Se provate a chiedere ad un allenatore di club come vive il periodo della sosta per le nazionali questo vi risponderà un po’ stizzito. Ebbene, succede a tutti, anche perché aspettare per due settimane la prestazione della squadra del cuore risulta assai difficile, visto l’attaccamento alla maglia tipico del popolo italiano. Italia che però è riuscita a festeggiare ugualmente, stringendosi attorno al fascino di un popolo che ha colorato di azzurro lo stadio Olimpico, con il solo obiettivo di spingere i ragazzi di Mancini verso un traguardo desiderato e ottenuto, la qualificazione a Euro2020 con tre turni di anticipo. Nonostante la prestazione opaca sotto il profilo agonistico, la sosta di ottobre verrà ricordata per un gesto ancora più importante della vittoria sul campo.

Lo sa bene Francesco Acerbi, che lo scorso giovedì si è recato assieme ai compagni della Nazionale Italiana a far visita all’ospedale Bambino Gesù di Roma, in occasione dei 150 anni dell’istituto romano, per regalare un sorriso ai numerosi bambini e ragazzi ricoverati nei vari reparti. Un viaggio attraverso le disgrazie della vita che si è compiuto all’insegna dello sport e dell’amore, come del resto dovrebbe accadere in ogni competizione sportiva; alcuni giocatori si sono intrattenuti con i fanciulli giocando a carte, altri servendo i pasti ai pazienti e altri ancora intrattenendo i bambini con qualche battuta stracolma di simpatia. Inutile stare a sottolineare che il giocatore più colpito, almeno dal lato umano, è stato sicuramente Acerbi, esempio in campo e anche fuori; lui che è stato assediato da un tumore e che lo ha sconfitto, mostrando gli artigli come sul terreno di gioco quando si presentano davanti attaccanti incredibili sotto l’aspetto tecnico.

“Prendo un taxi, finché non finisco il giro non me ne vado” ripeteva il forte centrale della Lazio non appena i delegati dell’organizzazione gli chiesero di sbrigarsi vista l’ora. Un messaggio stracolmo di vita, rappresentato a dovere da quella cornice emozionante che lo ritrae con un bambino in braccio, felice e voglioso di cambiare vita, cercando sulla terra quel pianeta diverso che fino ad ora è stato oscurato dalla bestia malvagia del tumore. Incontri che fanno riflettere, soprattutto quando a presentarsi davanti ai bambini sono i campioni che tutti supportano in televisione, con la passione per un ideale e con il sogno un giorno di poter calcare quei campi illustri di tutto il panorama calcistico.

Non ci sono parole d’affetto per poter descrivere un gesto così bello e importante. Come spesso affermano anche i poeti, i bambini sono la gioia più bella dell’Universo, perché sorridono con il cuore in mano, dando vita a quella verità che spesso si nasconde sotto la menzogna di alcuni adulti.
Acerbi è rinato dopo quei brutti momenti, come lui stesso ha affermato in una recente intervista, ma non ha mai smesso di credere nella partita più importante, quella della vita; anche la sua Lazio potrà essere fiera del difensore, come lo è Roberto Mancini, che anche in occasione di Italia-Grecia lo ha schierato titolare preferendolo a Romagnoli.
L’ennesima dimostrazione che dalle cadute ci si può sempre rialzare, con la forza ma anche con la speranza. Proprio quella speranza che non manca di certo tra le mura del Bambino Gesù, dove un numero notevole di dipendenti e volontari si impegnano ogni giorno per regalare una tiepida luce ad ogni lottatore presente nei vari reparti.

Un insieme di sentimenti profondi che hanno illuminato questa sosta di ottobre, forse inutile per il campo, ma sicuramente ricca sotto l’aspetto umano grazie ad un gruppo di ragazzi che hanno amato la vera vita. Quella vita appesa alla speranza e alla forza suprema, che però trova l’amore nei singoli attimi, negli abbracci eterni, come Francesco Acerbi che prende in braccio quel bambino, per un gesto nazionale compiuto da chi ha capito veramente quanto è cara la vita.