Dal trionfo di nemmeno un’estate fa, con l'incredibile gioia per la conquista dell’Europeo - dopo sessant’anni dall’ultima volta - al triste epilogo di un ciclo chiuso dalla cocente delusione per l’incredibile seconda eliminazione consecutiva dal mondiale di solo qualche mese fa, contro la modesta Macedonia del Nord. Da Wembley a Wembley, a distanza di 365 giorni - incredibile a volte il destino - l'Italia affonda - ancora una volta- 3-0, contro l'Argentina nel corso della “Finalissima” tra i Campioni d’Europa in carica e i vincitori dell’ultima edizione della Coppa America. Sovrastati in lungo e in largo sia fisicamente che soprattutto tecnicamente, inferiori sotto tutti i punti di vista, nella mentalità e anche perfino nel tifo “indiavolato” da parte dei tifosi argentini, rispetto agli italiani, dal primo all’ultimo minuto. Gli Azzurri non sono mai stati in partita - nemmeno per un tempo - non sono riusciti a “giocare” sullo stesso livello degli argentini, cadendo sotto i colpi ben assestati di grandi campioni - quasi a fine corsa – solo per questioni anagrafiche - come Messi e Di Maria. Di certo non era la partita migliore per chiudere la carriera in Nazionale, con la sua ultima apparizione in azzurro, per capitan Giorgio Chiellini, anche lui in completa balia degli avversari come il resto dei suoi compagni di reparto, Leonardo Bonucci su tutti. Purtroppo per lui la carriera in azzurro si chiude come peggio non poteva, dopo 117 partite giocate (eguagliando Daniele De Rossi) con un europeo conquistato e forse quel grande rammarico di non aver giocato nemmeno l’ultimo mondiale della sua carriera perché è da otto anni che l’Italia non ne fa più parte.

Però guardiamo in faccia la realtà e diciamolo apertamente, non siamo più nelle condizioni di fare gol ormai da tantissimo tempo, a maggior ragione se non siamo riusciti a farne nemmeno uno ai modesti macedoni in quella oramai notte “Horror” di Palermo allo stadio Renzo Barbera. E soprattutto quando lo subiamo dagli avversari, come ha fatto l’Argentina dopo la prima mezz’ora di gioco, allora è anche inutile scendere in campo, perché cercare di trovare una reazione veemente per ribaltare il risultato è praticamente impossibile; poiché non siamo nemmeno nelle condizioni fisiche ma soprattutto mentali di poter reagire come solo una grande squadra sarebbe in grado di fare. Questa partita, con gli argentini, doveva essere l’occasione “perfetta” per poter finalmente ripartire, rilanciandoci dopo la delusione enorme di Marzo, andando a vincere un trofeo che sicuramente avrebbe ridato fiducia ad un ambiente se non ad un’intera nazione. Invece guardate come ci siamo ridotti, non riusciamo più a riorganizzarci, non riusciamo più a reagire, siamo completamente sciolti, come un gelato all’equatore, alla prima difficoltà. Il gruppo è completamente allo sbando dopo la “sbornia” dell’Europeo che avevamo vinto con merito e grazie ad un certo tipo di gioco propositivo mostrato contro tutti gli avversari lungo il nostro trionfante cammino. Siamo apparsi disuniti, come in questo caso, alle graffianti rasoiate di Lautaro Martinez, Di Maria e nel finale anche di quel Paulo Dybala, scartato dalla Juventus, che ad appena qualche minuto dal suo ingresso in campo ha battuto per la terza volta Donnarumma, forse di gran lunga il migliore in campo per gli azzurri di Mancini e questo la dice lunga sull’andamento della partita.

Questa Finalissima tra i campioni d’Europa e d’America, avrebbe dovuto essere l’occasione per riaffermare, proprio nel tempio di Wembley, che questa Nazionale poteva ancora dire la sua nonostante le evidenti difficoltà e soprattutto che l’impresa dell’anno scorso non era stata solamente un bel “fortunoso” sogno di mezz’estate, non era stata soltanto dunque un’impresa da mille e una notte ma qualcosa di molto di più. Frutto di un progetto a lungo termine, di una grande programmazione e di un lavoro certosino fatto dal Ct Roberto Mancini, dal suo staff e soprattutto dal gruppo di giocatori costruitosi nel tempo. Si doveva dimostrare che l’Italia sa sempre rialzarsi dalle sue rovinose cadute, riprendendo la via smarrita di quel gioco, di quella forza e unità di quel gruppo e della fantasia capace di sopperire alla mancanza della tecnica e soprattutto del talento. Invece abbiamo incassato l’ennesimo “cazzotto” sullo stomaco che si spera, questa volta, ci faccia tornare ben presto alla realtà e con i piedi per terra; perché il campo, arduo giudice, ha detto che l’Argentina è troppo forte per noi. Non solo per la grande capacità di palleggio e per la facilità con cui produce gioco, ma che ha colpito anche per la sua compattezza e capacità di pressing, caratteristiche molto ben differenti rispetto all’Argentina vista negli ultimi vent’anni. Un tre a zero netto che però è sembrato fin troppo semplice per poter valutare il vero livello dell’albiceleste che comunque sembra pronta per poter affrontare i mondiali rispetto a chi, come noi, sarà costretto a doverli vedere “comodamente” sul proprio divano di casa ancora una volta.

