Il calcio è bello perché ha il potere di far sognare la gente. Il calcio è degno di destare tanto interesse, perché non è semplicemente uno sport, ma un contenitore di storie, di favole meravigliose, di grandi battaglie epiche e sì, purtroppo anche di tragedie. Al di là del tifo, della passione legata a dei colori e ad una bandiera, questa arte atletitca porta con sé un bagaglio dal valore inestimabile. Può far arrabbiare, può far commuovere, può eliminare tutti quei brutti pensieri, tutte quelle preoccupazioni che ognuno di noi si porta dietro nel corso dell'estistenza, anche se per solo novanta minuti a settimana. Ma la cosa più grandiosa, è che in alcuni scampoli di tempo e di spazio, il calcio ti può far credere che i miracoli, almeno sportivamente parlando, possono accadere. 

"Il Calcio è l'arte di comprimere la storia universale in novanta minuti" - George Bernard Shaw

Da qualche parte, qualche sconosciuto un giorno ha detto che il calcio è una religione priva di atei. Forse non saranno tutti praticanti, ma di certo sono molti i credenti. Questo perché il calcio non ti chiede fedeltà cieca, non ti impone delle regole ben precise, al di là di quelle della civiltà e della decenza. Il calcio è dentro di noi e tutto intorno a noi, che ci possa piacere o meno, la nostra cultura ne é intrisa. Ogni popolo vive questa fede a suo modo, ma essa c'è, è presente. Eduardo Galeano una volta disse che in Brasile vi sono molti villaggi che, sebbene in essi non sia presente una chiesa, hanno pur sempre un campetto dove poter fare due tiri. A pensarci viene da sorridere e da chiedersi, perché questo sport è così importante per la gente? La risposta è semplice da trovare. Basta cercarla lontano dalle fredde parole, andando a vedere in quelle immagini fattesi storia, favole che ci hanno emozionato al di là della nostre fede in una squadra, piuttosto che un'altra. Chi infatti non sentì un retrogusto di dolcezza, quando il Leicester di Ranieri, da mera Cenerentola, vinse la Premier League qualche anno fa? 

Ecco, i piccoli miracoli, questa è la bellezza, non avvengono solamente in mondovisione, ma anche sui campi più anonimi, quelli forse più vicini alla gente, seppur più silenziosi. Piccole fiabe che è sempre bello raccontare, perché ci portano a credere che, anche nelle realtà più minute, si possa avere il proprio scampolo di sogno. Uno spezzone di sport e passione che, forse, è in grado di darci un insegnamento più grande di quanto potrebbero fare i grandi blasoni. E una di queste favole sta avvenendo oggi, in una piccola cittadina situata a metà tra il lago di Lecco e quello di Como. 

Renate è un paesello dell'alta brianza che conta meno di cinquemila anime. Una cittadina immersa nel verde, con una piccola chiesetta che sorge sul suo breve colle, qualche azienda che le orbita attorno, e un campo privo di spalti sulla cui erba sgambetta una squadra che, almeno da quelle parti, oramai non fa più notizia. Ed è proprio questa la vera meraviglia. L'A.C. Renate è una società professionistica che, quasi da un decennio, si districa nel campionato di Serie C. Tra le sue contendenti si leggono compagini come il Monza della neo proprietà Berlusconi, l'Alessandria che tempo fa arrivava in semifinale di Coppa Italia, il Novara e molte, molte altre realtà decisamente più note e blasonate della sua. Ogni tanto, anche i rotocalchi più importanti osano scrivere qualche riga su questa squadra dalle tinte nerazzurre. Le "pantere" brianzole che, per quanto non abbiano uno stadio degno nel proprio paese, nonostante la sua tifoseria si riduca ad una piccola ammucchiata sparuta, sta lentamente scrivendo una pagina importante nella storia del calcio. Importante in quanto l'A.C. Renate non è da omaggiare esclusivamente per i risultati sportivi, un tempo inimmaginabili. Mentre si scrivono queste brevi righe, questo club si trova in solitudine al secondo posto del proprio girone, con appena due gol subiti e con davanti il solo Monza di Berlusconi che, rose a confronto, ha la parvenza di essere una squadra galattica. Ma non è questo il vero diamante che il Renate porta nel cuore del suo progetto. Ciò che si nasconde dietro i successi dell'A.C. Renate è infatti un qualcosa da cui molti, persino i club che orbitano nella massima serie, dovrebbero trarre ispirazione. 

