La maglietta azzurra indossata sopra la pelle e la tensione di una partita decisiva, gli scarpini allacciati con meticolosità, poi l’arbitro chiama le squadre e comincia la marcia nel ventre del fu San Paolo. Il ticchettio gracchiante dei tacchetti attraversa i corridoi che conducono alla scala d’ingresso. Ci sono tanti gradini da salire, prima di vedere il prato verde dello stadio partenopeo. L’urlo della folla copre ogni suono, ogni parola, ogni sbuffo.

E’ il 5 giugno 1968. L’Italia, organizzatrice della manifestazione, fa il suo esordio in una fase finale dei Campionati Europei di calcio. Di fronte c’è la fortissima Unione Sovietica, vincitrice nel 1960 e finalista, battuta dalle Furie Rosse della Spagna, nel 1964. A guidare gli Azzurri c’è Giacinto Facchetti, capitano dell’Inter Euromondiale del Mago Herrera e, per l’occasione, anche capitano dell’Italia. Stringe la mano al capitano sovietico, Albert Shesternev, una leggenda in patria: difensore a dir poco roccioso, ha giocato tutta la carriera con una sola maglia, quella del CSKA Mosca, e in 278 partite ufficiali ha realizzato la bellezza… di un solo gol.

La partita è tesa, combattuta, tutt’altro che spettacolare. Al triplice fischio dell’arbitro Tschenscher, tedesco dell’Ovest, si procede coi supplementari. E’ tutto inutile, però: lo 0-0 non si schioda. I rigori non esistono ancora, quindi si scende negli spogliatoi dove si procede al lancio della monetina più famoso della storia degli Europei. Facchetti sceglie testa, Shesternev opta per croce: l’arbitro lancia in aria la moneta mentre tutti, nello spogliatoio come sugli spalti, sono in tombale silenzio. Toc, la monetina decreta il responso, come una Sibilla cumana: testa, l’Italia è in finale. Si esulta alla grande e si corre di nuovo alle scale e al campo. I tifosi partenopei, nello scorgere Facchetti sbucare dal sottopassaggio, eruttano come il Vesuvio. L’unico a mantenere un distaccato entusiasmo è la Roccia, al secolo Tarcisio Burgnich: “Non avevo dubbi”, dirà ai giornalisti in seguito, “vista la fortuna di Facchetti al gioco”.

Quattro anni dopo, l’Italia non può difendere il titolo di campione d’Europa perché non riesce a qualificarsi alla fase finale dell’Europeo, che si giocherà in Belgio. E sono proprio i fiamminghi e i valloni ad eliminare gli azzurri: 0-0 all’andata, 1-2 al ritorno.

Per disputare un’altra partita d’esordio nella fase finale di un Europeo, l’Italia dovrà attendere il 12 giugno 1980. Il palcoscenico è prestigioso: la Scala del Calcio, ossia lo stadio San Siro di Milano. Di fronte agli azzurri scendono in campo le Furie Rosse di Spagna, capitanate da Juan Manuel Asensi, 299 partite e 73 reti con la maglia blaugrana del Barcellona. Anche in questo esordio, il risultato finale sarà 0-0. Gli spagnoli vanno vicini alla rete con Juanito, che colpisce la traversa con un calcio di punizione su cui Zoff avrebbe potuto davvero poco.

Passano quattro anni e l’Italia partecipa alle qualificazioni europee con il titolo di Campione del Mondo in carica, in virtù della storica vittoria nel Mundial 82 in Spagna, ma incredibilmente non riesce a qualificarsi per la fase finale: il girone verrà vinto dalla Romania, appuntamento rimandato al 1988, in Germania.

Euro88 sarà il trampolino di lancio per la giovane Nazionale di Azeglio Vicini, risorta dopo lo svecchiamento seguito alla fine della gestione Bearzot e dopo l’innesto quasi totale della fortissima Under21 azzurra, nella quale si sono fatti notare calciatori del calibro di Roberto Mancini, Gianluca Vialli e Giuseppe Giannini.

In questa competizione, l’esordio dell’Italia coincide con la partita inaugurale della manifestazione. Avversari: i padroni di casa della Germania, che si chiama ancora Ovest nonostante il Muro di Berlino cominci già a mostrare spaventose crepe.

E’ il minuto cinquantadue. Sulla destra caracolla Donadoni, bergamasco di nascita e milanista di maglia. Uno che, grazie allo Stregone di Fusignano, altrimenti conosciuto come Arrigo Sacchi, sa giocare sulle fasce come pochi al mondo. Donadoni centra una palla invitante per l’attaccante azzurro che ha seguito l’azione e sta arrivando a rimorchio. La chioma fluente e biondastra denuncia innegabilmente l’identità del calciatore: è nato a Jesi, ma nel calcio che conta ci è arrivato grazie alla maglia del Bologna; ora gioca con addosso quella blucerchiata della Sampdoria; di nome fa Roberto, di cognome Mancini. Si, l’attuale CT dell’Italia segnò il primo goal nella partita d’esordio all’Europeo. E non sarà l’unico futuro Commissario Tecnico a riuscir nell’impresa…

Torniamo alla partita, però. Passano tre minuti e l’arbitro Keith Hackett, un inglese di una severità tale da sfiorare la ridicolaggine, decide che Walter Zenga ha tenuto troppo il pallone in mano prima di rinviare. Punizione indiretta in area: Littbarski tocca ad Andrea Brehme, che in Italia abbiamo apprezzato con la camiseta azulnegra dell’Inter, e la Germania pareggia.

