C'era una volta...
Un re? Diranno subito i miei piccoli lettori. No, e in questo caso non stiamo nemmeno parlando di un pezzo di legno né di un burattino destinato a diventare umano. Stiamo parlando di un portoghese, di un cittadino del Portogallo, non di uno che vuole entrare al cinema senza pagare il biglietto, di un portoghese di Setubal, che ha fatto fortuna come allenatore di calcio e che ha, per ventura, incrociato i suoi destini a quelli dei colori nerazzurri milanesi.
Poco più di dieci anni fa quest'uomo, riferendosi alla stampa sportiva italiana, si inventò una definizione che è rimasta scolpita nella mente di tutti gli interisti: Prostituzione intellettuale.
Con queste due parole, forti in verità, Jose Mourinho definiva l'atteggiamento servile e partigiano di buona parte dell'informazione sportiva del nostro paese, le usò per ribellarsi ad uno stato di cose che è di palese evidenza per chiunque voglia valutare con equilibrio la distanza che passa tra le vicende del mondo del calcio italiano e come vengono raccontate da chi dovrebbe limitarsi ad esserne cronista, magari imparziale.
Il Vate tuonava contro chi non perdeva occasione di criticare, spesso senza fondamento, e comunque in modo sproporzionato, i calciatori, la società e in generale le vicende del mondo Inter di quel periodo. Superfluo ricordare a chi legge che mi sto riferendo all'Inter del triplete, una squadra leggendaria, un gruppo di uomini e calciatori che portò a termine un'impresa eccezionale, mai compiuta prima da una squadra italiana e tuttora unica.
Toccò a lui ricordarci che attaccare a testa bassa quell'Inter che si apprestava a vincere tutto, prendendo per spunto ogni spiffero era la prova provata della mancanza quasi assoluta di libertà e imparzialità dei nostri organi di informazione. Fu sempre lui a farci riflettere sulla clemenza che molti imbrattacarte prezzolati riservavano a Milan, Juventus e Roma di quegl'anni (quelle che avrebbero poi conquistato i famosi "zero tituli") fu sempre lui a insegnarci a porgere l'orecchio al "rumore dei nemici".

Per dieci lunghi e dolorosi anni quel rumore si è attenuato, è quasi sparito, non serviva a nessuno sparare su un'Inter troppo lontana, sia a livello societario che sportivo, dalla lotta per il vertice, ma da un po' di tempo a questa parte, con la Beneamata che è tornata a far sentire la propria voce in campo e fuori, quel clangore è tornato a crescere fino a diventare, almeno per chi scrive, un assordante e stridente cigolio.

L'Inter ieri sera si è imposta sulla Lazio, la squadra in questo momento più in palla del campionato, ha vinto soffrendo e non avrebbe potuto essere altrimenti considerata la cifra tecnico-tatica e il momento di forma dell'avversario, ha vinto anche grazie alle intuizioni del proprio allenatore, che ha avuto il coraggio e la saggezza di schierare Perisic ed Eriksen che si sono dimostrati perfettamente "dentro" alla squadra, sia a livello tattico che di attaccamento ai colori. Ha vinto anche grazie alla prova stratosferica di Lukaku, sì, quello che segna solo alle piccole e poi ieri fa due goal e un assist, quello che è svogliato ed incantato dalle sirene del Manchester City, quello che non gioca perchè non risquote lo stipendio. Ha vinto nonostante tre giocatori chiave a rischio squalifica per il derby, che per questa ragione hanno dovuto correre sulle uova limitando la grinta negli interventi e certo favorendo gli avversari.
Mi chiedo dove siano finiti i "prostituti" che accusavano Conte di umiliare Eriksen, di non considerarlo, di buttare via il suo talento, forse erano intenti a seguire il consiglio di Simone Inzaghi rivedendo per dodici volte almeno il solare fallo da rigore di Hoedt su Lautaro, è insopportabile che nessuno abbia risposto all'allenatore della Lazio opponendo una realtà incontestabile ai suoi deliri da stress post traumatico.
Quasi a denti stretti, qualcuno si è azzardato ad ammettere che il goal della Lazio è frutto di una circostanza più che fortunata e che l'Inter, certo facilitata dal vantaggio, ha costruito almeno quattro palle goal nitidissime.

Il giorno prima, il Milan delle giovani marmotte e del vecchio indomabile leone è stato preso a pallonate dallo Spezia dell'ottimo Italiano, un Milan con l'organico al completo, al netto della squalifica di Calabria, quindi senza la scusa degli uomini contati, ma anche senza il rigorino spaccagara, ridicolizzato da un Carneade di nome Agudelo qualche giorno fa ho scritto su queste pagine la mia modesta opinione sulla squadra di Pioli e voglio riconfermarlo: è una compagine da sesto posto, che si è ritrovata a guidare la classifica per più della metà del campionato per un incastro miracoloso di circostanze fortunate, è inferiore per rosa, allenatore e gioco a Inter, Juve, Atalanta, Lazio e Roma. Per questa ragione, guardandomi indietro trovo assolutamente ridicoli quasi sei mesi di giudizi oltre il lusinghiero riservati ai rossoneri.

Sabato si è giocata, finalmente, anche Napoli-Juventus e per l'ennesima volta è andato in onda lo show della dirigenza bianconera, evidentemente troppo poco abituata ad essere parte lesa rispetto alle decisioni arbitrali, mi chiedo perché nessuno stigmatizzi in modo appropriato l'atteggiamento costantemente arrogante e spesso maleducato di Nedved, Pratici e Agnelli, mi chiedo perchè tutto questo passi praticamente sotto silenzio quando per un "Sei sempre tu Maresca, anche al Var...", Antonio Conte e Gabriele Oriali si sono beccati, oltre a due belle giornate di squalifica, anche le reprimende di quelli che "gli uomini di calcio devono essere d'esempio per i giovani". Mi chiedo come sia accettabile che sia permesso a questi tre signori di continuare ad insultare e minacciare arbitri ed avversari.

Forse mi e vi pongo troppe domande, forse, da buon interista, sono piangina e paranoico, ma a me pare lapalissiano che tutto quello che ruota intorno al mondo Inter, dentro e fuori dal campo, riceva attenzioni molto, troppo, particolari da parte della stampa specializzata. Comunque non fa nulla, per il rumore dei nemici mi doterò di adeguate cuffie, del resto sentire non serve, di certo sarebbe peggio non poter vedere le imprese di Lukaku & co.