Sono uno di quelli che il calcio... lo “ascoltavano”, negli anni '70, con l’orecchio incollato ad una radiolina a transistor.
I nati nel terzo millennio e dintorni non possono certo sapere e forse non riuscirebbero nemmeno a immaginare.
Allora proverò a spiegare...

Le partite del campionato di calcio si giocavano esclusivamente di domenica pomeriggio, e tutte in contemporanea.
Il concorso a premi abbinato al calcio era Uno, Unico e Indivisibile, veniva chiamato “Totocalcio”, bisognava indovinare il pronostico delle 13 partite riportate sulla schedina, tutte di tornei nazionali: otto della seria A, tre della B, e due della C.
Il televisore, era a due colori... bianco e nero. Veniva chiamato “piccolo schermo”, perché la massima dimensione commerciale era di 27 pollici, se si desiderava uno schermo più grande non restava che andare al cinema.

Non potevi sbagliare, i canali erano due, tutti della Rai: Rai 1 e Rai 2 che trasmettevano soltanto in determinate fasce orarie.
Anche il lessico era povero e semplice, con termini oggi desueti: il libero, lo stopper, e i gol da fuori area, assai rari per la verità, venivano addirittura appellati con una certa enfasi: “Eurogol”. L’espressione “tiro a giro”, per esempio, non era stata ancora coniata, soprattutto perché se ne vedevano pochi...…in giro di simili tiri, essendo i palloni dell’epoca più pesanti di quelli attuali.

A proposito di Europa, anche le coppe internazionali erano indicate con termini dagli accenti alquanto aulici: dei Campioni, delle Coppe, delle Fiere. Terminologia che rimandava più ad epopee classiche, che non ad un torneo di pallone.

Cosa si sapeva delle condizioni fisiche di un calciatore? Nulla, perché questo genere di informazioni sembrava coperto dal... segreto di Stato.
Le nozioni di anatomia erano, all’epoca, patrimonio di pochi eletti, infatti di rado si parlava di distorsioni, affaticamenti, lesioni e ancora meno si sapeva di adduttori, bicipiti femorali, flessori….. con relative prognosi. Si appurava che un giocatore era guarito quando lo si vedeva scendere in campo, non prima.

Le decisioni arbitrali contestate potevano essere riviste soltanto alla “moviola”, ma le immagini del suo infernale monitor, doppie e sfocate in …….50 sfumature di grigio, lasciavano nel disorientato telespettatore molti dubbi e... nessuna certezza.

Vedere il cacio alla tele non era certo facile, relegato com’era nei bassifondi del palinsesto televisivo.
La trasmissione più importante andava in onda su RAI 1, la domenica in seconda serata, ed era denominata: “La Domenica Sportiva”.
Soltanto nell’autunno del 1970 venne alla luce “90° minuto” trasmissione della domenica pomeriggio, per molti versi rivoluzionaria, ma questa è un’altra storia…

Tuttavia …, tuttavia nella galassia asfittica dell’informazione sportiva, brillava di luce propria la stella di: “Tutto il calcio minuto per minuto”, trasmissione radiofonica che, nell’etere di un’Italia ancora affamata di calcio, mandava in onda le partite in diretta. Solo i secondi tempi, per la verità. 
Descrivere però le radiocronache calcistiche di quegli anni come un mero strumento di informazione sarebbe un… peccato mortale. Perché esse riuscivano a rappresentare l’evento sportivo con una narrazione che arrivava sempre dritta al cuore dei tifosi, mettendoli in condizione di toccare il cielo con un dito oppure di sprofondare all’inferno in un secondo.
Solo i cronisti radiofonici, infatti, erano in grado di trasformare la cronaca della partita in una vera e propria prosa calcistica d’autore, in grado di evocare immagini di gioco che si materializzavano magicamente nella fantasia dell’ascoltatore.

Citandone solo alcuni, rischierei di fare torto a tanti altri, ma consentitemi soltanto di menzionare per tutti: Enrico Ameri e Sandro Ciotti, vale a dire gli inviati dai due campi “principali”.

Mi sembra ancora di sentire l’eco delle inconfondibili voci dei profeti della radiocronaca, capaci di donare senso e colore anche alle più grigie e banali domeniche invernali.

Insomma parlo di quelli che il calcio… te lo raccontavano come fosse una fiaba!
Professionisti ammirati per competenza ed imparzialità. Amati incondizionatamente dai tifosi di ogni squadra, età, e contrada.

Un manipolo di pionieri di un’epoca romantica che, vista dalla prospettiva odierna, somiglia molto da vicino al paleolitico del calcio.

E sì, perché oggi gli highlights delle partite vanno in onda h24, in 4k e pure in 3D per il pubblico più esigente, e i referti medici sono comunicati, urbi et orbi, in eurovisione dalle ortopedie chirurgiche di mezzo mondo.

La TV dei nostri tempi non si limita semplicemente trasmettere una partita di calcio, ma si prende la briga di “vivisezionarla” letteralmente, attraverso zoomate sensazionali su ogni ciuffo d’erba e zolle di campo inquadrate da mille angolazioni.

Grazie all’impiego di sofisticate tecniche di analisi computerizzata, adesso disponiamo in tempo reale delle necessarie informazioni circa l’andamento, minuto per minuto, dei parametri di ……. traspirazione di ogni singolo calciatore. Ovviamente è possibile anche misurare un fuorigioco con l’approssimazione del micron.

Cosa dire quindi ai nati nei dintorni del terzo millennio, fruitori di uno strabiliante calcio tecnologico, disponibile anche su smartphone e figlio di un progresso che pare inarrestabile ?

A loro vorrei dire soltanto che ……mi dispiace sinceramente, perché non potranno mai provare la magia del fascino antico che solo le radiocronache degli anni 70 hanno saputo regalarci.