Questa mattina, prima di andare a lavoro, con grande tristezza ho appreso della morte di Paolo Rossi.
Mi sono venute alla mente due foto di Paolo, la prima con la maglia della Juventus che alzava il Pallone d'Oro, la seconda con la maglia della nazionale dopo uno dei suoi fantastici gol.
Chiaramente queste immagini io non le ho vissute, ma le ho viste sui giornali, sui libri fotografici sulla Juventus, ma soprattutto dai racconti di mio padre.
Poi ci sono state due frasi che mi hanno toccato il cuore, la prima è quella di Giovanni Trapattoni: "I giocatori non dovrebbero andarsene prima degli allenatori".
Una frase che mi ha fatto commuovere. 
Una frase che solo un padre, può rivolgere al propio figlio. 
Secondo me, dopo anni passati insieme, anche se per lavoro tutti i giorni, con il rispetto dei ruoli, un allenatore diventa come un secondo padre. Una persona, dove rifugiarti nei momenti di sconforto è condividere i momenti belli.
Quei momenti che solo il calcio può regalare.

La seconda frase, forse quella più intima, più carica di dolore e speranza è quella della moglie: "Non se ne voleva andare, l'ho abbracciato e gli ho detto di volare via. Ha sofferto troppo."
Una frase carica d'amore, ma anche una frase di libertà. 
La libertà che quel fisico aveva perso con la malattia.
Volare via, vuol dire tornare ad essere libero. Così come Paolo lo era sui campi di calcio.
Volare via, vuol dire andare verso il cielo, quel cielo che tante volte ha visto Pablito esultare ed alzare trofei.

Purtroppo è la vita. Le cose belle, la storia di una persona si chiude. Adesso resta solo il ricordo per noi tifosi, e il dolore che non andrà mai via per la famiglia.
Addio Pablito.