La situazione di Agnelli ricorda quella dello Zar russo Nicola II, l'ultimo Zar della dinastia Romanov e della storia russa. Persa completamente la credibilità ad ogni livello, per essersi gettato in imprese al di là di se stesso e essendosi inimicato il popolo con decisioni sbagliate una dietro l'altra, dall'entrata in guerra alla scelta di affidarsi nelle decisioni politiche a uomini inadeguati al compito. Eppure il presidente bianconero è stato a lungo, e a ragione, considerato un "sovrano illuminato". Ma la gloria è passegera e anni di successi e la costruzione di un modello vincente non si conciliano e non giustificano, uno smantellamento, una distruzione di quello stesso modello vincente in nome di non si è capito bene cosa. Dietro gli errori a ripetizione dei dirigenti,Paratici e Nedved, negli utlimi 3 anni, vi è il suo benstare, il suo lasciapassare. La Superlega è finita prima ancora di nascere e in queste ore lo stesso Andrea Agnelli ha ammesso la fine del progetto, ma nonostante ciò non ha fatto ammenda e ritirato la Juventus ufficialmente. La credibilità, doveva essere questo il motore di tutto, un impegno al 100% dei club fondatori che impegnava tutti ad andare fino in fondo, affrontando e avendo già calcolato ogni possibile difficoltà.

AGNELLI TRADITO- Da una parte solidarizzo con il presidente, perchè p evidente come negli ultimi anni si sia dedicato a questo progetto anima e corpo, convinto che fosse per il bene della Juve dal punto di vista economico, ma nel frattempo, almeno a quanto molti hanno percepito, trascurandone la progettualità sportiva. Proprio per questo dev'essere stato frustrante e deludente vedere le inglesi cedere ai ricatti di Uefa e Governo (chi si beve la storiella retorica della "vittoria dei tifosi" o è uno sprovveduto o è in malafede) come se la cosa fosse del tutto inaspettata e non calcolata. Tradito dalla metà dei club fondatori che lo avevano appoggiato, dopo che lui ci ha messo la faccia, dando le dimissioni dall'ECA ed inimicandosi l'intera organizzazione del calcio continentale.

FALLIMENTO- Ciò però non può giustificare un fallimento della figura del presidente su tutta la linea. Si parlava di credibilità e a questo punto Agnelli non ne ha più, a qualunque livello: istituzionale, economico e sportivo. L'idea, a prescindere se si è d'accordo o meno, è stata portata avanti in maniera impresentabile, mandata avanti con un tempismo e una modalità senza senso, ma soprattutto senza la giusta convinzione da parte di tutti, perchè se bastano solo delle velate minacce da parte delle istituzioni a fermare tutto in appena 48 ore, allora il progetto non è solido. Tutto ciò che è successo è sembrato del tutto imprevisto da parte dei club. Imprevedibile era invece questa retromarcia, dati gli impegni in prima persona di Perez e Agnelli, la garanzia di JP Morgan, la presentazione pensavo che ormai la cosa sarebbe stata irreversibile ed invece è durata appena 48 ore, dimostrando un modo di procedere veramente dilettantistico, anacronistico rispetto alla portata dei soggetti coinvolti. Le parole di Agnelli sono un buco nell'acqua, la certificazione di un progetto raffazzonato nella costruzione e nel tempismo, com'era possibile non aver calcolato tutte le variabili? 

NON HA VINTO IL CALCIO- Ha vinto la Uefa come ho specificato in un altro articolo, ma soprattutto ora molti, tra addetti ai lavori, giornalisti, calciatori ed allenatori si riempiono la bocca di vittoria del calcio popolare, dei poveri, della meritocrazia e altro. Non hanno vinto ne i tifosi contro ne quelli a favore della Superlega. E' legittimo che i tifosi esprimano la loro opinione, è legittimo che il club si confronti, anche tardivamente, con gli azionisti di minoranza, affrontando le critiche e spiegando i benefici che loro hanno visto in questa opportunità, il cambiamento porta sempre scompiglio. Il calcio invece resta uguale, restano stipendi milionari, resta un calcio NON popolare, resta la Uefa con le sue prerogative e le sue contraddizioni, a comandare il calcio. Le parole di Piquè, di De Zerbi, dei presidenti di A e del resto del carrozzone mediatico, che cerca di arruffianarsi i tifosi è patetico. Mi chiedo a questo punto, forse in maniera ripetitiva, ma dato che questo è ciò che pensano, perchè non si riducono lo stipendio? Perchè invece di attaccare i club che cercano di incrementare i loro guadagni, i quali per quasi il 70% finiscono nelle loro tasche senza fondo, non gli vanno incontro e si riducono tutti lo stipendio per fare in modo che il calcio del popolo non finisca a gambe all'aria per le esose pretese di loro e dei loro procuratori?

