La reazione istintiva alla cessione di Lukaku sta lentamente perdendo il suo vigore. Per carità, il belga è uno degli attaccanti più forti del mondo ed è innegabile che qualunque sostenitore neroazzurro non avrebbe mai desiderato il suo addio, ma come è sempre stato e sempre sarà c’è solo l’Inter: i calciatori vengono e vanno. Il calciomercato targato Beppe Marotta sta sorprendendo e sfido chiunque a dire il contrario. Attenzione, non sto dicendo che non abbiamo perso qualcosa (Big Rom e Hakimi sono tra i top al mondo nei loro rispettivi ruoli), ma le nuove risorse a disposizione del tecnico Simone Inzaghi e le prime uscite amichevoli fanno vedere la luce dopo le nubi scatenate dall’inaspettata rottura con il re del nostro attacco. E a proposito di ciò, sorge spontanea una domanda: è finalmente arrivato il momento di Lautaro Martinez?

Intendiamoci, l’argentino è sempre stato tra i più importanti calciatori in rosa e negli anni il suo valore si è talmente amplificato da sforare la tripla cifra. Il problema di fondo, però, è che ha sempre dovuto convivere con partner “ingombranti”: arrivato nel 2018 e investito immediatamente della sacra maglia numero 10, ha dovuto sgomitare per ritagliarsi un ruolo da protagonista, complice il modulo spallettiano che prevedeva un solo terminale, alias Mauro Icardi; nonostante ciò, è riuscito comunque a siglare 9 reti complessive, oltre a fornire tanto impegno e corsa, qualità già note ai tempi del Racing. L’anno dopo, con l’avvento di Conte e del suo 3-5-2, ha finalmente trovato la titolarità e incrementato la sua vena realizzativa, pur dovendo dividere l’attacco con un gigante quale Romelu. Un tandem affiatato, che ha portato lo scudetto ed una finale di Europa League, oltre ad avergli permesso di giungere alla quotazione succitata. Ora, a prescindere da chi dovesse arrivare, il leader del reparto diventa senza ombra di dubbio lui. Il ruolo di “spalla”, oggettivamente, gli è sempre stato stretto e sebbene non sia mai stato considerato un secondo, è evidente che la nuova Inter guidata dall’ex tecnico biancoceleste potrebbe essere la sua. Esatto, l’Inter di Lautaro. Si tratterà di una prova del nove, sebbene già quest’estate abbia dato ampia dimostrazione di poter essere decisivo, contribuendo alla conquista della Coppa America vinta con l’Albiceleste. Avere Dzeko al fianco, o Sanchez o, come si vocifera, uno tra Correa, Insigne e Zapata, non gli toglierà lo scettro di stella luminosa del nuovo corso. E ne abbiamo bisogno.

Ne abbiamo bisogno perché quest’estate ci ha feriti, forse ridimensionati, ma nello stesso tempo ci ha rinforzati. Paradossale, sì, ma è realmente così. Ci ha corazzato dai soliti attacchi esterni, ci ha fatto comprendere che siamo finalmente tornati ad essere temuti al punto che una cessione diventa pretesto per sfogarsi, ci ha riportato dietro nelle gerarchie e non è detto che ciò sia un male. Quando stai davanti, hai sempre l’obbligo di vincere. Qualsiasi altro risultato è una sconfitta. Se invece ti ritrovi a dover inseguire, ad essere competitivo ma senza l’ansia da prestazione, allora ecco che tutto può apparire diversamente. Lautaro ha il compito di trascinare la squadra, di divenire il simbolo di un Inter che può fare a meno di Conte e Lukaku, che si regge sulle proprie gambe e, perché no, che magari possa anche offrire un gioco migliore, altra favola in mano agli avversari.

A proposito del collettivo, è opportuno fare il punto della situazione, perché dall’oscurità di qualche giorno fa si è passati, se non ad un arcobaleno, almeno ad un tempo sereno, intonato al giorno ferragostiano.

In porta ancora un anno di fiducia ad Handanovic, con Radu che potrebbe ritagliarsi un crescente margine di presenza e che ha le potenzialità per raccoglierne l’eredità; a loro si aggiunge la straordinaria esperienza di Alex Cordaz (ex Crotone) e un altro giovane quale Gabriel Brazao. Insomma, siamo in buone mani.

Il tessuto difensivo, vero punto di forza dei campioni d’Italia, è praticamente rimasto inalterato: Skriniar, De Vrij (fai il bravo…) e Bastoni sono un terzetto che parla da solo, con D’Ambrosio, Ranocchia e Kolarov che garantiscono sufficiente fiducia, a patto che quest’ultimo ritrovi quella pericolosità e quella efficacia che ricordiamo tutti nel periodo biancoceleste.

Sulle corsie esterne, come già scritto, abbiamo sicuramente perso in livello assoluto, ma Dumfries e Darmian da una parte, e Perisic e Dimarco dall’altra non mi fanno stare così in pensiero. Sono particolarmente contento per la conferma di quest’ultimo, che finalmente potrà avere quell’occasione che in tutte queste stagioni gli è sempre stata negata.

In mezzo al campo c’è curiosità per Çalhanoğlu, chiamato all’arduo compito di sostituire Eriksen, che negli ultimi mesi si è rivelato decisivo per la conquista del tricolore (con il suo innesto abbiamo cambiato il passo e creato il vuoto sulla concorrenza). C’è inoltre un nuovo acquisto: Stefano Sensi. Lo so, non è realmente così, ma lo abbiamo avuto così poco a regime che è quasi come se lo fosse. La fantasia garantita dai due potrebbe essere una bella novità. Dietro, sulla linea nevralgica, Barella e Brozovic sono una garanzia, con Gagliardini, Vidal (a meno di una sua collocazione altrove) e Vecino sempre utili alla causa.

Davanti, Dzeko si è già fatto amare e insieme a Sanchez e ad un’altra pedina credo che abbiamo tutte le potenzialità per poter far male.

Il tutto condito dal nuovo idolo dell’attacco: Lautaro Martinez. Dopo tre anni in cui ci sono stati momenti altissimi, ma anche qualche crisi (la corte del Barcellona in lockdown), adesso è l’ora di vederlo brillare e consacrare in modo totale: sarà la sua Inter?

 

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