Nella favela di Vila Cruzeiro, situata nel nord di Rio de Janeiro, era Il 17 febbraio 1982 quando nacque Adriano Leite Ribeiro, conosciuto da tutti come Adriano. La favela di Vila Cruzeiro è una delle più povere di tutto il Brasile; una vera e propria baraccopoli che si distingue per sanguinosi atti di violenza quotidiani, traffico di droga e malavita. Un agglomerato di lamiere accatastate una sopra l’altra che accompagnano tutta l’esistenza di chi ha avuto la sfortuna di nascerci. Non fa eccezione la famiglia di Adriano che vive di espedienti per tirare avanti e dare un pò di dignità alla loro esistenza. 

Adriano è un bambino per bene che ha beneficiato di sani principi in un ambiente ostile che gli permettono di schivare la vita spericolata delle gang della favela rifugiandosi in lavori onesti che permettono a lui e alla famiglia di campare e di portare almeno qualcosa da mangiare sul tavolo desolato. Nessuna scorciatoia, nessun lavoro disonesto dal guadagno facile che, a lungo andare, vede cadere per strada molte, anzi troppe vite minorili, ma un lavoro umile da lustrascarpe; uno dei tanti che si trovano per le vie bagnate di sangue di vila Cruzeiro. 

Ma la favela è un tornado, non regala nulla e appena affiorano dei fantasmi nella mente dei suoi residenti risucchia il cuore ed anima non lasciando scampo. 
Adriano tiene duro con sacrificio costante ma al compimento dell’undicesimo anno la favela si intrappone fra lui e la sua famiglia: una pallottola vagante, come tante altre nelle lunghe giornate nella favela, colpisce suo papà mandandolo in coma per molto, troppo tempo. 
Il piccolo Adriano era abituato a sopravvivere al pericolo e di sparatorie, furti e pestaggi non ci faceva più caso; ma quell’occasione era diversa: il suo punto di riferimento, il suo mentore, il suo papà si era arreso all’inesorabile violenza di quelle strade che si contraddicono solo per una Samba di morte. 

Adriano rimane confuso, disorientato e ancora più responsabilizzato da quel epilogo e si rimbocca le maniche per mantenere quella famiglia che ormai si appoggia sulle sue forti spalle, le spalle di un bambino a cui il destino aveva tolto la speranza. Ma la vita è piena di "Sliding Door" e di treni che vanno presi anche solamente per vivere di una flebile speranza.
La mamma di Adriano è una donne forte, scalfita dalla vita, ma con un obiettivo ben chiaro: dare una dignità alla vita del figlio togliendolo da Vila Cruzeiro. In una torrida mattina brasileira la mamma prende Adriano e lo porta a Santa Cruz dove giocano le giovanili del Flamengo; ma quando vivi in una favela anche un piccolo viaggio è un impresa titanica cosicché prima di poter pagare il biglietto del bus si prodiga a vendere caramelle in strada ai passanti. 

Adriano, si presenta all’allenatore Alberto Almeida come terzino sinistro ma il talento di questo ragazzo viene subito notato dal coach che vede in lui un bomber d’altri tempi e lo sposta in attacco. Non c’è traccia documentata di come gli anni di Adriano e la sua famiglia siano passati fra il richiamo della favela e il campo sportivo, ma sappiamo che il talento verdeoro a 18 anni esordisce in prima squadra contro il San Paolo e si regala una di quelle notti magiche che segnano una vita: un goal e due assist che fanno da cassa di risonanza e il giro del mondo.
Anche le squadre europee vengono avvisate dai talent scout presenti in Brasile che c’è un nuovo giocatore da segnare in taccuino. Il suo nome è Adriano.

Nel 2001 l’Inter ha dettagli sufficienti e chiude l’affare su consiglio di Salvatore Bagni che lo segnala al presidentissimo Moratti: 15 miliardi di lire e l’imperatore veste nerazzurro.
Il talento è cristallino e nella partita di esordio contro il blasonato Real Madrid Adriano viene buttato nella mischia al 38° da Hector Cuper.
Pochi palloni toccati, molti contrasti, ma tanta grinta e spirito di sacrificio. La partita prosegue senza grossi sussulti finché, guadagnata una punizione decise di prendersi la responsabilità di tirarla: rincorsa, corsa e… goal! Una fucilata che insacca la palla in rete e porta il giovane Adriano nell’Olimpo del calcio che conta con giornali, media e web che vedono in lui un crack di caratura mondiale. 

Ma l’Inter in quel periodo era una corazzata e la vita per gli attaccanti molto competitiva con una rosa folta e composta da campioni. Per Adriano non c'è spazio e il giovane verdeoro viene mandato in prestito alla Fiorentina per farsi le ossa: campionato anonimo ma con alcune giocate da grande campione.

Nell’estate seguente il cavallo di razza Adriano sembra azzoppato almeno nella mente di Massimo Moratti che decide di venderlo a titolo definitivo al Parma per 12 milioni di euro. Nelle stagioni seguenti l’Imperatore, grazie ad uno stile di vita più sobrio e fuori dalla modaiola Milano, riprende i suoi ritmi da bomber  e confeziona 23 goal in sole 37 partite giocate coni  ducali.
La scelta del presidente Moratti era stata troppo affrettata e la dirigenza nerazzurra decide di puntare nuovamente su di lui vedendo non solo Adriano come il “Bomber” per l’attacco del Biscione ma anche l’uomo Adriano più maturo e gestibile: il suo rientro a Milano porta i neroazzurri a qualificarsi per la coppa dei Campioni e a vincere lo scudetto 2006/2007.

Il mondo del calcio è in presenza di un campione, un giocatore di spessore internazionale che può ambire a diventare uno dei più forti attaccanti in circolazione. Ma il “magic moment” di Adriano finisce sul più bello con un grave infortunio al tallone d’achille che lo tiene fuori dal campo per lungo tempo. Al rientro le incomprensioni con Mancini e poi con Mourinho e la dolorosa morte del padre lo destabilizzano e quel ragazzino di Vila Cruzeiro viene risucchiato dal dio denaro, dai festini fino a notte fonda e dalla bella vita fatta di lustrini e paillette.

Adriano perde completamente la testa e il rapporto con l’Inter si chiude il 26 aprile 2009 con 48 goal all’attivo in 123 presenze. Il suo rientro in Brasile peggiora la sua condizione e in poco tempo dissipa tutto il suo patrimonio costringendolo a ritornare nella favela da cui era riuscito a scappare.

Adriano si è raccontato negli ultimi mesi ad un’emittente radiofonica brasiliana e ha confessato che la morte del padre sia stata per lui la fine di un sogno; l’Imperatore confessa che il bere era l’unica soluzione per ottemperare alla sua solitudine: birra, whisky, superalcolici erano i suoi antidoti contro la depressione. Ogni allenamento, continua Adriano, ero sempre ubriaco e lo staff dell’Inter mi portava in infermeria a dormire per non rendere pubblico questo disagio e questa dipendenza”. I festini erano all’ordine del giorno, gli “amici” mi portavano a festini con donne e fiumi di alcool, ma alla fine sono rimasto solo".

Ora Adriano dovrà ritrovare se stesso, scovare nuovamente quel bambino dall’anima puro e schivarsi dal vortice che Vila Cruzeiro rappresenta. 
Dai Adriano Leite Ribeiro, mostra a tutti il tuo talento di essere uomo!