Uno spettatore esterno, che non conosce bene il campionato italiano, stenterebbe a capire il perché, nella tifoseria juventina, Massimiliano Allegri non sia considerato un idolo assoluto.
Il palmares parla chiaro: è, numeri alla mano, tra i tre allenatori più vincenti della gloriosa storia juventina. Per una buona fetta dei tifosi bianconeri non solo non è amato ma è addirittura odiato. Sembra tutto inverosimile. L'origine dell'antiallegrismo ha una data ben precisa: 16 luglio 2014, giorno in cui fu nominato nuovo allenatore della Juve, in sostituzione del dimissionario ribelle Antonio Conte. Conte è stato per gli juventini simbolo massimo di juventinità vincente e sanguigna, quello che il 5 maggio urlava in diretta la sua goduria, il capitano di mille battaglie, quello che sia in campo sia in panchina aveva regalato gioia e gloria alla sua amata Juve.

Di lui un popolo intero, con tutta la retorica del caso, si era innamorato più volte. Era il condottiero che aveva riportato la Juve, distrutta da calciopoli, a vincere di nuovo e a dominare per tre stagioni consecutive. All'improvviso, in una calda giornata di luglio decise di scappare, lasciando i suoi tifosi letteralmente sgomenti. Tutti pensavano che la favola della nuova Juve fosse finita lì, che senza il capitano/allenatore/condottiero ormai il giocattolo era rotto. É una storia d'amore intensa che finisce all'improvviso e che ha le stesse caratteristiche di un grande amore che finisce senza un perché. Una storia di un grande amore.

E chi viene dopo parte sicuramente male. Allegri, fino ad allora nemico perdente, diventa l'allenatore che deve sostituire il mito Conte. Come viene accolto? Con il coro "Noi Allegri non lo vogliamo!", che per altro fu la cosa più carina che gli venne detta, le altre sono incommentabili. Fatti alla mano, l'antiallegrismo è un fenomeno aprioristico, prima che sedesse per la prima volta in panchina, già si era creato il pregiudizio secondo cui il livornese fosse un allenatore disastroso, la cui unica vera colpa era stata sostituire l'unico amore Conte.

Come funzionano nei social queste situazioni lo sappiamo benissimo, i meccanismi sono gli stessi che fomentano le menti non certo brillanti dei terrappiattisti, che partono con un'idea iniziale e non c'è modo di convincerli neppure di fronte all'evidenza dei numeri. Anzi più vengono contraddetti, più sviluppano anticorpi per auto convincersi delle proprie teorie, di cui sono follemente innamorati. Basti pensare alle teorie dei Qanon, degli anti-vaccini o dei negazionisti del covid. Provate a farli ragionare, vi trascineranno nel basso delle proprie assurde teorie.
Lo stesso capita quando si parla di Allegri. Fa un po' sorridere ma c'è gente che ricorda ancora la sconfitta col Lucento, nella prima uscita estiva, piuttosto che delle tantissime vittorie ottenute. Si crea così un mito al contrario, uno che, nonostante i fatti e i numeri dicano il contrario, è un pessimo allenatore, non sa allenare, non ha schemi, sfrutta il lavoro altrui (quando vince) e pratica l'anticalcio (quando perde).

Ci sono miglia di juventini che pur d'inseguire le loro ossessioni antiallegriane si confondono con gli antijuventini, minimizzando le vittorie ottenute (cinque scudetti di fila!) e colpevolizzano l'allenatore di qualsiasi cosa. Uno dei cavalli di battaglia è il famoso concetto della "mentalità europea", che non si sa bene cosa sia, sembra una specie di pozione magica che funziona solo nei campionati non italiani. La mentalità europea che alla Juve allegriana mancherebbe.
La prova? Le 2 finali di Champions perse, è ovvio. Perché questa fantomatica mentalità si applica solo nelle finali, esserci arrivati non conta, aver passato i gironi di Champions (cosa non scontata, leggasi Galatasaray), gli ottavi, i quarti, le semifinali non contano, per quelli la mentalità europea non serve. Serve solo in finale.
É un argomento talmente ridicolo che si autodistrugge da solo. Ma non per chi "Noi Allegri non lo vogliamo!".
I terrappiattisti del calcio.