Il 2 agosto si è finalmente concluso il campionato italiano di Serie A, nella stagione più lunga e forse più sofferta di sempre. Come tutti auspicavano, il titolo è stato assegnato sul campo e a laurearsi Campione d’Italia è stata la Juventus di Maurizio Sarri. Tuttavia,  la vittoria del nono scudetto consecutivo della squadra bianconera, benché un unicum nella storia del calcio europeo dei top 5 campionati, è stata accolta in un strano clima, misto di indifferenza e gioia contenuta. Solo i giocatori, che questo successo se lo sono costruito con fatica e orgoglio, hanno festeggiato in campo e negli spogliatoi, e in modo ancora più urlato sui social, cercando con cori e stories di riempire un silenzio surreale.

Il silenzio del rispetto per chi ci ha lasciati.

Il silenzio degli stadi vuoti.

Il silenzio di Piazza San Carlo, di solito palcoscenico privilegiato da cui partono i caroselli della Torino di fede bianconera, e quest’anno tristemente deserta.

Il silenzio colpevole degli avversari che si sono autoeliminati nella corsa Scudetto per tornare a battere un colpo solo a campionato già assegnato, e che hanno scelto di non complimentarsi con la società bianconera (tranne la Sampdoria), dimostrando ancora una volta mancanza di stile e di maturità sportiva. Quando, subito dopo la sconfitta in finale di Coppa Italia, era stata proprio la società bianconera a congratularsi con il Napoli, riconoscendo pieno merito agli avversari.

Il silenzio imbarazzato degli opinionisti che, dopo mesi spesi ad analizzare l’incompiutezza della  “rivoluzione sarriana”, sono stati costretti a riconoscere che se una società resta al vertice per 9 anni consecutivi, pur avendo alternato allenatori/ interpreti/moduli, forse la fortuna/ le fasi lunari/gli arbitri c’entrano sì, ma fino ad un certo punto.

Tutto vero. Ma non è tutto. Anche in un anno così funesto, la vittoria di qualsiasi delle altre pretendenti al titolo avrebbe fatto più rumore.

Il rumore sensazionalistico dei titoli di giornale: “Conte fa lo sgambetto alla sua Juve” “La favola Atalanta ha il suo lieto fine” “Uno scudetto che profuma di rivincita per il patron biancoceleste”.

Il rumore di clacson e trombette dell’altra metà dell’Italia, quella che ha fatto dell’anti-juventinità la sua bandiera.

Il rumore sui social: da un lato i meme divertiti di sfottò contro la Juventus e dall’altro i tweet di elogio per la squadra campione d’Italia, riuscita nell’impresa di interrompere il dominio bianconero.

Ma non è ancora tutto. E non me ne vogliano i tifosi bianconeri, ma è stato il loro silenzio quello che ha fatto più rumore.

Perché di questi 9 anni di record, quello del nono scudetto è l’anno dei record negativi, e il popolo bianconero, notoriamente attento e esigente, le statistiche le conosce bene: l’anno con il minor numero di punti, l’anno con il maggior numero di gol subiti, l’anno del maggior numero di sconfitte, l’anno con la peggiore differenza reti.

Perché Sarri, con il suo recente passato da avversario e il suo stile ‘casual’, non ha mai fatto breccia nel cuore dei tifosi bianconeri.

Perché in un clima già di diffidenza, l’allenatore non è riuscito, realtà sotto gli occhi di tutti, a dare alla squadra quel gioco veloce e spumeggiante per il quale era stato scelto e che si è visto solo a sprazzi.

Perché anche quest’anno la Juventus ha dimostrato poca freddezza e cattiveria nelle finali (l'ultima nell'ordine la Coppa Italia). E nell’anno in cui la Champions League si decide proprio sulla partita secca, parte della tifoseria bianconera appare ormai rassegnata a rimandare ancora una volta il sogno alla stagione successiva.

Perché il tifoso juventino, ingordo e a parere di molti un po’ ingrato, baratterebbe volentieri qualcuno di questi 36 (o 38) scudetti in cambio di una sola, unica Coppa dalle grandi orecchie.

Perché sì, vincere è l’unica cosa che conta; ma quando la vittoria diventa quasi un atto dovuto, anche il come comincia a contare.

Vince quindi la Juventus, nel segno della continuità, mettendo tutti d’accordo forse per la prima volta, tifosi e detrattori, silenziosi nella vittoria i primi, silenziosi nella sconfitta i secondi. E forse è giusto così. In una stagione già abbastanza travagliata e atipica, il calcio italiano sembra aver scelto il silenzio delle cose certe al rumore delle cose nuove.