Ipno, il dio greco del sonno, ieri non si è fatto vedere.
Nella greca Parthenope è stato difficile addormentarsi. Perchè Isso, Lui, 'O Nennilo, non c'era più. L'ultima finta non ha sciolto il sangue dint 'e vene: l'ha gelato. In un tardo pomeriggio napoletano, tra mascherine e zone rosse. Lo stesso giorno di George Best e di Fidel Castro. Perché il destino nun esiste, no... e quando mai...

Il Popolo non ha atteso un attimo ed è sceso in strada. Qualcuno è andato sotto i suoi murales: quello ai Quartieri Spagnoli, quello più recente di Jorit. I fumogeni accesi... pardon, appicciati... e quei cori cantati mille e mille volte dalle gradinate del Tempio. Quel Tempio che da mesi è vuoto, desolato, senza tifosi. Quel Tempio che stasera vedrà Insigne e compagni disputare una partita di Europa League. Quel Tempio che, a breve, prenderà il suo nome. "Benvenuti al Diego Armando Maradona di Fuorigrotta", diranno i telecronisti. Non se ne abbia a male San Paolo: gli hanno dedicato basiliche, piazze, strade, ospedali, scuole; può rinunciare allo stadio meno italiano d'Italia. 

Napoli, Buenos Aires, periferie dell'Impero. Si piange e si canta, si onora la presenza, più che la memoria. Uno striscione recita "non importa cosa hai fatto alla tua vita, importa cosa hai fatto alle nostre". Sto bene, banco. Nient'altro da aggiungere.

Poi, però, c'è sempre qualcosa da aggiungere. Quel ricordo legato a Lui, alla sua maglia, ai suoi riccioli, al suo pugno chiuso. L'amico che si chiama Diego in suo onore. La mano che sfiora il suo capello, esposto in una cappella a Spaccanapoli, per poi farsi il segno della croce. C'è chi giura di averlo visto palleggiare con le gocce di pioggia, perché a camminare sull'acqua sono buoni tutti. Sacro e profano in 160 centimetri di altezza e 39 di piede. Il 30 ottobre, a Napoli, ci facciamo gli auguri di Natale. Da oggi sappiamo pure quando è Pasqua. Tanto risorge il terzo giorno, sicuro. Palleggiando come una foca argentina che ha costeggiato le Malvinas e il Golfo più bello del mondo.

E la droga? C'è stata. "Cosa sarei stato, Emir, se non avessi preso la cocaina?", disse a Kusturica durante le riprese di un film documentario. Perché il doping migliora le tue prestazioni, la cocaina le peggiora.
E la malavita? C'è stata. C'è ancora. Avvicina calciatori, attori, starlette, a Napoli come a Milano, a Mosca come a Madrid. Chiedergli di combattere pure la camorra era forse troppo. Non c'è ancora riuscito Dio, figuriamoci se poteva riuscirci la sua mano sinistra.

Maradona, però, è stato anche quello che ha giocato un'amichevole nel fango di Acerra per raccogliere i soldi per un bambino che necessitava di una operazione. E' stato quello che ogni anno donava venti milioni ai bambini poveri di Pompei. E' stato il sindacalista dei ragazzi della Primavera che si affacciavano in prima squadra e ancora non avevano un contratto decente. E' stato quello che al ristorante andava nelle cucine e regalava soldi ai cuochi e ai lavapiatti.
E' stato quello che, al poliziotto che lo arrestò e gli disse: "Eri l'idolo di mio figlio", rispose con le lacrime agli occhi: "Coglione, saresti dovuto essere tu l'idolo di tuo figlio, non io!"

Diego ha combattuto contro terzini e stopper, in campo. Contro potenti di ogni risma, fuori. Contro i Blatter, ma anche contro i Bush. Amico di Fidel, di Chavez, di Maduro, di Putin. Dalla parte sbagliata? Può darsi. Forse aveva ragione Brecht: dalla parte del giusto tutti i posti erano già stati occupati, rimanevano solo quelli dalla parte del torto. 

A Napoli c'è un centro sociale. "Je so pazzo" si chiama. Come la canzone di Pino Daniele, suo grande amico. Era un ex manicomio, oggi è uno spazio sociale aperto e inclusivo. Lì vi sono due murales, uno di fianco all'altro. Maradona e Che Guevara. "Gennà, ma chi è chillo?", chiese un ragazzo a un suo amico. "Ma comme, nun l'hai riconosciuto? E' Maradona!", rispose l'amico. "No, no, nun parlavo di Diego. Parlavo di quell'altro. Chi è?". E qui arriva la perla, la finezza, la rabona, il colpo di classe: "Chillo? E' 'o tatuaggio 'e Maradona!"

Fuori al Tempio, che per qualche giorno ancora si chiamerà San Paolo, da ieri sera è in atto una processione laica.
Ognuno lascia un fiore, una sciarpetta, una foto, una preghiera. Sui balconi sono già comparsi striscioni, bandiere e magliette col numero 10. Stasera ci sarà il minuto di raccoglimento prima di Napoli - Rijeka. Tutta Napoli lo osserverà. Per poi applaudire, da ogni balcone, da ogni finestra, da ogni vicolo.

AD10S, Diego.
Insegna agli angeli... no, niente, come non detto. Certe cose non si possono insegnare. Devono solo toccarti il pallone, anche se la barriera è a cinque metri. Tanto la metterai all'incrocio. E San Gennaro festeggerà.