Sarebbe bello raccontare la ‘solita’ storia d’amore. Sarebbe bello scrivere sulla solita storia del bimbo che sogna di giocare per la sua squadra del cuore e poi ne diventa una bandiera. Anche se di queste storie ce ne sono state poche, qualcuna l’abbiamo vista. Abbiamo visto le foto in tenera età di giocatori come Torres, De Rossi, Gerrard, Totti, Maldini e pochi altri, con la casacca della squadra che tifano un pallone sotto braccio e gli occhi sognanti quasi consapevoli di un futuro così intenso e luminoso. Sarebbe davvero stupendo emozionarsi con una storia del genere ma oggi non sarà così. Oggi ci imbattiamo in una storia d’odio, non una storia d’amore. Una storia triste che inizia come una bellissima e sdolcinata “Love Story” per poi sbattere violentemente contro il duro e crudele muro costruito dalla realtà.

Wayne Rooney nasce il 24 ottobre del 1985 a Croxteth un sobborgo della working class di Liverpool immerso in un ambiente difficile. Da quelle parti si tifa Everton quasi come se ci fosse una vera e propria devozione alla sofferenza, come se nel DNA di quella gente ci fosse un gene apposito per l’amarezza e la fatica tipica della dura vita caratteristica della classe operaia inglese. Tifare Everton a Liverpool a metà degli anni ’80 è un atto eroico, gli odiati cugini vincono in Europa e spadroneggiano in patria, sono ben 3 anni di fila che lo scudetto non si muove da Anfield, ma in quell’anno, quasi come se il destino volesse mandare un messaggio ai Reds, quasi per Magia a sorpresa l’Everton strappa il campionato dalle grinfie degli odiati “cugini”. Una gioia enorme, che però come da tradizione e destino è destinata a durare poco. L’anno seguente la sponda rossa del Merseyside diventa di nuovo campione per l’ennesima volta.

Ma quel segnale inviato dal destino è un avvertimento per un futuro nefasto per i Reds…

Ancora qualche anno di titoli, vittorie, coppe fino a che non arrivano gli anni ’90. Una vera e propria rivoluzione per il calcio inglese, un processo che porterà alla creazione della Premier League e getterà le basi per un modello calcistico semplicemente perfetto che lo ha portato ad essere il miglior campionato del mondo in meno di 20 anni. Il Liverpool lotta sempre per il titolo sfiorandolo più volte senza mai arrivarci davvero; i rivali da battere ora sono i Red Devils del Manchester United che sotto la guida tecnica dello scozzese Alex Ferguson ed una generazione di fenomeni provenienti dalle giovanili, dominano gli anni ’90 toccando il culmine con lo storico treble del ’99.

La rivalità tra Liverpool e Manchester è antichissima, l’antipatia tra i due club non ha solo origini sportive ma ha radici ben più profonde. La rivalità non è un semplice odio scaturito da motivi geografici (visti i soli 57 km che separano le due città), a rinforzare i sentimenti negativi vicendevoli ci sono ragioni storiche e sociali. Liverpool dopo la seconda rivoluzione industriale era il porto più prolifico e trafficato d’Inghilterra e non solo, qualche decennio più tardi la città di Manchester investì su un canale, Il Manchester ship canal che ridusse drasticamente la quantità di lavoro dei Docks di Liverpool lasciando migliaia di famiglie senza lavoro. Questo trauma è ancora vivido nei cuori e nella testa dei supporters “Reds”. I Red Devils ogni volta che ne hanno l’occasione, in segno di sfottò, cantano “You’ll never get a job” (non troverai mai lavoro) storpiando lo storico “You’ll never walk alone” e riaprendo quella dolorosa ferita per la città.

