Scrivendo queste righe potrei imbattermi in critiche da parte dell’opposizione. In una società civile le opinioni sono molteplici, condivisibili o meno, ma rispettate se poste su basi stabili e ponderate.

L’argomento odierno è divisivo, oggetto di speculazione ed eccessive chiacchiere. Il fenomeno del mondo ultras è scomodo, per i più una banale via di accanimento, anch’essa fuori dalle righe.

La superficialità su tale tema rischia di defilare le vere motivazioni di questo ideale. Inoltre sono condannare parole fuori da ogni logica in merito a fatti mai verificati, che nello specifico riguardano il mondo dal suo interno.

Se inquadri l’essere ultras con sguardo obiettivo ed esterno apprezzerai il tifo che rende le partite più umane. Tuttavia, per precedenti errati relativi ai singoli, si va a macchiare indelebilmente il movimento, che subisce un trattamento immeritato.

 

IL PARADOSSO DEL GIUDIZIO

Apro un quotidiano online qualunque, una pagina Instagram casuale: troppe ed ingiustificate reazioni negative, nello specifico per gli episodi relativi a Sampdoria-Inter, partita nella quale il settore ospiti ha intonato cori considerati vergognosi e sessisti nei confronti di una tagliaerba.

Nello specifico le parole in questione si rifanno alla goliardia che ha da sempre contraddistinto gli ultras, la libertà dell’ironia e dello sfottò. Questi cori sono in vigore sin dall’età embrionale del tifo e come normale e sempre accettato, talvolta sfidano il “ politically correct “.

Eppure essi rimanevano tra quelle mura, a rispondersi tra tifoserie, il cui backstage è costruito da sane rivalità coltivate negli anni, poste al vaglio come spettro d’illegalità.

“Rispetto per tutti, paura di nessuno” e “Libertà per gli ultras” è anche ribellione sociale contro scellerate imposizioni statali create ad hoc per annientare il tifo, ma non solo: è anche appartenenza e rappresentanza delle nostre terre,con l’obiettivo di prevalere sulla tifoseria avversaria, insomma da sempre normale amministrazione.

Alcuni episodi sono fermamente da condannare, perlopiù per prese di posizione individuale e che nulla hanno a che vedere con la mentalità del gruppo. Errori singoli che sono sfociati in sangue, dai quali il 99% degli ultrà sani prende le distanze e condanna l’oltrepassare della legalità.

Da questi attimi, però, deriva un insieme di repressione inaccettabile, stimolato dalla lontananza dalle idee ultrà. Nello specifico il coro in questione non discrimina nessun soggetto, ma è il classicissimo coro, teoricamente accettabile sino a qualche periodo fa.

Il moralismo intorno alla questione è imbarazzante e fa lievitare la rabbia. La questione gioca un ruolo di acchiappa like ed ennesima beffa agli ultrà, che di canzoni similari ne hanno cantante a centinaia, senza distinzione di sesso, provenienza ed età.

La ragazza, osannata come vittima e descritta come tale senza il suo consenso, risponde platealmente con un saluto continuando il suo lavoro. Il problema sollevato arriva il giorno successivo, quando nessuno si era fermato alla questione.

 

LA REPRESSIONE

Quello che si può dedurre è un ingiustificato odio verso il mondo ultrà, un capro espiatorio per criticare e coinvolgere le ragioni generalizzate senza conoscere.

D’altronde, da questo secolo, il tifo organizzato è visto come un male da estirpare, reo di danneggiare l’immagine dei club.

A perderci è stato il mondo ultrà, in ginocchio tra diffide per questioni semplicistiche ( accensione di fumogeni, tamburi e striscioni vietati da questure e ugualmente portati all’interno dello stadio per ed ancora ragioni di lieve entità ).

Il paradosso è situato nell’assenza di obiettività nel raccontare la realtà dei fatti, e cioè il vero motivo per il quale, intere curve, continuano a lottare.

Chiunque commetta un errore deve scontare la propria pena, senza però influire su ragazzi innocenti che sono vittime di repressione. E’ corretto ammettere comportamenti che varcano il confine della legalità, condannarli, ma senza che essi ricadano sull’immagine del movimento.

Ideali genuini che vengono affogati, mentre il Psg approfitta dello sfruttamento di masse umane per costruirsi una squadra il cui trionfo più grande è l’ipocrisia legalizzata del denaro e del debito.

Il mondo ultras intrattiene da sempre, rende questo sport ancora più coinvolgente, ci fa credere nel colpo di coda degli inguaribili romantici, con l’obiettivo di trascinare la squadra e rendere l’atmosfera più unica.

Essere ultras significa organizzazione, unione, sacrificio. Le trasferte, le riunioni in sede ed i ritrovi creano un spirito di fratellanza e aggregazione tra persone con idee diverse ma accomunate dalla medesima passione. Ed ancora, i sacrifici economici e nelle trasferte lontano da casa, in giorni proibitivi.

Francamente, in troppe circostanze, trasuda banalità chi afferma che “chiunque appartiene a tutto questo vuol fare solo confusione”. Ignoranza che crea la fotografia errata, parlando male senza conoscere o volerci provare.

Il fenomeno della comunicazione di massa ha reso la società schiava e costretta a credere a ricostruzioni di avvenimenti mai verificati. La falsità delle informazioni è la condanna più imponente, la loro distorsione per raccontare bugie a fin di visibilità o moda è inaccettabile.

In un periodo storico nel quale, pur di garantire fantomatica sicurezza, si vieta l’ingresso negli stadi di persone e oggetti, si faccia oltre il possibile per insistere con pretesti ridicoli è la condanna dell’intero movimento, da sempre unito in battaglie simili

L’ultimo baluardo sono gli ultras, che hanno avuto la colpa di chiedere diritti in un mondo che non gli appartiene più. Eppure, fino all’ultimo giorno,li troverete su quei gradoni, vittime di critiche ed astio. Le mille difficoltà di un periodo storico complicato sanno di beffa, con la questione Covid in primo piano .

L’ennesimo e più recente amaro addio di un gruppo riguarda i Supporters Bergamo e sancisce la fine di un’era, 23 anni dopo la loro creazione.

Una menzione va anche a loro, che dall’apice di questi anni hanno visto svanire il frutto di duro lavoro e rispetto, guadagnatosi tra rivalità e amicizie in trasferta ( su tutte con i fratelli di Terni, rapporto che rimarrà ovviamente e ancor di più saldo ).

L’epoca che si chiude afferma che non ovunque vi è il ricambio generazionale, sempre meno persone si aggregano alle varie curve, complici gli ostacoli imposti da legislazioni incomprensibili. Una freddezza platonica, ahinoi comprensibile ad ora, che sta avviando un lento declino che mai si speri sia tale.

Solo così le televisioni parleranno dell’assenza del pubblico, perché silenzioso. Forse non tutti ne sentiranno la mancanza, per questioni di comodità, ma sino a quando sarà possibile le masse di ultrà ancora esistenti si muoveranno con la loro coscienza e con quella autorevolezza che non potrà mai cambiare perché dogma di questo ideale.

Fino alla fine, Libertà per gli ultrà.

 

 

Per ogni obiezione sono pronto a rispondere nei commenti, aprendo un dialogo civile.