Ispirato nel titolo da un commento che mi è giunto da uno dei blogger più critici (Gualtiero), i cui commenti sono sempre ben argomentati e mai polemici (e tantomeno, offensivi), mi sono soffermato a pensare che il buon ADL, nella vicenda Juventus-Napoli, non sembra aver reso onore al famoso proverbio partenopeo “Ccà nisciuno è fesso”.

Mi riferisco ovviamente alla vicenda del mancato svolgimento della partita del 4 ottobre 2020 contro la Juventus ed alla successiva proposizione del ricorso contro il verdetto del Giudice Sportivo circa la sconfitta per 3-0 ed il punto di penalizzazione in classifica.

Ma procediamo con ordine.
In primo luogo, occorre cercare di comprendere per quale motivo il Presidente del Napoli avesse intenzione di differire la partita contro la Juventus e abbia fatto di tutto (e di più) per legittimare questa presa di posizione (a partire dall’"ingenuo" messaggio ad Andrea Agnelli del venerdì precedente la data dell’incontro).

Ora, solo qualche mese prima, tutte le società calcistiche della Serie A avevano sottoscritto un protocollo, in base al quale le stesse si sarebbero impegnate a portare avanti il campionato, pur in presenza della grave crisi pandemica.

In estrema sintesi, il Protocollo FIGC in vigore alla data del 4 ottobre 2020, prevedeva:

  • la quarantena individuale nel caso in cui risulti positivo un giocatore, con obbligo quindi di isolamento dello stesso;
  • la quarantena dei contatti stretti del positivo e l’esecuzione per tutto il gruppo squadra del test molecolare il giorno della partita, in modo da ottenere il risultato entro 4 ore e consentire l’accesso allo stadio solo a coloro risultati negativi al test molecolare;
  • la possibilità (dopo il caso Genoa con 11 positivi) di chiedere (per una sola volta) il rinvio della partita se una squadra ha più di 10 positivi.

La finalità del Protocollo era chiara e condivisa da tutte le Società, ovvero la fissazione di regole che, da una parte, tendevano a preservare l’obiettivo primario della salute ma, dall’altra, miravano a consentire la disputa di tutte le partite del Campionato, ovviamente se e fino a quando tali regole non fossero state cambiate per mutuo consenso da parte di tutte le Società.
In sostanza, la “bolla” che si andava a creare tra le Società di Serie A si sovrapponeva alle norme sanitarie vigenti nel Paese a proposito del Covid, ma lo scopo era proprio quello di creare una “deroga” comportamentale, assicurando però nel contempo il rispetto del principio basilare della tutela della salute.

Tutto chiaro quindi!
Infatti, sulla base di tali regole, era stato permesso al Torino di affrontare l’Atalanta, al Milan di recarsi a Crotone o al Genoa di giocare al San Paolo contro il Napoli….

Soffermiamoci proprio sull’ultimo caso, perché forse è l’unico indizio, che può permetterci di comprendere per quale motivo, il Comandante in Capo del Napoli Calcio non volesse disputare la partita contro la Juventus.

Il primo a risultare positivo nel Genoa è stato Perin, con accertamento intervenuto il sabato 26 settembre a mezzogiorno. I tamponi al resto della squadra effettuati il sabato sera davano tutti esito negativo, tranne Schone che, infatti, non parte per Napoli. Domenica mattina, la squadra si trasferisce a Napoli per disputare il giorno stesso la partita. Il giorno successivo (28 settembre), si accerta la positività di ben 14 soggetti del Genoa Calcio, di cui 10 calciatori.

In casa Napoli, dopo la partita con il Genoa, il primo calciatore a risultare positivo è Zielinski (tampone 1 ottobre) unitamente ad un collaboratore. Al polacco segue Elmas il giorno dopo. Ora, secondo il protocollo, tutto il gruppo squadra del Napoli avrebbe dovuto effettuare test molecolari il giorno della partita con la Juventus (4 ottobre).

A questo punto, sarebbe delittuoso ipotizzare che ADL (supportato da qualche cortigiano) abbia pensato che, analogamente a quanto accaduto al Genoa, l’esito dei test molecolari avrebbe determinato una “strage” di calciatori positivi nel Napoli e quindi – rammentando l’adagio che cca nisciuno è fesso – abbia inviato il 2 ottobre un messaggio ad Agnelli, suggerendo, nell’“interesse” di entrambe le squadre, di differire la partita? Tanto, con la Juve di mezzo - avrà pensato il buon ADL - il Protocollo FIGC poteva considerarsi carta da cesso.