Tornando al nostro Wayne; i piedi del ragazzino lentigginoso incantano l’intera Liverpool, nonostante giochi stabilmente con ragazzi molto più grandi lui il piccoletto segna valanghe di goal. Gioca a calcio durante la settimana e il Weekend va a tifare i suoi toffees a Goodison Park, gli piace il calcio. È innamorato del suo Everton ma più di tutto odia il Liverpool. Un odio profondo, radicato all’interno delle sue viscere, non sopporta proprio vedere quelle casacche rosse gioire ed esultare così spesso. Il Liverpool a 16 anni prova ad offrirgli un contratto ma non se ne parla, il rosso proprio non se lo vede addosso. Rooney esordisce in prima squadra e fornisce prestazioni fenomenali costellate da goal da urlo.

Nonostante l’amore per il suo Everton, Wayne ha paura di veder vincere il Liverpool. E’ contro la sua natura veder esultare quegli odiati rivali. E’ come un toro, quando vede il rosso agitarsi si scatena e non ragiona più. Nonostante la maglia mai perdonata “Once a blue always a blue” Wayne decide di accettare l’offerta del Manchester United. Una scelta sofferta che farà finire in malo modo la storia d’amore tra il ragazzo di Croxteth e i suoi toffees. Da qui inizia una storia d’odio. La scelta di indossare quel maledetto rosso solo per poterlo odiare meglio. La scelta di annullare la propria fede solo per assicurarsi che il nemico non vinca. Assoldarsi da mercenario all’esercito più forte solo per sconfiggere quello nemico. Non importa se questo ha comportato abbandonare casa propria e l’amore di una vita intera. Wayne ha fatto questa scelta per odio, un odio così profondo, così intenso che è stato in grado di sconfiggere l’amore.

Rooney nonostante sia il miglior marcatore della storia dello United, il miglior marcatore della nazionale inglese e il terzo assist man di sempre in Premier League da nessun tifoso dei Red Devils viene paragonato ai mostri sacri dello United. Certo non ha il fascino del genio maledetto alla Best, non ha il viso angelico di Beckham, ne la spocchia e la sicurezza della leadership di Cantonà, non ha sicuramente l’eleganza di Giggs né tantomeno la tecnica di Cristiano Ronaldo eppure i numeri sono dalla sua parte. Sembra quasi che dalle parti di Old Trafford sentissero che Wayne non era lì per loro, era lì per assicurarsi che non vincessero gli altri.

Anche in nazionale nonostante i numeri siano ben più eloquenti di qualsiasi giudizio personale, Rooney viene classificato come il giocatore simbolo di una generazione di fenomeni che poteva fare molto di più. Accusato troppo spesso di prestazioni anonime, spesso gli si è caricato tutto il peso della sconfitta sulle sue spalle senza distribuirlo su quelle di tutta la squadra. Un accanimento mediatico del genere a giocatori simbolo come Gerrard e Lampard non è mai accaduto per esempio. Rooney forse ha pagato le aspettative troppo alte createsi durante i suoi primissimi passi nel calcio professionistico. Durante l’europeo del 2004 dove stava facendo benissimo era stato addirittura accostato a Pelè. Nonostante Rooney svolgesse un lavoro prezioso in campo è sempre stato snobbato dai giornalisti. A dimostrazione di questa tesi c’è l’inspiegabile undicesimo posto nella classifica del pallone d’oro nel 2008. Quella stagione Rooney sfornò goal e assist e fu tatticamente perfetto anche in fase di ripiego. Il pallone d’oro andò al compagno di squadra Cristiano Ronaldo. Sulla questione uno schietto Zlatan Ibrahimovic dichiarò:- “ Rooney fa tutto il lavoro e Ronaldo si prende il merito.”

Rooney non viene amato così tanto dai tifosi dello United per qualche richiesta di trasferimento chiesta al momento sbagliato. Il ritorno all’Everton è stato accolto abbastanza freddamente a causa dei dissapori successi anni prima. Oltre alla “menzogna” della maglia c’è stato un bacio allo stemma dello United dopo un goal a Goodison park che ha segnato per sempre il giudizio della sua gente. A Wayne non interessa aver rotto con la sua gente e non essere apprezzato come dovrebbe dalla sua nuova famiglia adottiva, al ragazzo di Croxteth interessava solo che il Liverpool non vincesse, per questa volta e solo per questa volta… Odium omnia vincit.