Dopo aver accettato - obtorto collo - l'esonero di Allegri ad opera del Duo Disastri Nedved-Paratici, Andrea Agnelli si è preso la sua amara rivincita. "Ragazzi, è finita la ricreazione - pare abbia detto il Presidente ai suoi due dirigenti, che purtroppo gli sono anche amici -. Si torna a fare quel che dico io".

In realtà, fino a un anno fa si faceva soprattutto ciò che diceva un certo signor Beppe Marotta che - nonostante il suo strabismo - ben ci vedeva in tema di mercato e bilanci. La bussola bianconera in mano all'AD ora nerazzurro segnava sempre la via degli affari d'oro e dei ricavi in crescita, grazie a scelte sensate e quasi sempre prodigiose. In effetti, un centrocampo costruito con nemmeno 10 milioni di euro e firmato Pirlo, Pogba e Vidal poteva scaturire solo da un super manager. Lodi e riconoscimenti che con il passar del tempo Marotta ha sempre più condiviso con il suo braccio destro Fabio Paratici, impegnato col favore delle tenebre ad instillare il dubbio nel numero uno bianconero che i veri meriti del miracolo Juve fossero in realtà più suoi che del buon Beppe, definitivamente scaricato al termine della trattativa per portare Ronaldo a Torino. Lo ricordo ancora Paratici, tutto garrulo, quando ci tenne a specificare come la proposta del fuoriclasse di spostarsi sotto la Mole fu fatta a lui e da lui trasmessa direttamente ad Agnelli, con buona pace delle gerarchie e del ruolo ricoperto dal suo mentore. In un mondo di arrivisti e approfittatori, un bel modo per dire: sono pronto a comandare!

In realtà, così pronto non ha dimostrato d'esserlo
, scimmiottando i colpi a costo zero di cui Marotta è maestro, senza però accorgersi che i risparmi sul cartellino - lui tapino - si è trovato a pagarli in modo occulto negli ingaggi di calciatori discutibili come Rabiot e Ramsey, ora rinchiusi in una gabbia d'oro senza più mercato e con l’unico triste futuro di scaldare i seggiolini (peraltro già dotati di impianto riscaldante) dell'area vip dell'Allianz Stadium. Senza parlare degli "scambi gonfiati" che hanno visto protagonisti Cancelo e Pjanic, l'addio prematuro e ingrato a Manzukic, la mancata vendita di Dybala di cui ancora si dispiace lo squalo di Borgonovo Val Tidone, più attento alle plusvalenze tout court che al vero senso degli affari. E così, nel fantasioso e strampalato mondo del Duo Disastri, in questi mesi si è parlato di grande interesse per Chiesa (altro mezzo talento alla Bernardeschi di cui la squadra di certo non ha bisogno), di un'irresistibile attrazione per il mediocre Milik (riserva di Mertens al Napoli) e per l'ineffabile Jorginho, nonché altre simili amenità. La bussola si è rotta e - nonostante l'amicizia sia un nobile sentimento - ne ha dovuto prendere atto anche Agnelli, dopo la disfatta con il Lione.

Con la scelta di Pirlo, repentina e tanto follemente sabauda nei modi e nei tempi, Andrea si è ripreso la Juve. Una squadra che è sempre stata grinta e determinazione, ferocia e senso di appartenenza. Proprio Agnelli un giorno dichiarò che il suo giocatore preferito è e resta Pablo Montero. Ecco allora la domanda: cosa c'entra Montero con Sarri e Paratici? Questo interrogativo dev'esserselo posto anche il presidente e la risposta è stata folgorante. Anzi di più: scintillante. In perfetto stile Juve, Chi fa del calcio un mero esercizio di calcolo, ora parla di inesperienza, rischio troppo grosso, passo più lungo della gamba; rivanga il caso Ferrara e già pregusta una Juve che arranca e ansima dopo 9 anni di primato. Chi invece vive questo sport come una passione, una sfida di valori, sogni e sacrifici, adesso si gode la fisiognomica tutta bianconera del nuovo mister, riassapora i magistrali silenzi e le poche parole del grande mister Zoff, ingiustamente allontanato dopo aver vinto una Coppa Uefa e una Coppa Italia per far posto a un certo Maifredi, sguaiato nei modi e nei toni come l'uomo con la tuta stravaccato fino a pochi giorni fa sulla panchina più elegante d'Italia. Proprio vero che la storia non insegna mai niente.

Finalmente il popolo bianconero ha fatto pace con la sua storia e con i suoi valori. Sui giornali s'inizia a leggere cose di buon senso: le piste Chiesa, Jorginho e Milik si raffreddano, riprendono le trattative per Tonali e Zaniolo. Insomma, si torna a ragionare con la bussola che fu di Marotta, almeno dal punto di vista sportivo (sul piano dei costi, meglio stendere un velo pietoso circa i danni dell'ultima stagione). In tutto questo il Duo Disastri, sarà per questioni di amicizia (storica o estorta con sapiente opera d'accerchiamento), sarà per mancanza di alternative, è ancora al suo posto. Se io fossi Agnelli in queste ore una telefonata a Galliani, in tutta sincerità, l'avrei fatta. Ah l'avrei fatta, eccome!