Giunti a metà della stagione è tempo dei primi bilanci in casa Inter, e ad un primo sguardo la situazione è la seguente: “titolo” di Campione d’inverno mancato di un soffio, superamento del girone di Champions più difficile sfiorato e una coppia d’attacco con all’attivo la bellezza di 31 gol equamente spartiti, una squadra con una rinata cattiveria e voglia di vincere e una solidità che mancava da tempo, insomma, un sogno rispetto a come si era conclusa la stagione precedente.

E invece, a mio avviso, non è tutto oro quel che luccica. Perché se si vanno ad analizzare più nel dettaglio i vari punti ci accorgeremo che in tutto questo ci sono molte più imperfezioni di quelle che sembrano, piccole crepe abilmente nascoste dallo stratega Conte, ma ancora visibili e pronte ad emergere al primo inciampo di un gruppo che ad ora sta volando sulle ali dell’entusiasmo e della coesione. Sì perché a Conte riconosco di aver instillato in ogni singolo giocatore una cattiveria e una fame che a Milano non si vedevano da troppo tempo, di aver debellato quell’istinto masochista da sempre innato nel DNA nerazzurro ed aver incrementato le convinzioni e le aspirazioni del gruppo una vittoria alla volta. Ma se andiamo a leggere l’organico di questa Inter ci accorgeremo che ci sono molti ottimi giocatori, tantissimi guerrieri, ma ben pochi top player.
Qualcuno dirà che anche il primo anno alla Juve aveva una squadra di gregari e riuscì comunque a riportare a Torino lo scudetto, ma non bisogna dimenticare che quell’anno c’era un solo avversario degno di questo nome, ovvero il Milan, che perse il campionato con le sue mani, mentre quest’anno ci sono due squadre che giocano un calcio tra i più belli (Atalanta) ed efficaci (Lazio) d’Europa, oltre ad una corazzata, capitanata da un mostro sacro come Ronaldo, che sembra molto più difficile da spodestare rispetto a quel Milan che sì aveva appena vinto lo scudetto, ma aveva ben altri giocatori rispetto a questa Juve.
Detto ciò, la palla è tonda, e non è impossibile che l’Inter vinca il campionato, ma mi sento di dire con una certa convinzione che la cosa è assai difficile. Perché il gioco di Conte è un gioco fatto di quantità, non di qualità, e non sempre la quantità è sufficiente. Perché in partite contro squadre inferiori è sufficiente creare una decina di palle gol e si può esser sicuri che almeno un paio nella maggior parte dei casi finiscano in porta, e sommando a questo una grande attenzione in fase difensiva si può sperare di riportare a casa la partita. Ma contro le grandi squadre poter creare una decina di palle gol è molto più difficile, ed è qui che diventa determinante saper approfittare di quella mezza occasione per castigare l’avversario, e l’Inter è carente di questo tipo di giocatori, ed è carente pure di giocatori in grado di crearle queste occasioni.

