Per quasi vent'anni la si ricordava a memoria. Come un Padre nostro, l'Ave Maria, per un credente, una canzone di Rino Gaetano o De Andrè, che a molte generazioni di oggi, forse, sembrano cosa da medioevo.
Trapattoni, come allenatore. Zenga e l'uomo con il baffo, Malgioglio, in porta. Il trio di ferro, lo zio Bergomi, Ferri, e Mandorlini, il biondo Brehme,e poi il formidabile Matthaus, lo spilungone e sempre sorridente, Berti, Bianchi, Serena, che sarà anche capocannoniere in quella stagione e Diaz. Sarà l'anno del tredicesimo scudetto, il primo della mia storia da interista.
Quelli che non si dimenticano, mai.
Non è stata l'Inter la mia prima squadra. E' stata la Juventus, ma tiferò per la Juventus solo per qualche settimana,  poi, mio papà, mi trascinerà nella storia dell'Inter e da quel momento, avevo 8 anni, non lascerò più i nerazzurri. Il primo scudetto ricordo che lo festeggiammo con una bandiera enorme, che sventolava da quella che era la Fiat Uno, grigia. Da Vibo a Tropea, in Calabria, dove gli interisti non mancavano di certo. La sciarpa dell'Inter che ricorda i suoi 80anni, mi ha accompagnato ovunque, durante il percorso da quel momento,da bambino fino ad oggi, che vivo nel profondo NordEst, in Friuli Venezia Giulia, oltre 1200km di distanza, di storia, di passione, di speranze. Quel speriamo che, con l'Inter, è sempre stata una normalità. Tifare Inter significava soffrire, non dico mai una gioia, quelle arriveranno, ma incazzature sportive, sane, quelle,sì. Erano e sono ancora oggi all'ordine del giorno.

Ti chiedi come è possibile che, pur cambiando proprietà, giocatori, uomini, protagonisti, accadono puntualmente sempre le stesse cose.  Polibio diceva che la storia è ciclica. Sicuramente questa regola vale in casa Inter.

La parentesi d'oro degli anni 2000 che porterà al triplete, sapevi che sarebbe stata una parentesi, irripetibile a breve termine, perchè l'Inter è così che funziona, ma sempre con la speranza che le cose possano cambiare. Quel speriamo che, che mio papà sicuramente, dal mondo invisibile in cui ora si trova, continuerà a ripetere. Perchè sono certo che continuerà a interessarsi di Inter, anche dall'altro mondo. Non si lascia mai l'Inter.

Alla fine noi interisti non è che pretendiamo miracoli. Chiediamo rispetto, rispetto per la storia di questa società, squadra, maglia. Devi dare tutto. Carattere, volontà, determinazione. Puoi essere anche uno scarparo come si suol dire nel gergo. Non importa. Ma se metti in discussione tutto ciò, il rispetto, la maglia, prendendo in giro quella che dovrebbe essere una tua famiglia, non avrai sicuramente il mio di rispetto e degli interisti. 

Questa riflessione forse ai più non dirà niente, è un pensiero che ho voluto di getto buttare qui, condividere con quel mondo del calcio che vivo da tifoso, critico.  Perchè anche se l'Inter alla fine ti offre più delusioni che soddisfazioni, da interista, lo sai, che ciò fa parte della storia dell'ex biscione.  Ma ciò che si trova intollerabile è la mancanza di rispetto per questa maglia.
Nell'Inter di esempi, di simboli viventi ve ne sono ancora tanti da cui imparare qualcosa, uno per tutti, sicuramente colui che è stato probabilmente il vero ultimo capitano, Zanetti. Ce ne fossero 11 di Zanetti in campo, probabilmente racconteremmo oggi una storia non di delusioni, ciò a prescindere dal risultato sportivo. Tutto qui.