A spasso con…Daisy 

Quello sguardo lo conosco bene, fin troppo bene. Ogni volta che lo incontro faccio di di tutto per non incrociarlo e provo a rimandare quello che, senza parlare, mi chiede ed in qualche caso addirittura pretende. Io ci metto impegno, credetemi, e cerco di resistere, inutilmente direi visto i risultati; perché  alla fine lui, “lo sguardo”, è più forte di me ed inevitabilmente finisce per vincere: la mia è una battaglia persa!
Stavolta ho deciso di non provarci nemmeno a fare resistenza e gliela do vinta ancor prima di iniziare a “litigare”: che c’è? Che vuoi? Cosa debbo fare stavolta? Portami a fare un giro! E non inventarti scuse perché lo sai anche tu che non sei furbo e “ti sgamo sempre!” E, continua sempre più stringente, non inventarti impegni del pomeriggio… hai finito il libro che stavi leggendo e hai completato pure la playlist; non hai da fare nessuna partita a tressette né quelle patetiche partite a calciotto coi tuoi amici; ho controllato bene la tua agenda: è assolutamente vuota!

Mi arrendo, va bene usciamo che già non ti sopporto più e finisce che come al solito litighiamo. Dove vogliamo andare? No, ti guido io…mi faccio prendere la mano e si va.
Ma qui ci sono stato. Non lo ricordo benissimo ma è un luogo che conosco. Guardo l’edificio, è grande, imponente, e penso che avrebbe bisogno di una manutenzione profonda; alla facciata, colorata di bianco e rosso pompeiano, mancano vasti pezzi di intonaco, i vetri di alcune finestre sono stati rotti in maniera vile con notturni lanci di pietre probabilmente ripetuti negli anni; la maggior parte dei gradini di quella che un tempo doveva essere una “scalinata importante” sono sbilenchi e spaccati e per terra vedo calcinacci recenti venuti giù da dalle finestre e dal tetto.
Sei stata brutalizzata; mi si stringe il cuore e non capisco il perché. Lei, la mia compagna, mi guarda, come al solito troppo profondamente e mi dice le prime parole da quando sono uscito: E’ strano quello che senti, è vero? Certamente non te l’aspettavi che vedere, dopo tanti anni, le sue condizioni avesse su di te quest’effetto così struggente e coinvolgente. L’hai riconosciuta è vero? E’ proprio “la tua odiata scuola”, quella che hai maledetto e tradito tante volte e per tanti anni. Adesso di lei, da quel pirla che sei, ti rimane solo quella cosa che fai spesso: rimpiangere! Rimpiangi di non averla rispettata di più e di non aver studiato di più? E adesso che fai “uomo senza memoria”… ti indigni se vedi un ragazzo che le fa un affronto? Muoviti, andiamo via da qui, ci siamo stati abbastanza. Stavolta sono io a guardare storto e mi rivolgo a Lei sgarbatamente:  Va bene che hai la fortuna ch’io non abbia capito bene, dopo tutti questi anni, chi tu sia veramente ma questo non ti dà certo il permesso di dirmi cosa debbo e cosa non debbo fare.
Fiato sprecato! Dai, continua imperterrita senza degnarmi di importanza, muoviti. Abbiamo camminato un altro poco e mi ritrovo seduto su un bel prato e tutt’intorno non c’è nessuno. C’è un silenzio irreale che aiuta a riflettere; mi pare di stare al centro, anzi sul cuore della terra ed il sole mi inonda e mi trafigge. Perché hai fatto decidere il cervello e non il tuo cuore, mi domanda prendendomi alla sprovvista? Ma non lo so, ero giovane. Se avessi seguito il cuore diventava tutto così complicato…che certezze c’erano che sarebbe andata bene? Era tutto così improbabile, si rischiava di restare bruciati…troppo difficile. E che importanza vuoi che abbia, alla fine, se la cosa che affronti è facile o difficile? Di qualunque cosa tu faccia, per te o per gli altri, dovrebbe importarti solo pensare se, con al scelta che fai, sarai felice o meno e anche gli altri con te! Beh, è giusto quello che dici. Ed allora, se è giusto, perché non l’hai fatto? E a che serve rivangare? Perché dobbiamo star lì a rimuginare?  Ormai è tardi…è andata così e tu lo sai bene…si, non sono proprio felice come una pasqua, ma comunque…comunque…comunque smettila di fare il mio avatar.

Ehi piccolo avatar, non siamo più soli. Guarda sono arrivati dei ragazzini per giocare a pallone; dobbiamo andar via, adesso il campo è di loro proprietà! Fantastica come proprietà… da fare i salti di gioia; ma non te ne accorgi di come sia ridotto male? Visto che sono venuti a giocare a calcio…potremmo dir loro che la partita è sospesa per impraticabilità del campo. Quando mi trovo “alle strette” la butto sull’ironia o sul sarcasmo e la cosa funziona quasi sempre: Chissà che varietà avranno seminato…la “bolognese” o quella di Avezzano? E per uscire dall’angolo in cui mi sono cacciato cerco di essere ipocritamente consenziente: Hai proprio ragione! Quelli che dovrebbero “fare le cose”, cosa fanno come sempre? Latitano! E anche tu, come al solito…latiti! Cosa hai fatto per loro? Nulla elevato a nulla! E la stessa cosa fai quando si parla di politica! E quello non è buono…e quello non serve…non dobbiamo votarli più perché son tutti uguali…ma tu, di tuo, che fai? Brava, hai proprio ragione. Ma anche tu, se vogliamo, per me che fai? Stai sempre lì solo “a sindacare” su quel che faccio…che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare” ma un piccolo aiuto mai, Eh? Guarda che lo so da sempre chi tu sia; ogni tanto me lo dimentico ma poi, come oggi, arrivi bella pronta a presentarmi il conto di quello ho miseramente fallito.
Da te, mia cara, mai ‘na gioia! E osi dirmi che per te non faccio niente? E’ dal momento in cui sei nato che cerco, coscienziosamente, d’indirizzarti sulla strada giusta e tu che fai? Mi critichi? Ma come fai ad essermi così irriconoscente? A seconda del momento di dico di cancellare o di scrivere, di accelerare o rallentare e “sempre” di vivere attimo dopo attimo per non lasciarsi scappare nessun momento, nessun traguardo e persino nessuna delusione perché “tutto fa parte di tutto”. Dunque, ti chiedo, ci sei? E’ vero, molte volte hai sbagliato e tantissime altre hai lasciato che la paura s’impadronisse di te. E non giustificarti, non venirmi a dire che spesso hai incontrato il male di vivere, non te lo consento!
Pensa anche che hai avuto gioie ed emozioni persino travolgenti. E ne hai date anche, non dimenticarlo. Sarò sempre qui a mostrarti che quella rete, da cui credi di non uscire mai, ha sempre un buco; un solo buco e da lì devi riuscire a passare.
E ce la farai perché “io sono l’altra parte di te” e non dev’esserci fine al tuo stupore di oggi. Sono qui per ricordarti “come mi batte forte il tuo cuore”.