I risultati, bene o male, stanno arrivando, non ultimo il buon pareggio di ieri sera all'Olimpico, campo ostico non solo per i rossoneri, nella semifinale d'andata di Coppa Italia contro la Lazio, con i biancocelesti sicuramente più riposati grazie al rinvio del proprio turno di campionato a causa della partita del Sei Nazioni. Lo zero a zero non è di certo vantaggioso, perché al ritorno, del 24 aprile a San Siro, un eventuale gol subito varrebbe doppio, ma sicuramente un buon risultato lo è per quanto dimostrato in campo dalla squadra di mister Gattuso, con un gioco non gioco che non ha mai visto il pallino dalla propria parte. Praticamente nessuna azione offensiva degna di nota, per un Milan che non è mai arrivato dalle parti di Strakosha, se non in una o due occasioni, comunque poco pericolose.

Una squadra troppo attendista, con baricentro troppo basso, che ha visto quasi sempre dieci giocatori dietro la linea della palla avversaria. Insomma una interpretazione troppo concentrata sulla fase difensiva e che offre poche possibilità di ripartenza. Approccio forse ormai noto, quello trasmesso ai suoi dal mister calabrese, che un pò alla vecchia maniera, possiamo dire alla Trapattoni, pensa prima di tutto a "non prenderle". Peccato che però poi trascenda evidentemente il “darle”, o meglio, l’imporre il proprio gioco. Perché se il Milan è il Milan non può di certo avere nel proprio dna una mentalità da provinciale, specie per i valori in campo, che ora non mancano.

Tralasciando il ruolo assegnato a determinati giocatori, opinabile, come quello di Paquetà e Calahnoglu nelle vesti di mezzala, il grosso problema è quello di vedere, come detto, dieci giocatori troppo arretrati, in un 4-3-3 iniziale che si trasforma spesso a partita in corso in un 5-4-1, se non addirittura in un 6-3-1. La scalata difensiva che dovrebbe avere l’obiettivo di creare superiorità numerica, in modo da indurre il possessore a forzare la giocata e dunque a potenziali errori, non porta quasi mai a riconquistare palla se non ad azione avversaria conclusa fino in fondo. Questo perché le distanze che intercorrono tra i calciatori che scalano (ali e mezzali) risultano troppo vicine, dando modo agli avversari di trovare sempre spazio da occupare per attaccare.

Inspiegabile vedere come in fase di non possesso, il primo ad uscire in pressing sia la mezzala e non l'esterno d'attacco, che invece arretra spesso addirittura all'altezza del proprio terzino, con risultato quello di farsi schiacciare in fascia, e quella classica impressione ottica di giocare con uno o due uomini in meno.

L'eventuale conseguente costruzione di gioco o ripartenza, vede poi la punta centrale isolata davanti, con le ali in ritardo perché rientrate eccessivamente nella propria metà campo, e ora con troppo campo davanti per ricevere i conseguenti rilanci in avanti, a quel punto inutili e a casaccio, da parte dei compagni delle retrovie che non trovano riferimento avanzato. Giocando con una linea difensiva così bassa, e ripartendo sempre dai terzini o centrali difensivi che ricevono spasmodicamente palla dal portiere, senza in pratica mai dei suoi rilanci a costruzione diretta, occorrerebbe perlomeno tenere i centrocampisti più arretrati per garantire con l’abc quella copertura tanto richiesta, mentre, gli esterni d'attacco sempre alti e larghi per creare più ampiezza, non solo nella fase di possesso, ma soprattutto anche in quella di non, permettendo così di limitare le avanzate dei rispettivi marcatori, evitando di farsi imbottigliare, ma soprattutto consentendo al proprio centravanti di non isolarsi offrendo più profondità. Per riassumere, se il gioco deve essere palla lunga e pedalare, ci vuole chi sia messo nelle condizioni di farlo. Perché non esiste solo la fase difensiva, altresì, con questo atteggiamento, converrebbe allora giocare con dieci difensori e un attaccante.

Bisogna ricordarsi che in campo si va in undici contro undici, con uno scacchiere in cui ogni pedina ha il suo ruolo ben preciso. L’ala si chiama ala per un motivo, il terzino si chiama terzino per un atro, la mezzala pure e così via, ognuno deve coprire la propria zona di campo, certo, se ha da dare di più in altre fasi e le proprie caratteristiche tecniche e fisiche glielo consentano, va sfruttato, basta che poi però sia sempre puntuale e nella sua posizione per fare bene il suo compito, o sarebbe tutto inutile, anzi del tutto nocivo sia alla qualità che alla quantità del collettivo. Perché un conto è correre, uno è farlo con intelligenza e perché in primis a correre dovrebbe essere il pallone.
Occhio Milan alla lunga il non gioco si paga.