Mi spiego meglio: lasciando da parte il reparto difensivo, che nonostante qualche imperfezione dovuta anche al cambio modulo credo di poter dire sia uno dei più completi d’Europa, a centrocampo gli unici giocatori di qualità sono Brozovic (che ogni anno che passa dimostra sempre di più il giocatore che è, onnipresente e in grado di verticalizzare in un’istante un’azione apparentemente innocua) e Sensi, straordinaria sorpresa, quasi insperata oserei, che però dopo uno splendido inizio di stagione è rimasto ai box per ben tre mesi. Per il resto abbiamo due esterni, Candreva e Biraghi, che per quanto possano macinare chilometri su chilometri non hanno la qualità per inventare una giocata, saltare l’uomo e creare la superiorità numerica o pescare l’attaccante con un cross col contagiri (parlando del primo nemmeno di crossare e basta), si limitano a giocare da terzini aggiunti e compensare le carenze tecniche con l’agonismo.
Spostandoci più nel centro del campo abbiamo Barella, che a me piace tantissimo ma che non è propriamente il giocatore alla Iniesta con nelle sue corde giocate illuminanti, e Vecino e Gagliardini, due buonissimi giocatori, ma anche in questo caso la quantità domina ampiamente sulla qualità.
Ed arriviamo dunque all’ultimo reparto, l’attacco. La temibile LuLa, incubo delle difese, è composta dall’unico giocatore veramente sopra la media ed in grado di fare la differenza, Lautaro, un mix di garra e giocate di classe che lo rendono un prospetto di top player che si sta affermando di giorno in giorno, e da Lukaku, giocatore che impersonifica il modo di pensare di Antonio Conte, forza fisica, impegno, corsa, quantità, ma di qualità nemmeno l’ombra. Sia chiaro, se incontrassi Lukaku potrei solo ringraziarlo per quello che sta facendo, ma non ritengo sia un top player, perché come ho già scritto è quel giocatore che ha bisogno di una decina di palle gol per buttarne un paio in porta (ne sono la prova le tre partite in sequenza contro Roma, Barcellona e Fiorentina, dove diversi suoi gol sbagliati incredibilmente davanti alla porta ci hanno negato la qualificazione in Champions e due vittorie in più in campionato), ed è più che sufficiente per il 90% delle partite stagionali, ma ci sono quelle partite in cui c’è bisogno di altro, per fare un esempio di un rapace come Icardi, in grado di vincere da solo una partita con mezzo pallone toccato, ma so che molti non saranno felici di questa frase. Non è un caso che Lukaku abbia fatto solo due gol nei gironi di Champions, per altro contro lo Slavia Praga, contro i cinque di Lautaro, contro avversari di ben altro livello.

Ad avvalorare la mia tesi circa l’esaltazione della quantità a discapito della qualità adottata da mister Conte, in questa stagione l’Inter ha sfidato solo quattro squadre di grande livello, ovvero Juventus, Barcellona, Borussia Dortmund e Atalanta (non me ne vogliano i tifosi della Lazio, abbiamo avuto la fortuna di sfidarla in un momento in cui non era al top della forma altrimenti sarebbe senz’altro in questa lista, e quasi sicuramente il risultato sarebbe stato diverso, o quelli del Napoli, che al momento sta vivendo una crisi senza fine) e al netto di prestazioni più o meno buone, siamo riusciti a vincere soltanto contro il Borussia, perdendo poi malamente lo scontro successivo.

Parlando poi dell’ultima partita, quella con l’Atalanta, dal momento in cui sono finite le energie di Sensi (alla prima da titolare dopo l’infortunio), l’unico collante tra attacco e centrocampo, usando un modo di dire, “ci hanno preso a pallonate”. E mi stupisce che Conte si offenda se un Fabio Capello qualunque gli dice che le sue squadre si basano sul contropiede, perché, nel secondo tempo specialmente, si notava palesemente una linea difensiva a cinque molto bassa in fase di ripiegamento con i tre centrocampisti a breve distanza per cercare di recuperare il pallone e poi lanciare lungo sul petto di Lukaku (unico giocatore rimasto in avanti) sperando che inventasse qualcosa insieme al suo compagno di reparto. E neanche la rosa corta ritengo sia una giustificazione, perché ad agosto sono stati spesi quasi 200 milioni per accontentare le pretese di Marotta e Conte, e dato che la rosa era corta l’anno scorso e che quest’anno sono stati acquistati quattro giocatori e ne sono stati venduti tre, era impossibile che non ci trovassimo nella stessa situazione.

Forse vedo il bicchiere mezzo vuoto senza motivo, ma non mi stupirei se dopo tanto clamore, milioni spesi e giocatori svalutati e cacciati, questa stagione si concludesse esattamente come la scorsa, con un posto tra le prime quattro in campionato, una mancata qualificazione agli ottavi di Champions e nient’altro.