Stavano girando una scena del film Un Americano a Roma con Alberto Sordi che si agitava nelle torbide acque del Tevere completamente nudo, per burla gli abiti gli erano stati sottratti, alla vana ricerca, fingendosi un policeman statunitense sceso dalla sua Harley Davidson, di un alligatore in fuga nel fiume. 
Che giornata che vivemmo, le riprese durarono fino al tramonto quando il regista Steno decretò a tutta la troupe lo stop ai ciak.  
Un quarto d'ora dopo uscì da un camper tutto ripulito e vestito Albertone che fu immediatamente assediato da un nugolo di persone ed anche da noi ragazzi che andammo a chiedergli l'autografo, lui gentilmente ce lo diede omaggiandolo con una sua foto e mentre firmava sparava battute a non finire: un vero comico nella scena e nella vita, una gran persona! 
Serbai un sontuoso ricordo di quel pomeriggio e così la sera a cena raccontai la storia a papà Renato che a sua volta la narrò il giorno successivo nel suo ufficio stampa ad un redattore di cronaca ed attualità. Quel giorno stesso uscì sui quotidiani romani un articolo riguardante le riprese del film in lavorazione sulle sponde del Tevere che vide protagonista principale Alberto Sordi. Quell'articolo fu premonitore del largo successo di pubblico che ottenne quella pellicola alla sua prima uscita. Ebbi la sensazione di essere stato il primo spettatore in prima fila, sprofondato in una poltrona rossa, a gustarne la visione.

Passarono altri due anni e mi ritrovo in terza elementare nella solita aula e nel solito banco, seduto al mio fianco c'è sempre Giancarlo, quell'anno il suo papà da vigile urbano, mi disse, era stato promosso a comandante di pattuglia, mentre in risposta il mio papà era stato promosso da impiegato in sala stampa trasmissioni a caposervizio: l'Italia in quegli anni cominciava a crescere! In quell'anno sparirono inchiostro, calamaio e pennini a beneficio delle prime penne a sfera. Ne furono felici due persone, la prima fu il bidello Nando, un lavoro in meno al mattino, la seconda fu mamma che contò tanta fatica in meno dovuta al tempo dedicato alla pulitura delle immancabili macchie d'inchiostro su grembiule e fiocco.

Ricordo il giorno delle vaccinazioni, tutti i ragazzi erano disposti in fila indiana nell'aula professori, allestita frettolosamente a medicheria con il busto scoperto in attesa della puntura che il dottore ci avrebbe praticato sull'avambraccio sinistro: si trattava del vaccino antivajolo. Che tempi... una sorta di visita di leva anticipata di una dozzina di anni, ma che ometti che eravamo... non un pianto, non un fiato, tutti in silenzio... oggi intorno alle vaccinazioni se ne dicono di cotte e di crude... eh, sono proprio cambiati i tempi! 
Al giugno di quell'anno, siamo nel 1957, sostengo gli esami per l'ammissione alla quarta elementare, ad accompagnare la nostra maestra Emma negli scrutini ci sarà una professoressa esterna, ma tutta la classe grazie ai suoi insegnamenti li superò brillantemente, e la nostra 3^C fu l'unica classe di tutto l'istituto ad aver ottenuto l'en plein!  La maestra Emma la settimana seguente fu chiamata dalla Preside ed ottenne una nota di merito dal Provveditorato agli Studi.

Nell'Ottobre successivo, fino alla fine degli anni '50 le scuole in tutta Italia iniziavano il primo di ottobre, ci ritrovammo tutti all'ingresso della Niccolò Tommaseo per frequentare la quarta elementare. Entrammo chiassosi ed euforici nella nostra solita aula ed ognuno di noi andò ad occupare il solito posto. Tutti in ansiosa attesa di riabbracciare la nostra maestra Emma. 
Passa qualche minuto e nel frattempo noi, intenti a raccontarci le storie delle nostre vacanze, non ce ne eravamo accorti quando il bidello Nando aprì la porta per far entrare la Preside accompagnata da un signore: "Ragazzi vi presento il maestro Giorgi. Purtroppo debbo darvi una triste notizia, la vostra maestra Signora Emma Dal Pozzo è venuta a mancare un mese fa, il vostro nuovo maestro vi sarà vicino in ogni momento e vi aiuterà a superare questa delicata situazione per tutti noi. Vi auguro un buon lavoro".
Nell'aula cadde un silenzio assoluto, un tenebroso gelo per svariati, interminabili minuti, solo qualche singhiozzo interrompeva quella triste e per noi gelida mattina di ottobre. Il sabato successivo tutta la classe 4^C si recò con il maestro Giorgi al cimitero del Verano e tutti in fila, ciascuno con un candido giglio in mano, rendemmo omaggio alla nostra maestra Emma. Il capoclasse Lorenzo depose sulla lapide un quadretto, ancora lì annerito dal tempo, riportante questo scritto:

         Cara Maestra Emma, forse il suo Angelo Custode Le voleva troppo bene.

         Tutta la sua classe La ricorderà per sempre. I ragazzi della Via Ostiense.


Nel giorno dei defunti di ogni anno mi reco al cimitero del Verano per rendere omaggio ai miei parenti defunti, e poi mi allungo verso un'ala più lontana per ricordare in quei pochi minuti la voce, le raccomandazioni e gl'insegnamenti della mia prima ed indimenticabile Maestra Emma Dal Pozzo.

                                                                           

Un abbraccio.

Massimo 48


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