13 maggio 2012. In un caldo pomeriggio primaverile, sotto gli occhi di ottanta mila spettatori, andava in scena una delle pagine più commoventi della lunga e gloriosa storia rossonera. Milan-Novara, ultima giornata di campionato, il risultato finale poco importa, Milan saldo al secondo posto, la Juve, già campione d'Italia, dista 4 punti, e dietro, l'Udinese è ferma  a -16. In realtà, questa partita sarà ricordata da diversi cuori rossoneri in maniera speciale, una giornata di lacrime, una giornata di ultime volte, una giornata di addii. 

Dopo il fischio d'inizio dell'arbitro Velotto, inaspettatamente, è la squadra ospite ad andare in vantaggio: al 20', su sviluppi da calcio piazzato, Sergio Garcia insacca alle spalle di Marco Amelia. Il pareggio arriva nella ripresa, sul tocco di Cassano, Flamini scarica un preciso destro all'angolino che non dà scampo a Fontana. E poi... minuto 22, Allegri chiama il cambio, fuori Cassano, dentro Pippo Inzaghi, boato assordante di San Siro. Gli basta pochissimo per fare ciò che sa fare meglio, meraviglioso assist di Seedorf, stop di petto e tiro al volo, 2-1. Nel vedere Pippo correre a braccia aperte verso la bandierina, qualcuno, già, non riesce più a trattenere le lacrime. I pilastri che, per quasi un decennio (alcuni anche più), hanno calpestato il manto soffice del Meazza, hanno alzato al cielo i trofei più prestigiosi e hanno continuamente onorato i colori rossoneri, dalla domenica successiva, non vestiranno più la maglia che hanno contribuito a rendere grande.    

Uno tra i migliori difensori centrali della storia del calcio, passato dalla Lazio al Milan nel 2002, con Paolo Maldini formava una coppia davvero impenetrabile. Senso della posizione straordinario, letture dell'azione fuori dal comune e mostruosa capacità d'anticipo. Negli ultimi anni, ha trasformato Thiago Silva, un giovane centrale brasiliano, nel miglior difensore del periodo dopo il suo ritiro. Grazie Alessandro Nesta.

Un trequartista, una mezzala, un incontrista, dotato di una tecnica sopraffina, di un tiro formidabile e di una visione di gioco superiore alla media. Proveniente dall'Olanda, stessa nazione del trio che dal 1987 ha illuminato le vite degli appassionati di calcio. Unico giocatore a vincere la coppa dalle grandi orecchie con tre squadre diverse. Gli sono serviti tre anni in nerazzurro per accorgersi di essere nella squadra sbagliata di Milano, trasferimento alla corte di Ancelotti e subito Champions League. Dal 2006 ha vestito la celebre maglia numero 10, riservata (almeno fino al suo addio) solo ai più grandi. Grazie Clarence Seedorf.

"Se in un campo di calcio a 7, si giocasse 200 contro 200, state certi che il primo gol lo fa Inzaghi" (Arrigo Sacchi)     "Quando arriverà la fine del mondo si salveranno solo tre persone: il presidente degli Stati Uniti perchè è il più importante, il Papa perchè è protetto da Dio e Inzaghi perchè è sempre nel posto giusto al momento giusto" (Sir Alex Ferguson). Definito, talvolta, un attaccante tecnicamente scarso, non capace di dribblare o di fornire assist, in carriera ha segnato 316 gol e, con 70 marcature, è l'italiano più prolifico in competizioni europee. Protagonista assoluto della notte di Atene del 2007, prima deviando la punizione di Pirlo, poi, superando Reina e appoggiando in rete. Immarcabile, maestro di movimenti in area, infallibile sotto porta, si è meritato la stima delle persone più influenti di questo sport e sarà sempre ricordato come la punta che tutti vorrebbero. Grazie Pippo Inzaghi.

Un centrocampista con una scarsa tecnica di base, non altissimo e non velocissimo, ma sempre titolare, inamovibile, instancabile, al fianco di Seedorf e Pirlo in un centrocampo da sogno. "Quando vedo Pirlo con il pallone, mi chiedo se posso essere considerato un calciatore" disse nel 2007, eppure era sempre lì, sempre nell'undici di partenza, pronto a impregnare di sudore la maglia numero 8. Correva, correva e non si fermava mai, non tirava indietro la gamba, era l'ultimo a mollare, recuperava palloni e, se veniva richiesto, seguiva un avversario anche in tribuna. Lottatore in mezzo al campo, vero uomo fuori, nelle mille difficoltà, sempre sincero e corretto. Ringhio, mai soprannome fu più azzeccato. Grazie Rino Gattuso.

Quel pomeriggio, loro quattro salutarono la curva sud in lacrime, i tifosi li omaggiavano con striscioni e cori. Quel pomeriggio fu festa grande. Quel pomeriggio il capitano era proprio il numero 8. Alla tv, un ragazzino di 12 anni assisteva, più triste che mai, all'addio del suo idolo. Seduto, i gomiti inchiodati alle gambe che tremano, le mani unite, sulle quali è appoggiato il mento e, infine, gli occhi, gli occhi lucidi, commossi, incollati al teleschermo. Nulla lo può distrarre, se non un sogno, un sogno che coltiva da molto tempo, il sogno di indossare, almeno una volta, quella maglia numero 8. 

Negli anni successivi l'eredità dell'8 non è stata esaltata come meritava. Indossata, nella stagione 2012/13 da Antonio Nocerino, dopo un anno con la 22 in cui aveva realizzato la bellezza di 10 gol, beneficiando delle sponde di Ibra, non è riuscito a ripetersi dopo il trasferimento dello svedese al PSG. Successivamente, il giovanissimo Riccardo Saponara ha avuto la responsabilità di portare quel numero sulle spalle, senza successo, totalizzando solo 8 presenze in rossonero.(che coincidenza). Dal 2015 è passata a Suso, nonostante un primo anno di difficoltà, terminato con il prestito al Genoa, ha finalmente rialzato questa maglia diventando, per diversi anni, il perno del gioco: esprimeva uno schema spesso prevedibile, finta verso il mancino e cross, ma raramente bloccato dai difensori. Con la sua cessione al Sevilla, il numero 8 è rimasto vacante per quasi 8 mesi. (quanto ricorre questo 8)

A distanza di 8 anni dall'addio al calcio giocato dell'ultimo grande numero 8 rossonero, questa maglia ha finalmente trovato un nuovo proprietario. Il ragazzo, che a 12 anni assisteva a Milan-Novara, molto più maturo di allora, è pronto a rappresentare il diavolo con la maglia del suo idolo. Più maturo, certo, ma, a vent'anni vive ancora l'innocenza di un bambino e, la sera prima della firma, ha chiamato il suo idolo, ha chiesto il permesso con umiltà, caratteristica mancante in molti giovani prospetti del calcio.

Il ragazzo è Sandro Tonali, cuore rossonero fin da bambino, fan numero uno di Gattuso, proveniente dal Brescia come Pirlo, l'amico e compagno di Ringhio, e, spesso, accomunato ad Andrea per il gioco che offre. Ora tocca a lui, deve dimostrare di meritare la maglia di un club così prestigioso, dimostrare di valere il paragone azzardato e pericoloso che lo ha accostato ad un mostro sacro del calcio italiano e internazionale, ma soprattutto, deve rendere orgoglioso il suo idolo.

Niente pressioni Sandro, goditi questa esperienza!!