Chissà se Allegri si è divertito guardando l’Ajax annientare il Real Madrid, ovvero il 21° club per ranking che sculaccia il 1° al mondo.
Eppure quella del coefficiente UEFA sembrava una scusa buona per giustificare la pietosa prestazione in casa dell’Atletico, che tra l’altro precede i bianconeri di una sola posizione. Un patetico tentativo pari solo al mantra dei perdenti che si appellano al fatturato.
In ogni caso, non credo che il buon Max si sia trattenuto a lungo davanti la TV: in fondo si sa, il calcio totale lo annoia. Piuttosto credo che lo sviluppo ad alta intensità dell’ennesima azione corale degli olandesi – che insolenti infierivano sui resti delle merengues - abbia portato il tecnico bianconero a preferire il cinema, con lo spettacolo adrenalinico di un film muto in bianco e nero.

Ma forse Allegri ha sbagliato solo disciplina. In medicina sarebbe ricordato come un pioniere con il suo calcio narcolettico, un rimedio naturale per chi soffre di insonnia. Nel campo della scienza avrebbe rivoluzionato la matematica eliminando le fastidiose variabili ed esaltando i numeri primi, soprattutto gli 1 a 0. Nella letteratura sarebbe alla stregua dei grandi poeti sudamericani con la sua “halma” de Cuba, un’opera che narra le gesta di un fenomeno che, senza compañeros in attacco, si avventura in “cent’anni di solitudine” mentre, impavido, cerca di scongiurare la “cronaca di una morte annunciata” contro il gaucho Simeone.
Ma è nel campo della musica classica che Allegri rappresenterebbe il Max esponente.
In qualità di direttore d’orchestra sinfonica sarebbe capace di far interpretare ai suoi l’Adagio in sol minore come nessun altro.
Tuttavia, Allegri si è riciclato nello sport, e poco importa se il suo modo di fare calcio è piacevole quanto un brufolo sul naso al primo appuntamento. Semmai il problema è che, per anni, in Italia si è pensato che fosse anche un calcio proponibile. E forse il mondiale di Lippi e il triplete di Mourinho hanno fatto più male che bene al calcio nostrano, infondendo la convinzione che un sistema di gioco estremamente tattico e speculare, basato più sulla fisicità e la corsa piuttosto che sul fraseggio e l’intensità, possa rappresentare l’alternativa vincente al calcio propositivo.
Purtroppo non è cosi, e per fortuna direi. Perché il cinema muto in bianco e nero non mi entusiasma, e sono piuttosto allergico al circo a cui faccio eccezione sono per ballerine e trapeziste.

Intanto, è di questi giorni, una consapevolezza nuova: il calcio pane e pomodoro è superato. E così che tra i media, gli addetti e gli esperti si ostenta l’ebbrezza nel cavalcare l’ovvietà, quando ormai è troppo tardi. Un opportunismo (ad esser buoni) che non fa onore.
Nel frattempo, tra gli appassionati, c’è addirittura chi si riunisce intorno ad un tavolo per evocare lo spirito di Sacchi, come la liberazione ai mali del calcio italiano. Altri fanno penitenza per averlo tacciato come eretico con un peregrinaggio a piedi che, in alcuni casi, parte da Vibo Valentia e arriva fino a Fusignano.

Eppure c’è chi ancora deve ravvedersi, anche se qualche dubbio comincia ad averlo: Andrea Agnelli. Il giovane presidente ha dedicato anima e corpo alla causa bianconera, ha investito tantissimo e fatto il possibile e l’impossibile, ma proprio non gli riesce di andare oltre i trofei nazionali, ovvero un palmares da calcio locale più che globale (dal vangelo secondo Arrigo alla voce Rosenborg). Ha costruito uno stadio che è un gioiello (seppur non molto grande) e strutture accoglienti e all’avanguardia nell’area della Continassa, ha organizzato la società all’insegna della competenza, ha rilanciato il brand in campo internazionale e nei mercati, ha speso più di 1000 milioni nell’ultimo decennio per allestire una rosa incredibile, ha preso il giocatore più forte al mondo, per qualcuno gode anche dei condizionamenti psicologici degli arbitri (e del VAR), malgrado ciò... non va oltre lo scudetto.
Insomma, Agnelli le ha provate tutte, o quasi. Addirittura c’è chi sostiene che abbia lasciato la Sig.ra Winter (W inter) perché pensava portasse sfiga.
Ma non ha capito che il problema è lì, davanti ai suoi occhi, e la soluzione più facile di qual che si pensi.
Dai Andrea, ormai ci siamo, lo hanno capito tutti e ce la puoi a fare anche tu. Per il bene della Juve, ma anche del calcio nostrano: #Allegriout.