DIMISSIONI-  Accantonato l'argomento "ipocrisia" passiamo al cuore della questione. Quello che sembra non aver capito Agnelli, perseverando e annunciando che ci riproverà in futuro, è che il rischio a questo punto è alto, altissimo. Ormai con il fallimento della Superlega, ha perso completamente ogni credibilità. Non può avere più la fiducia da parte non solo dei suoi interlocutri nel mondo del calcio, per il modo in cui ha agito nell'ombra e alle spalle di tutti, ma come faranno a credergli gli stessi azionisti della Juventus? La situazione è imbarazzante. Agnelli ormai sembra aver perso il contatto con la realtà, come un pugile suonato che tenta di rimanere in piedi nonostante non sia in grado di continuare, rischiando di fare peggio per la sua salute. Chi rischia di andarci di mezzo è la Juventus, ebbene sì perche Andrea Agnelli nonostante tutto non è la Juventus. La Juventus è più grande, è più importante di lui e di chiunque altro e non può soccombere per le brame di potere di nessuno. La Juventus rischia ritorsioni più di chiunque altro come ho già detto e quindi, per il been suo e dei suoi tifosi, le dimissioni di Agnelli sarebbero più che auspicabili. Anche se il numero 1 bianconero non sembra affatto intenzionato a darle, non rendendosi conto di ciò a cui si va incontro, di che danno provocherebbe alla credibilità, all'integrità e all'immagine della Juventus, dei nemici di cui la circonderebbe, che già prima erano numerosi e che a una certa non possiamo più permetterci. 

IL PUNTO DI SVOLTA- Agnelli ha riportato la Juventus dai settimi posti ai 9 scudetti consecutivi, ha riportato il marchio Juve in alto, ha ampliato gli orizzonti e costruito un modello vincente con un suo equilibrio, ha incarnato la passione e l'orgoglio dello juventino. Questo fino a 3 anni fa. Da dopo Cardiff, dove forse siamo rimasti tutti, ma in primis la dirigenza a quanto pare. Da lì la Juventus non è più ripartita, ha abbandonato quel modello vincente e sostenibile che l'aveva portata in alto. Agnelli ha cacciato Marotta e di è affidato agli "amici", che nel lavoror non porta mai a nulla di buono. Ha soprassieduto e avvallato ogni scelta scriteriata da parte del duo Paratici-Nedved perchè li aveva scelti lui, erano suoi amici. Ha messo Pirlo, un altro suo amico, sulla panchina della Juventus interrompendo così de facto anche un dominio italiano, dopo le ultime campagne fallimentari in Europa. Una serie di errori a catena che hanno pesato sia sui bilanci economici che su quelli sportivi, ridimensionando il ruolo della Juve in europa e da quest'anno anche in Italia. 7 anni di successi non possono giustificare 3 anni in cui si è raso al suolo quanto di buono costruito di prima, dimostrando arroganza e incapacità di ammettere gli errori. Perseverare, come dice il proverbio, è diabolico. Con che faccia andiamo, se ci andiamo, a giocare la Champions del prossimo anno? La prima cosa a cui tutti pensano sono le scelte arbitrali, la debolezza istituzionale, la totale mancanza di credibilità e le sue conseguenze a livello istituzionale e di campo. 

CONSEGUENZE-  Per il momento pare che Agnelli non si ponga assolutamente il problema di cosa ne sarà della Juventus nei prossimi anni e non ha intenzione di dimettersi. Ciononostante Proviamo ad immaginare gli scenari di una situazione simile: il primo nome che si è fatto è stato quello di Alessandro Nasi, uomo chiave di Exor, sempre membro della famiglia Agnelli-Elkann. Suggestionante in realtà sarebbe un progetto dal respiro più europeo, ma in Italia probabilmente irrealizzabile. Un azionariato popolare dei gruppi di tifosi che acqusiscono una quota del club e partecipano alle decisioni della società, come in Germania, come in Spagna e altri paesi. Come figura garante chi meglio di Alessandro Del Piero per rappresentare il tifo? Figuera ome la sua o quella di Claudio Marchisio sono quelle figure di spessore che permetterebbero al club di riguadagnare fiducia a livello istituzioanle. Un'investitura importante, una responsablità che personaggi seri come loro accoglierebbero con gioia e senso di responsabilità come avvenne ai tempi per Boniperti. Nonostante sia un'ipotesi irrealizzabile, sarebbe l'unico modo in cui si potrebbe tornare un po di più a parlare di "calcio del popolo" un pò meno a sproposito.