Ma come Emanuele84, anche oggi un nuovo pezzo?” – “Hai ragione Arsenico17 mi avevi detto di conservare un po’ di vena creativa per ottobre, ma sai, come ti dicevo io sono fatto così. Se mi parte l’embolo devo andare diritto per la mia strada e scrivere di getto, ma ti prometto che anche per ottobre avrò qualcosa da scrivere” – “Ma si lo so, la mia era una battuta” – “Lo avevo capito, ma se non polemizzo anche sulle battute, ormai hai capito come sono fatto!”

Stamane è andata presso a poco così. Mi son svegliato ispirato dai miei due pezzi di ieri, ma con l’intenzione di scrivere qualcosa riguardo la mia amata Lazio che stasera disputerà il recupero della prima giornata di Campionato, Lazio-Atalanta. Però poi mi sono imbattuto in un articolo del blogger Matteo Capitoni intitolato così: Società ostaggio dei propri dipendenti: la UEFA intervenga!
Neanche a dirlo, le mie buone intenzioni di non fare un articolo polemico sono andate in fumo in men che non si dica. Già sento riecheggiare nella mia testa le parole di Arsenico17 “non lo fare Emanuele, non lo fare”. Ed invece… Dannate cose che mi piacciono - Ci son cascato di nuovo - Ci son cascato di nuovo - -Pensi sia un gioco - Vedermi prendere fuoco”.

Non me ne voglia il Prof. Giampiero Proia, ordinario in Diritto del Lavoro presso l’Università RomaTre, ma non me la sento di rispolverare il mio vecchio testo universitario della materia suddetta per puntualizzare su come sia errata la sua premessa del licenziamento senza giusto motivo o giusta causa nel mondo del lavoro, perché attualmente è situato dove lo ho lasciato, ossia lo scaffale sopra il mio vecchio letto ad una piazza di casa dei miei genitori e anche perché, tra l’altro, la mia carriera giurisprudenziale ha subito una netta e brusca frenata e quindi non sono la persona più indicata per snocciolare la questione. Quindi, tralasciando l’incipit iniziale, mi interessa invece affrontare la questione sollevata dal blogger relativa al giocatore professionista sia sotto l’aspetto meramente morale sia sotto l’aspetto giuridico che a suo modo di vederla, tiene prigioniera la società presso la quale è tesserato.
Purtroppo, questo è un argomento molto spinoso e trattarlo con sufficienza è altrettanto pericoloso. Ad ogni modo possiamo senza dubbio tracciare una netta linea demarcazione che segna una svolta epocale nel mondo contrattualistico del pallone, La sentenza Bosman. Da quel momento possiamo dire che il calcio in un qualche modo non è stato più lo stesso, sia dal punto di vista contrattualistico e sia per quanto concerne il numero di stranieri possibili in rosa, anche se in questo articolo mi concentrerò solo sul primo aspetto.

Le squadre, che fino a quel momento avevano sempre avuto il coltello dalla parte del manico, si ritrovarono con una sentenza nettamente a loro sfavore che avrebbe anche minato le casse societarie. Un giocatore in scadenza, fino a quel momento, non era così libero di firmare un contratto con un’altra squadra, o meglio poteva si scegliere di firmarlo, ma la squadra che voleva accaparrarsi prestazioni sportive del giocatore doveva corrispondere una sorta di risarcimento alla squadra di origine. Potremmo dire dunque che non esisteva quel trasferimento a parametro 0 di cui oggi tanto si sente parlare e che è stato introdotto proprio a seguito di questa sentenza e che permette ai giocatori di poter firmare un accordo con un’altra società se il suo contratto con la società attuale sia scaduto o che scada entro sei mesi (art. 18 n.3 del Regolamento FIFA). Quindi, a seguito della sentenza summenzionata, che si basa sul principio della “libera circolazione dei lavoratori nei paesi UE”, il calciatore professionista si ritrova libero di firmare un contratto con una nuova squadra, senza che a questa gli sia dovuto più nulla. Da che prima del 1995 le squadre si ritrovavano in una posizione privilegiata, dopo quella data il calciatore ha iniziato a godere di un potere contrattuale non indifferente. Quindi, sotto questo punto di vista, l’articolo del mio collega blogger coglie nel senso pratico, ossia che oggi le società di calcio sono a tutti gli effetti ostaggio di questi giocatori, ma per sfortuna di queste è una sentenza vincolante che concede questo potere. Inoltre, c’è da dire che una società di calcio non è mai al sicuro quando si parla di cessioni anche quando il giocatore è legato ad essa da un contratto lungo, perché per legge il giocatore di calcio deve prestare il suo consenso ad un eventuale trasferimento. Da qui nasce il più grande dei problemi.