Passeranno altri otto anni prima di assistere a una partita d’esordio dell’Italia nella fase finale di un Campionato Europeo. Corre l’anno 1996 e sulla panchina azzurra siede proprio lo Stregone di Fusignano, reduce da una finale mondiale persa ai rigori contro il Brasile, nel caldo torrido californiano del mondiale USA. In attacco abbiamo il bomber di peso, Gigi Casiraghi, e la seconda punta di fantasia, Gianfranco Zola. E’ l’11 giugno 1996, lo scenario è alquanto prestigioso: Anfield Road, la casa del Liverpool. Avversario di giornata, la Russia di Kanchelskis, Kolyvanov e Mostovoi. Una doppietta di Casiraghi consegnerà la vittoria agli Azzurri: Di Livio sfrutta un rinvio errato del portiere Cherchesov per servire l’assist del primo goal, mentre “Magic Box” Zola assiste con una delizia alla crema il centravanti azzurro per il secondo goal. Purtroppo questo Europeo si concluderà sui guantoni di Kopke, portiere tedesco, che neutralizzerà il rigore di Gianfranco Zola ed eliminerà dalla competizione l’Italia.

Entriamo nel Nuovo Millennio con l’Europeo di Belgio e Olanda, organizzato nell’estate del Duemila. L’esordio mette di fronte Italia e… Turchia, esattamente come accadrà domani. E il primo goal verrà segnato… da un futuro Commissario Tecnico, Antonio Conte, esattamente come era capitato a Roberto Mancini nel 1988. La partita si concluderà con una vittoria azzurra per 2 a 1: alla rete in rovesciata di Conte seguirà, nove minuti dopo, il pareggio turco con Buruk; ancora nove minuti e il rigore di Pippo Inzaghi condurrà l’Italia alla vittoria. L’Europeo del 2000 è uno dei più indelebili nella memoria dei tifosi italiani. C’è la semifinale contro l’Olanda, sconfitta ai rigori dopo aver giocato oltre metà partita in inferiorità numerica, con un super Toldo tra i pali, capace di ipnotizzare i rigoristi orange. E c’è anche la finale contro la Francia, praticamente vinta fino a che Wiltord non decide di segnare il gol del pareggio a pochi secondi dal triplice fischio finale: nel supplementari, poi, arriverà il golden gol di Trezeguet a consegnare ai francesi l’agognata coppa di Campione d’Europa.

L’esordio europeo del 2004 è meglio dimenticarselo. Anche perché, di quella partita contro la Danimarca, non c’è nulla di calcistico da ricordare. L’unico episodio degno di nota fu lo sputo di Francesco Totti a Christian Poulsen, arcigno mediano dai piedi quadrati che bazzicherà in Italia per un biennio, indossando la maglia della Juventus. Per la cronaca: anche in quella occasione, l’esordio in una fase finale europea degli Azzurri si concluse… a reti inviolate.

Furono l’Austria e la Svizzera a ospitare l’edizione 2008 degli Europei. L’esordio dell’Italia fu a Berna, il 9 giugno. Di fronte c’era la temibile Olanda di Van Nistelrooy e di Sneijder. Finirà tre a zero per gli orange, reti dei due citati e di Van Bronckhorst, sugellando la prima storica sconfitta dell’Italia in un esordio europeo.

Quattro anni… e un giorno dopo, l’Italia esordirà nell’Europeo 2012 contro la fortissima Spagna, campione d’Europa e del Mondo in carica. Il ruolo di agnello sacrificale non è mai stato adatto all’Italia, infatti… azzurri in vantaggio con Totò Di Natale, pareggio ispanico con Cesc Fabregas, risultato finale 1-1. Le due squadre si incontreranno un mese più tardi, in occasione della finale: purtroppo per gli italiani, quella sera ci sono due categorie di pallone a dividere le squadre. La Spagna vincerà 4-0 e alzerà al cielo la terza Coppa Europea della sua storia, nonché la seconda consecutiva.

Arriviamo all’ultimo Europeo, che si è svolto in Francia nel 2016. Sulla panchina azzurra siede Antonio Conte, in campo c’è una squadra in cui la classe è praticamente sparita, ma che ha grandi capacità atletiche e che, come avrebbe amato dire Gianni Brera, giocava un sontuoso calcio all’italiana, ossia il caro vecchio Catenaccio, seppur modernizzato. L’esordio è contro il Belgio, tra le formazioni più quotate della competizione. A vincere sarà l’Italia, con un robusto 2-0 in virtù delle reti di Giaccherini, soprannominato immediatamente “Giaccherinho” da qualche telecronista eccitato oltremisura dalla rete del piccolo folletto azzurro, e di Graziano Pellé, gigantesco centravanti destinato a guadagnar fama e soprattutto denari in terra di Cina.

Ci siamo. In questo nostro breve viaggio nella memoria azzurra siamo giunti al capolinea: 11 giugno 2021, stadio Olimpico di Roma, partita inaugurale degli Europei 2020, posticipati di un anno a causa d’una infame pandemia. Italia contro Turchia, come nel 2000. Speranze tricolori affidate a Roberto Mancini, come nel 1988, e a questo gruppo di calciatori che non godono dei favori del pronostico, ma che possono regalare all’Italia insospettabili soddisfazioni.