Tiene banco a più riprese la diatriba scatenata dal presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che ha scelto come sua "vittima" mediatica il Frosinone, che ha prontamente risposto nella figura del suo omologo Maurizio Stirpe. "Cosa ci fa il Frosinone in Serie A?", "Noi abbiamo lo stadio, e lui?" sono alcune delle frasi del botta e risposta tra le due figure. Certamente De Laurentiis ha sbagliato la forma e le modalità, forse anche l'occasione di affrontare in modo concreto un argomento scottante in un periodo di calciomercato e polemiche infinite, ma l'errore non sta nella sostanza. Se vi è sorto uno scontro, seppur breve, la colpa è del sistema.

Sebbene Stirpe faccia più che bene ad essere orgoglioso del suo gioiellino comprendente anche lo stadio di proprietà, cosa non da poco, nonostante il club ciociaro rappresenti la vena romantica di un calcio che sta pian piano scomparendo e ben vengano le favole provinciali alla ricerca della gloria, perché gli sforzi non vadano mai gettate al vento, ADL ha colto nel segno. Il problema non è la presenza in massima serie del Frosinone, bensì di un sistema che deve cambiare per rendere i campionati competitivi. Il discorso è prettamente economico, su questo non fa una grinza.

Il divario tra Serie A e B in termini economici e di conseguenza tecnici è enorme. Abbiamo una voragine ad oggi incolmabile. Per essere competitiva e puntare a una salvezza meno sofferente possibile, alle neopromosse è necessario avere alle spalle una struttura decisa come quella del Parma, società meglio organizzata - Udinese a parte, ma ormai ha una tradizione in massima serie - rispetto alle concorrenti per evitare la zona rossa, oppure c'è il concreto rischio di rischiare la "sopravvivenza" al pari dello stesso Frosinone, oppure di un Empoli che attualmente respira meno aria pesante grazie a Bologna e Chievo.

Perché accade tutto questo? La Serie B è un punto di passaggio dove regna la mancanza di progettualità, è verosimilmente un limbo in cui si rimane imprigionati e costretti ogni anno a stravolgere le rose. Chi sale in A fa fatica e quasi sempre retrocede, soprattutto se manca una forte struttura dietro e una solidità finanziaria. La spiegazione è semplice: prendendo ad esempio una Juve Stabia che centra la promozione dalla Serie C alla B, per il club campano la salita non è un problema perché "il campionato degli italiani" si sta livellando alla struttura della Lega Pro (ed è un guaio). Di fatto, è noto che le società provenienti dalla terza serie possono ambire anche alla promozione diretta in Serie A: la chiamiamo sorpresa, ma nelle ultime annate è diventata una normalità. Il problema ulteriore risiede nell'eventualità in cui il Frosinone di turno sale dalla B alla A; lo stesso vale per un Budoni, un Lanusei o una Turris che sale dalla D alla C, cioè dal dilettantismo al professionismo (a meno che non ti chiami Bari), dove persiste un'altra tremenda voragine.

Il resto lo fanno il paracadute, una sciocchezza disumana, e i diritti tv di un campionato che crede ancora di poter competere alla pari con la Premier League, ma per la maggior parte delle volte offre spettacoli mediocri, se non imbarazzanti. E le società calcistiche, dalla B a scendere, sono sempre sull'orlo del fallimento. In soldoni, De Laurentiis la mette sul piano economico: se mancano una certa solidità finanziaria e il coraggio da parte degli organi competenti di mettere alla porta i club impossibilitati ad iscriversi e disputare i campionati, si riduce notevolmente la competitivà. Perché è inutile parlare di riduzione della Serie A da 20 a 18 squadre, se mancano gli ingredienti e i presupposti. Il sistema deve osare e cambiare, riportare stabilità in tutto il movimento, esigere trasparenza nelle società di calcio, avere il coraggio di escludere i club morosi. Tuttavia, se ancora oggi è permesso al Pro Piacenza di iscriversi, fargli disputare il girone d'andata e sfidare le regole di buona condotta del campionato di Serie C con ingaggi illegali e mercificazione di giovani calciatori del tutto innocenti, allora non c'è speranza che le cose cambino nell'immediato futuro.

 

Andrea Cardinale