Non essendo più prevista alcuna forma di indennità, oggi i giocatori possono rifiutarsi di trasferirsi anche a fronte di offerte sostanziose, fino al momento della naturale scadenza contrattuale. Perché questo accade? Da qui discerne una mia considerazione personale, che poi in realtà, è un fatto appurato. Chi maggiormente ha guadagnato dalla sentenza Bosman è la figura del procuratore sportivo. Oggi sono loro che muovono le redini del calcio, e lo possiamo vedere quotidianamente. Tra i procuratori di maggior successo, possiamo annoverare Jorge Mendes e Mino Raiola. Per far capire di che cifre parliamo posso solo dire che se il primo con la sua Gestifute (casualmente fondata proprio nel 1996) gestisce un portfolio di 1.030 miliardi di euro, il secondo con la sua Mino Raiola S.P. si ferma a soli 616,75 milioni di euro.
Ma qual è la fonte di guadagno di queste losche figure?
Detto fatto: a) il procuratore prende una percentuale del 3% (ma può essere anche superiore) sullo stipendio del proprio assistito; b) il procuratore prende una commissione (altamente variabile) generata dal trasferimento da un club all’altro. Ed è proprio sul punto b) che ha inciso maggiormente la sentenza Bosman. Spesso accade che anche qualora il giocatore passi da un club ad un altro a parametro 0, il club che ne acquisisce la proprietà del cartellino deve riconoscere ugualmente una commissione all’agente.
Esempio pratico, Emre Can quando passò dal Liverpool alla Juventus a parametro 0, in realtà per lui e per il suo agente fu riconosciuta una commissione di ben 16 milioni di euro. Fatto più recente invece è quello di un noto attaccante andato in scadenza, Edison Cavani. Il pezzo pregiato di questo mercato a costo 0 ancora non ha trovato una nuova sistemazione e quasi sicuramente è dovuto al fatto che non solo alla veneranda età di 33 anni chiede ancora 10mln di euro netti a stagione, ma il suo fratello procuratore chiede per sé stesso e per Edison una commissioni di ancor più soldi alla firma. Di conseguenza, sebbene la sentenza volesse in un qualche modo, giustamente tutelare gli interessi dei giocatori per non renderli schiavi di una società, allo stesso modo ha penalizzato oltremodo le società stesse che si trovano sempre più di frequente in difficoltà a causa di giocatori che rifiutano una squadra piuttosto che un’altra in quanto la commissione dovuta al proprio agente, non è da questi ritenuta sufficiente. Il danno economico che ne consegue non è facilmente calcolabile anche perché la valutazione dei giocatori è meramente soggettiva, e soprattutto risponde spesso ad esigenze di bilancio ben precise, ma questo è un altro argomento che andrebbe a sfociare in un discorso ben più amplio che riguarda le famose plusvalenze fittizie.

Oggi dunque, non è tanto il giocatore che tiene sotto scacco la società per la quale gioca, bensì spesso sono le figure dei procuratori che minano il sistema calcio. Sono diventati oggettivamente così potenti che farsene nemico qualcuno, comporta spesso e volentieri una difficoltà oggettiva nell’operare sul mercato. Trattative lunghe ed estenuanti che spesso si risolvono con un nulla di fatto, o peggio ancora, si risolvono nel più classico del calarsi le braghe e ingoiare il rospo. Però, è pur vero che nessuna società è obbligata a far sottoscrivere al giocatore un contratto medio lungo, o molto oneroso per le proprie finanze, e quando ci si ritrova di fronte ad un caso come quello che è stato di Higuain alla Juventus, il più delle volte viene spontaneo abbracciare la tesi del chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Sotto questo punto di vista si potrebbe invece menzionare un Presidente che ad oggi continua a non volersi piegare a questa specie di ricatti: Claudio Lotito. Più volte infatti ha preferito perdere un giocatore a parametro 0 piuttosto che accontentare i capricci dei giocatori e dei loro procuratori. Sta di fatto che molti giocatori in passato hanno fatto ricorso alla giustizia ordinaria nei suoi confronti per via del trattamento che gli riservava: fuori rosa, allenamenti in solitaria e 0 convocazioni durante i match di campionato, in una sola parola mobbing, ma questa è un’altra storia.

Per chiudere l’argomento quindi, possiamo dire che in realtà oggi le società non sono prigioniere dei giocatori, bensì del progresso giuridico e di alcuni vuoti normativi che hanno di fatto permesso che in questo mondo entrassero a gamba tesa le figure dei procuratori sportivi, e ben poco può fare sia la UEFA che la FIFA a riguardo, in quanto questa materia è di competenza giuridica regolata tra l’altro da normative Europee.
Spero che l’amico blogger Matteo Capitoni capiti anche per sbaglio su questo mio pezzo (l’ennesimo) dettato dalla vena polemica che è in me, e che si possa aprire un dibattito a riguardo aperto a tutti.
EDM