Ad una settimana esatta dal trionfo europeo, il senso di fratellanza e l’unione di intenti che hanno caratterizzato la cavalcata della nazionale di Roberto Mancini tornano di grande attualità. La variante Delta del virus ci ricorda che la pandemia non è ancora alle spalle e che per l’ultimo centimetro serve il contributo di tutti.

Una settimana fa. Sette giorni fa l’Italia si laureava Campione d’Europa. Dopo 120 minuti e 7 rigori (4-3 per l’Italia), a Wembley gli Azzurri alzavano la Coppa che mancava dal 1968. In campo scoppiava la gioia irrefrenabile e incredula (Donnarumma avrebbe realizzato con qualche secondo di ritardo che la sua parata su Saka ci stava regalando la vittoria). Sugli spalti la sparuta rappresentanza italiana sovrastava in decibel quella nettamente più numerosa degli inglesi (6 mila contro 60 mila).  In Italia la gente sventolava in piazza il tricolore (quello appeso alle finestre durante i terribili mesi del lockdown), cantava l’inno (non più dai balconi ma per le strade), si abbracciava (come non accadeva da tempo), piangeva (lacrime di gioia e non di dolore). Dopo un anno di sacrifici, paure, sofferenze una vittoria calcistica ci restituiva l’orgoglio e la gioia di essere italiani. E avveniva dopo una cavalcata trionfale: il girone chiuso con 7 gol fatti e zero subiti, l’ottavo vinto di tenacia contro l’ostica Austria, la lezione di calcio impartita alla selezione belga, la vittoria di trincea in semifinale contro l’ottima Spagna e, dulcis in fundo, il meritato trionfo contro gli inglesi, a casa loro. Loro che credevano che quella Coppa sarebbe rimasta a Londra. E invece 24 ore dopo percorreva le strade di Roma, sollevata dagli Azzurri che si tuffavano nella marea romana. A Roma fisicamente, ma col cuore in ogni angolo del Paese che finalmente si lasciava andare ad un’esultanza liberatoria.

Una settimana dopo. Sono passati solo sette giorni da quella festa e sembra di essere ripiombati nell’incubo. La variante Delta corre veloce in Italia e in Europa. Più di mille gli italiani trattenuti in paesi stranieri (Grecia, Dubai, Malta) per i casi di contagio. In alcune località turistiche torna l’obbligo del coprifuoco (Barcellona e Mykonos le prime). In Italia le vaccinazioni proseguono, ma ci sono larghe fasce di popolazione (soprattutto tra gli over 60) che non hanno ancora ricevuto la prima dose. E allora ci si interroga sulla possibilità di seguire la linea dura del governo Macron: per fare praticamente qualsiasi cosa in Francia adesso servono o il pass vaccinale o un tampone negativo. Anche la decisione sugli ingressi agli stadi per la stagione di Serie A, al via il prossimo 22 agosto, è sospesa, in attesa di ulteriori sviluppi. A questi penseranno scienziati e governo, a noi cittadini si chiede senso di responsabilità. Lo stesso di cui Roberto Mancini si era fatto promotore già alla vigilia dell’Europeo, quando agli italiani prometteva: “Onoreremo ogni minuto, scenderemo in campo con la spensieratezza di quando si è ragazzini e si comincia a giocare a calcio, ma anche con la responsabilità di chi rappresenta uno dei Paesi più forti e belli al mondo.” 
Hanno mantenuto la promessa. Hanno onorato la maglia azzurra e al grido “L’Italia chiamò” hanno risposto presente. Adesso tocca a noi prenderci le nostre responsabilità, fare ognuno la propria parte (vaccinarci in primis), fare quell'ultimo centimetro per vincere la partita più importante.
E allora, ancora una volta…FORZA AZZURRI!

Chiara Saccone