Si torna a giocare. E siamo tutti contenti. Tutto d’un tratto siamo tutti d’accordo. Non ci sono più ragioni per polemizzare, criticare o addirittura insultare. Adesso la  frase che è sulla bocca di tutti è quella che c’è voluto il Governo per mettere le cose a posto, perché il governo del calcio, non solo non c’è riuscito, ma ha dato una pessima immagine di sé.
Naturalmente si parla delle ormai famose “porte chiuse” che da poche ore ci sembrano la panacea di tutti i mali. Invece purtroppo bisogna dire che sono il male minore. E come ha sottolineato anche Beppe Marotta: “giocare a porte chiuse è l’unico strumento per concludere il campionato”.  

Infatti siamo tutti d’accordo.  
Anche perché le limitazioni introdotte su tutto il territorio nazionale – 30 giorni  senza la presenza di pubblico per qualsiasi evento sportivo  - dal Decreto Legislativo della Presidenza del Consiglio non ammette altre scappatoie. Quindi sino al prossimo 3 aprile si potrà giocare solo a porte chiuse. Per cui siamo in presenza di un provvedimento univoco, che tra l’altro era stato evocato da più parti. Vale a dire di un provvedimento “uguale per tutti”.

E a questo punto abbiamo la certezza che il campionato viene veramente “falsato”. Quanto meno ne comincia un altro, che non ha niente a che vedere con quello che si è giocato fino a questo momento. Dato che vengono “a cambiare” le regole. E sono regole che in un certo senso stravolgono il tradizionale svolgimento delle partite, al quale eravamo da sempre  abituati.

Certo, le “porte chiuse” sono da considerare un fatto contingente. Al quale ci ha costretto la situazione che si è creata a causa della diffusione del coronavirus. E tutti noi ci auguriamo, e speriamo che a partire dal prossimo 4 aprile si possa tornare alla normalità non solo nel calcio, ma in tutti i settori, sia in Italia che in tutto il resto del mondo. Ma è fuori discussione che per le prossime quattro partite viene di fatto annullato “il fattore campo”.

Tutti sanno che esiste “il fattore campo” e che giocare a casa propria, nel proprio stadio, e davanti ai propri tifosi, rappresenta un vantaggio sia economico (vedi l’incasso) che sportivo. Così come tutti sanno che giocare  fuori casa, a porte aperte, rappresenta uno svantaggio, perché si deve giocare davanti ad un pubblico ostile che certamente non ti aiuta. E non è un caso ad esempio che nelle Coppe Europee i goal in trasferta valgono il doppio. Così come non è casuale che lo spareggio per l’assegnazione di una qualsiasi competizione venga sempre giocato in campo neutro. Evidentemente una ragione ci deve essere. Ed è rappresentata appunto  dal “fattore campo”. Quindi, in condizioni normali, giocare in casa o fuori casa non è la stessa cosa.

Ad esempio, basta pensare alla big match Juve-Inter che è stata la causa di tutte le polemiche che sono scoppiate in questi giorni. Una gara che racchiudeva un’infinità di motivazioni. A cominciare dal ritorno allo Stadium di Antonio Conte. Lui juventino conclamato, come ha anche ribadito recentemente Andrea Agnelli in una intervista radiofonica. Come sarebbe stato accolto dal pubblico di fede bianconera? Soprattutto da quella parte più oltransista che da tempo ha richiesto allo stesso presidente bianconero di togliere la stella di Conte dallo Stadium? Naturalmente a queste domande non ci potrà mai essere risposta.
Ma la sfida di Torino non è falsata solo sotto questo aspetto. Risulta falsata anche per la mancanza del fattore campo. E quindi rappresenta un vantaggio considerevole sia per Antonio Conte che per l’Inter. E questo vantaggio, inevitabilmente, si rifletterà sulla lotta scudetto, soprattutto in termini di punti, che potranno determinare o addirittura decidere il risultato finale (Lazio permettendo).   

Pertanto, in queste ore non è accettabile che qualcuno possa dire, io l’avevo detto. Oppure, che si sia perso tempo. E ancora, che la Lega di serie A e la Federcalcio hanno sbagliato, o peggio ancora che hanno voluto danneggiare qualche società e favorirne altre. Quello che è stato deciso dalle istituzioni del calcio in precedenza è stato dettato dalla situazione contingente di quel momento. Indipendentemente dai ritardi -  che ci sono stati -  nel prendere certe decisioni. Nessuno poteva prevedere  che quella situazione, in pochi giorni,  potesse degenerare. E potesse arrivare fino al punto da far decidere al Governo della politica di emettere un Decreto Legislativo con quelle limitazioni che ho ricordato sopra.

E se si è arrivati alle porte chiuse è dovuto alla evoluzione degli eventi (il peggioramento dell’epidemia) che ha costretto le Istituzioni a decidere in questo senso. Non ci sono né  “Clown” e né “mali oscuri del calcio”. E nemmeno scheletri nell’armadio. C’è solo un maledetto virus che si chiama Covid 19 che ci sta stravolgendo la vita, non solo quella calcistica. E siano benedetti, in conclusione, i 100 mila euro donati da Steven Zhang all’Ospedale Sacco di Milano. Così come i 25 mila euro donati dal Parma calcio per la ricerca scientifica  Ma i vantaggi e gli svantaggi delle “porte chiuse” restano. Così come resta la speranza che tutto possa finire presto.

Anche se non è il caso di farsi  troppe illusioni,  come ha dichiarato proprio Andrea Agnelli nel suo intervento al 'Business of Football Summit' organizzato dal Financial Times a Londra: "Il Coronavirus in Italia avrà un impatto negativo anche sull'economia del Paese. Ogni azienda in ogni paese sarà colpita da un calo. La priorità va alla salute pubblica, l'obiettivo è contenere il contagio del virus".