Questa squadra è sempre esistita. In decenni lontani se la cavicchiava con onore, saltellando tra una serie dilettantistica e l'altra. Quando però i signori Spreafico e Citterio decisero di prenderla in mano più di dieci anni fa, nessuno si sarebbe mai immaginato dove questa squadretta provinciale sarebbe arrivata. A trasformare una semplice passione in un vero e proprio sogno è stata infatti una visione chiara, magari anche aziendalista, che i due presidentissimi, come vengono affettuosamente chiamati, hanno apportato. Per quanto infatti il Fair Play Finanziario non si faccia sentire nelle serie minori, essi da subito hanno creato un sistema gestionale che potesse essere sostenibile. In altre parole, per quanto di grano da investire ne avessero, hanno portato questa piccola società calcistica a essere in grado di sostenersi esclusivamente sulle proprie finanze. Invece che buttarsi su giocatori rodati, magari anche vecchie glorie dei campionati cadetti e semi-professionistici, hanno preferito puntare su giovincelli di belle speranze, credendo di poterli crescere e, magari, di poter vincere insieme a loro. E mentre questo pensiero si tramutava in realtà, hanno deciso di trasformarlo in una vera e propria filosofia. Oggi infatti le "Scuole Calcio Renate" fioccano come funghi in quel dell'Alta Brianza e molti genitori, sebbene tentati dalle varie realtà targate Milan o Inter, hanno deciso di affidare i propri pargoli a esse. 

I bilanci di questa società sono in rosso quasi ogni anno, ma si tratta pur sempre di perdite contenute in un mondo dove le principali rivali fanno fatica anche solo a pagare gli stipendi. I risultati economici migliorano ad ogni stagione, tanto che nell'ultimo triennio le perdite sono andate con il dimezzarsi. I suoi principali ricavi giungono dai contributi federali, i quali però non sono oggetto di vergogna o imbarazzo, perché essi sono premi che spettano solo a squadre che fanno della crescita dei giovani un vero e proprio obiettivo. Forse, l'obiettivo principale. Perché sebbene i playoff di serie C siano alla portata quasi ogni stagione, la parola d'ordine in casa Renate è sempre quella: salvarsi. Salvarsi perché questo progetto non vada a morire. Salvarsi perché si possa continuare a crescere il proprio vivaio, rinforzare le fila giovanili della nazionale, cercare di far esplodere la passione per i propri colori in quel dell'Alta Brianza. Credere nella serie B sarebbe bello, ma la vera grandezza di questa società sta anche nel fatto di sapere quale è il proprio posto. Senza uno stadio di proprietà e una tifoseria stagna che porti introiti nelle casse, pensare di fare il grande salto non sarebbe solo da sognatori, sarebbe da folli. Quando si vuole crescere e passare di categoria, bisogna essere in grado di reggere il contraccolpo, sopravvivere agli effetti collaterali. E questo, in quel di Renate, lo sanno bene e ciò non significa che non si abbia ambizione, tutt'altro. Significa che si preferisce il progetto a risultati stupendi, ma pur sempre passeggeri. Significa che si crede in quello che si sta facendo e che, prima o poi, quello che hai seminato comincerà a germogliare. La pazienza è la virtù dei forti, dice un vecchio lento. E il Renate è una società forte, proprio perché sa pazientare. I suoi cinquanta e passa anni senza retrocessioni, la dicono lunga. Perché questo è il suo modo di fare e di pensare: metti un altro piolo, cementalo, fa in modo che sia stagno, poi poggiaci il piede e prosegui con il prossimo. Se molte squadre decisamente più blasonate avessero la medesima filosofia, forse oggi l'Italia conterebbe ancora qualcosa in Europa. Ma tant'è, questa è un'altra storia. 

Si partì con un semplice sogno, quello della serie D. Poi giunse quello del calcio professionistico, e anche quello fu raggiunto. Forse non ci si fermerà qui. Forse, se il sogno continuerà a rimanere tale, questo piccolo miracolo non smetterà di esistere. E il calcio, in senso globale, ne avrà beneficio.