, accettando di buon grado la panchina. Ale se ne va in silenzio, nell’ultimo giorno di mercato, lascia la sua casa, senza esitare, senza puntare i piedi, si lascia alle spalle la sua amata Roma, perché a volte, quando si ama qualcuno, bisogna anche essere in grado di capire quando lui non ti ama più.

“Quando un amore finisce, uno dei due soffre. Se non soffre nessuno, non è mai iniziato. Se soffrono entrambi, non è mai finito”

Questo il pensiero di Marilyn Monroe, che mi porta inevitabilmente a pensare ad Alessandro, quel ragazzo originario di un quartiere romano, che, come ogni altro ragazzo della sua età appassionato di calcio, ambiva a giocare nella Roma, e per la Roma, e forse, quando ha esordito sostituendo Francesco Totti, l’odore della predestinazione lo ha sentito, gli ha pervaso tutto il corpo, e chissà cosa avrà provato indossando quella fascia al braccio, ma poi il destino crudele lo ha strappato dalla sua città, negandogli la possibilità di diventare il simbolo della squadra che amava da bambino, ha amato da calciatore, e continuerà per sempre ad amare.

Il prossimo lido ad attenderlo è Parigi, molti definita la “Città dell’amore”, dove Florenzi continuerà a giocare, dando tutto, come ha sempre fatto da professionista quale è, ma il suo cuore apparterrà sempre e solo ad una squadra, che, forse, non lo ha capito a fondo, ma sono sicuro che i suoi tifosi continueranno ad amarlo, e soffriranno per il suo addio: e allora, in fondo, quest’amore non è mai finito.