Ricevuto riscontro negativo da Agnelli, sarebbe blasfemo pensare che ADL non si sia perso d’animo ed abbia pensato di organizzare un piano per evitare la trasferta di Torino, facendosi imporre il divieto alla partenza da parte di una ASL di Napoli? A leggere le motivazioni della durissima sentenza della Corte d’Appello Federale sembrerebbe che la Corte abbia proprio ricostruito il caso, partendo dall’assunto che sia stato il Napoli a precostituire il piano per evitare la trasferta.

La sentenza emarginata rappresenta per ADL un’autentica mazzata, perché oltre alla conferma della decisione di primo grado, traccia un profilo estremamente negativo della società partenopea, accusata di aver posto in essere comportamenti in distonia con i principi basilari dell’ordinamento sportivo. Insomma, oltre al danno anche la beffa per ADL di essere esposto al pubblico ludibrio, fregiandosi di uno stato che, fino al giorno prima, apparteneva – secondo i falsi cherubini, che albergano sui media - esclusivamente alla Juventus…

A parte i canali ufficiali ed ufficiosi del Napoli Calcio, capitanati dal binomio delle meraviglie in ambito giornalistico sportivo (di cui non cito i nomi per mero pudore, lasciando agli eventuali lettori il compito di svelarli), tutti i mass media non hanno mancato di evidenziare come la Sentenza d’Appello sia stata – rebus sic stantibus – esemplare.

Inoltre - anche a prescindere dal terzo grado di giudizio del Collegio di Garanzia del Coni (di cui sarò comunque curioso di conoscere l’esito, soprattutto nel caso di ribaltamento dei verdetti di primo e secondo grado) – la sentenza della Corte Federale di Appello rappresenta per ADL (e, purtroppo, per il Napoli, totalmente estraneo alle gesta del Presidente “one man show”) una clamorosa debacle (per non dire una colossale figura di m@@@@) in termini di immagine).

Per rendere bene l’idea, citiamo alcuni passaggi autoesplicativi della motivazione:

  • il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo.Tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Società ricorrente, il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, per come si avrà modo di evidenziare più avanti, teso a precostituirsi, per così dire, un “alibi” per non giocare quella partita
  • Ciò premesso, questa Corte, esaminata la ponderosa documentazione di causa, ritiene, conformemente a quanto statuito dal Giudice Sportivo, che la mancata disputa dell’incontro di calcio JUVENTUS-NAPOLI, in calendario per il giorno 4.10.2020, non sia dipesa da una causa di forza maggiore, o addirittura dal c.d. “factum principis”, come invocato dalla Società S.S.C. NAPOLI S.p.A., bensì da una scelta volontaria, se non addirittura preordinata, della Società ricorrente”
  • Orbene, nel caso che ci occupa, la Società S.S.C. NAPOLI S.p.A.,nei giorni precedenti la gara JUVENTUS-NAPOLI del 4.10.2020, ha orientato la propria condotta al precipuo scopo di non disputare il predetto incontro, o, comunque, di precostituirsi una scusa per non disputarlo. Ne è prova il contenuto della documentazione di causa, dettagliatamente esaminata dal Giudice Sportivo
  • La ragione per la quale una Società di calcio professionistico, ben consapevole del contenuto dei Protocolli federali in materia di gestione delle gare e degli allenamenti in tempo di COVID-19, per averli applicati più volte, debba chiedere lumi sulla loro applicazione alle Autorità sanitarie è difficile da comprendere e a tale condotta non può che attribuirsi altro significato che quello della volontà della Società ricorrente di preordinarsi una giustificazione per non disputare una gara che la Società ricorrente aveva già deciso di non giocare”

In tutta onestà, spiace profondamente, soprattutto per lo scrivente che, prima di essere juventino da tre generazioni, tenta di essere (a volte vanamente) uno sportivo, prendere atto che nei confronti di una squadra totalmente incolpevole e guidata da un tecnico, per il quale nutro un profondo rispetto ed una naturale ammirazione, si sia rovesciato uno tsunami di fango (per non scadere nel volgare) di tale portata.

Evidentemente, almeno in tale occasione, ADL non ha forse reso giustizia al famoso proverbio napoletano “Cca nisciuno è fesso” ; ma il Presidente del Napoli non demorde e, nel terzo grado di giudizio, pare che abbia dettato le linee della strategia difensiva, che si fonderà su un’altra espressione vernacolare partenopea, ovvero….”chiagni e fotti”. La fase istruttoria del “Chiagni” è in pieno corso di svolgimento.