Mancini ha bisogno di cambiare, ha bisogno di sperimentare, ha bisogno di giocatori che facciano davvero la differenza, insomma ha bisogno sicuramente di altro e non può più fare affidamento sul gruppo che ha vinto l’Europeo. Ma il problema sostanziale che rimane è dove dovrebbe trovarli dei degni sostituti? È facile dare le colpe a lui ed è opinione condivisibile anche perché davanti alle catastrofi “mondiali” in Italia un “capro espiatorio” bisogna pur sempre trovarlo e questa volta in effetti non c’è stato nemmeno quel famoso “qualcuno” che abbia fatto un passo indietro mettendoci la faccia. Si è andati semplicemente avanti nella netta convinzione che il mancato accesso al mondiale sia stato, probabilmente, soltanto un incidente di “percorso” come ne capitano tanti nella vita: che male ci può mai essere se 60 milioni di persone non vedranno il proprio Paese rappresentato in una manifestazione sportiva così importante? Dicevamo il problema di Mancini, oltre al suo evidente stato confusionale è soprattutto uno: la davanti siamo messi particolarmente male. Però allo stesso tempo non possiamo sorprenderci più di tanto perché è questo il parco giocatori che ci offre il campionato italiano, cioè basta notare come nelle prime 6 squadre classificate della serie A, ci sia il solo Ciro Immobile come capocannoniere del campionato e bomber di una certa esperienza anche a livello europeo, gli altri sono tutti stranieri o non giocano per grandi squadre. Per questo poi, siamo “costretti” a doverci affidare agli Scamacca, ai Raspadori, ai Belotti cioè a giocatori, con tutto il rispetto, che lottano per non retrocedere e che dunque non hanno nemmeno una presenza nelle coppe europee. Il problema è che l'Europeo forse ci ha illuso tanto, pensavamo di avere una Nazionale fortissima che sarebbe durata nel tempo con qualche giusto ritocco ma invece siamo tornati alla cruda realtà della Nazionale che fu di Giampiero Ventura e che con il senno di poi è stato l’unico a pagare, anche giustamente, per un sistema calcio malato e ancora oggi capace di mietere le sue vittime in silenzio come se niente fosse. Il lavoro di Mancini adesso è difficilissimo a partire già da stasera in una partita complicata come quella con la Germania, una sfida classica dove siamo chiamati a dover aver quantomeno una reazione d’orgoglio per non capitolare come successo mercoledì sera al Wembley. Però una cosa va detta una volta per tutte: non è vero che in Italia i giovani non ci sono. L’Italia è piena di giovani, basta scendere nelle categorie inferiori per rendersene conto, il problema semmai è un altro e cioè la mancanza di esperienza a livello internazionale cosa ben diversa rispetto alla semplicistica realtà della penuria di tecnica e talento oltre al discorso che qui non c’è il tempo e la pazienza di saperli aspettare quando commettono degli errori. Perché vi sembrerà strano ma Roberto Mancini in questi quasi quattro anni ha comunque sperimentato, lanciando tanti giovani che sono riusciti a fare il loro esordio in nazionale ma il problema principale, come dicevamo pocanzi, è che il talento di base c’è pure - poiché altrimenti non giocherebbero in serie A – però l’esperienza in campo europeo è praticamente nulla. E questo non vuole essere un partito preso nei confronti del nostro Ct che forse l’unico vero errore che ha commesso è stato quello di non aver avuto il coraggio di cambiare gli uomini, puntando forte ancora su di loro, dopo la conquista dell’Europeo quando l’Italia non riusciva più a fare risultato sia durante le qualificazioni ai mondiali sia nella Nation League giocata in casa. Ovviamente non può essere una colpa di Mancini se il nostro campionato è così nettamente inferiore rispetto a quelli delle altre divisioni però è un dato di fatto, perché bastava andare a vedere la finale di Champions tra Real Madrid e Liverpool per capire che noi non saremmo quasi mai in grado di reggere quei ritmi di partita, di avere tutto quel talento, di avere quella grande mentalità che ti fa vincere le partite anche quando non hai la tecnica a tuo favore.

Non sempre nel calcio vince il più forte questo è un dato di fatto perché si può vincere anche con programmazione, idee e forte unità di intenti come dimostrato quest’anno dal Milan. Cioè tutto quello che sta venendo a mancare alla nostra nazionale oltre ai soliti problemi di fondo che probabilmente nessuno risolverà mai perché evidentemente a più di qualcuno questo sistema calcio malato fa molto comodo. Intanto stasera scendiamo in campo in una sfida che ci riporta indietro con il tempo sia a grandi gioie ma anche a tanti dolori, quindi per favore chiunque scenderà in campo cerchi di onorare la maglia e si ricordi bene che la nazionale non deve essere mai un intralcio ma una gioia da vivere e assaporare in ogni suo momento avendo il coraggio di cambiare