In un San Siro vuoto, il Milan ha dominato un Parma indecifrabile, a tratti in balia dei rossoneri, ma in altri pronto a colpire come un cobra. Al vantaggio parmense, i rossoneri hanno risposto con tre gioielli di Kessie, Romagnoli e Chala. Ora i preliminari di Europa League sono vicini (6 punti di vantaggio a disposizione su 15 da assegnare) e, battendo l'aspidico Bologna, si potrebbe fare un pensierino al 5° posto della Roma, se i giallorossi perdessero contro l'Inter. Diciamola tutta, però, e senza remore. Il Milan ha giocato per 55 minuti in 9 uomini, a causa della prestazione disastrosa di Biglia nonché per le difficoltà evidenti di Ibra. Uscito l'argentino, giocatore ormai finito da tre anni e inspiegabilmente pagato 20 milioni da Mirabelli, il Milan ha giocato comunque in 10 uomini, perché Ibra ha continuato a non prenderne una. Costretti a mettere pezze alle prestazioni dei due compagni, i rossoneri hanno rifiatato per alcuni minuti intorno al 35' di entrambi i tempi, passando in svantaggio nel primo (Biglia non copre e insegue invano Gervinho, come un ronzino bolso), rischiando poi di rimettere in partita gli emiliani nel secondo. Pioli potrebbe dire, con ragione, che Bennacer doveva riposare, ma a quel punto non sarebbe stato meglio mettere in campo qualcuno con meno nome ed esperienza di Biglia, ma con i polmoni per correre e i riflessi più vispi dell'oggetto misterioso argentino?

In un certo senso la partita col Parma è un bilancio postumo dell'all-in di Mirabelli (e Fassone). Sono spariti nel dimenticatoio il pachidermico Rodriguez, il volenteroso ma mediocre Borini, lo specialista André Silva degli exploit di un mese seguiti dalla mediocrità (ha ormai 25 anni, ma è giovane oh e va atteso), Musacchio già emarginato prima dell'infortunio, nonché il tempista Kalinic che abbandonò la Croazia prima che andasse in finale di Coppa del Mondo. Ieri arrancava tristemente per il campo la vecchia gloria Biglia. Conti, ormai ripresosi da una vita, si guadagna la pagnotta senza però mostrare di avere ulteriori margini di miglioramento. In tutto questo fallimento, dobbiamo, tuttavia, dare atto a Mirabelli di aver portato in rossonero gli ottimi Kessie e Chala, da due anni accusati di essere bidoni, per poi essere stati adottati negli ultimi tempi dalla tifoseria. Se ciò alza la media voto di Mirabelli, quantomeno al 5, abbassa a 2 quella della tifoseria e rende del tutto inattendibile il suo giudizio.

Parlando di inattendibile tifoseria, da ieri sera gira la parola d'ordine che non si può criticare Ibra, perché trascinerebbe la squadra. Certo, come ho fatto notare nei giorni scorsi, il gol del pareggio contro la Spal e quello del vantaggio contro il Napoli non sarebbero venuti senza la presenza dello svedese in campo, che distraeva gli avversari. Però questo non vuol dire che contro il Napoli e il Parma Ibra non sia stato nullo, in ritardo su tutti i palloni e incapace di una triangolazione decente, buono solo a fare falli e a protestare. E' comprensibile che a 40 anni, avendo saltato due settimane di preparazione per l'infortunio, sia in ritardo. Però non può condizionare Pioli protestando a Napoli per la sostituzione, costringendo il tecnico a lasciarlo in campo fino alla fine col Parma. Uno così, decisivo nel bene, diventa pericolosissimo, quando dimentica di essere un calciatore e non il proprietario del club. Bravissimo, ancora utilissimo, si potrebbe anche confermare un altro anno, ma non ha il senso della misura.

Com'è ovvio, il clima pro-Ibra si accompagna al clima pro-Pioli, tecnico che in 17 anni di carriera ha raggiunto un terzo posto contro la Lazio e poi più nulla, accumulando quattro esoneri e, in un caso, le dimissioni. Possibile che fosse un Mago Herrera incompreso che ora finalmente raggiunge i giusti allori? Ho l'impressione, tuttavia, che il fronte anti-proprietà stia soffiando sul fuoco per imporre la presenza di tutti gli elementi in urto con Elliott e Gazidis. Quasi che sia meglio Oronzo Canà che provare a crescere. Vivere nel proprio orticello coltivando i ricordi del buon tempo antico, con l'allenatore bonario e ciò che resta del passato... ah! Una specie di arcadia calcistica che farebbe diventare i rossoneri la mascotte del campionato, la squadra simpatia benvoluta da tutti, perché tanto le basta il piccolo cabotaggio e il clima da comitiva in gita. E poi quali sarebbero le critiche alla società? Semplice: di voler fare la rivoluzione. Gli stessi che criticano, dicono che basterebbero un terzino, un centrale, due centrocampisti e un attaccante. Se connettessero il cervello, noterebbero che si sta puntando a un terzino, un centrale, due centrocampisti e un attaccante. E allora? Allora la rivoluzione sarebbe quella di cambiare allenatore per sostituire Pioli, il cui merito è fare meglio da un mese di Giampaolo che, essendo a sua volta un collezionista di esoneri, le ha sbagliate tutte. Ma questa non è rivoluzione, bensì proprio ritoccare la squadra migliorandola dove si può. L'allenatore è uno di quei punti in cui, carriera dell'interessato alla mano, si può migliorare.

Il Lipsia, creatura di Rangnick, sta facendo molto bene in  Champions. E' frutto di un lavoro di anni del tedesco, non di un mese e mezzo. Perché, quindi, avere paura dell'arrivo di Rangnick? Forse perché viene da fuori e romperebbe l'unità della comitiva? Una società e una dirigenza non dovrebbero mai limitarsi a considerazioni di breve periodo. Mai e, soprattutto, non dovrebbero ascoltare i cultori romantici del passato che vivono di suggestioni e simpatie.