Una montagna di soldi. Il Monte Bianco in un campo verde, o meglio "al verde".
Nel precedente articolo di questo umile blog, abbiamo trattato la spinosa tematica dei rinnovi di contratto ultra-milionari richiesti in un periodo di grande crisi economica. Abbiamo "toccato con mano", come direbbe il buon Ringhio Gattuso in conferenza stampa, la vexata quaestio del rinnovo di Gigio Donnarumma ed il complicato menage a troi tra calciatore, ingombrante agente (alias Mino Raiola) e società di appartenenza. 

La domanda sorge spontanea, anche per le menti meno geniali del pianeta pallonaro: agenti e calciatori, guardano i telegiornali? Pare non conoscano la situazione del cosiddetto "mondo reale", quello che esiste in un continuo divenire fuori dai centri sportivi e dal luccichio un po' pacchiano del calcio super-professionistico.
L'inchiesta sui bilanci deli club della nostra Serie A, pubblicata sulle pagine della Rosa qualche giorno fa, ci fornisce diversi ulteriori spunti di discussione a riguardo.

UN MONDO DI FANTASIA (FINANZIARIA). Buttiamola subito là, senza girarci troppo intorno: il calcio italiano, inteso come industria, è al collasso. Nessuno si scandalizzi, nessuno vada in fibrillazione: stiamo parlando di meri dati di fatto, di numeri che non possono mentire. Semmai, si possono interpretare in modo fantasioso. Ma noi rifuggiamo le interpretazioni più bizzarre ed i confronti poco attinenti al tema, restando sul dato di fatto: un qualsiasi settore economico che produca quei numeri in termini di deficit, qualsiasi azienda che presenti bilanci con quei disavanzi, andrebbe in bancarotta prima di domani mattina. Nel già citato "mondo reale", quello della gente che lavora, che con lo stipendio o con i dividendi della propria attività lavorativa, paga le forniture ed il mutuo e le tasse e le bollette. Quello delle aziende che talvolta, purtroppo, portano i libri in tribunale.

Per (s)fortuna, nel calcio non funziona così ed il sistema che ruota attorno al pallone che rotola, si scusi il banale gioco di parole, non va ancora a rotoli. Nonostante tutto.
I primi impietosi dati di carattere generale, ci dicono che i debiti della Serie A sono aumentati costantemente nell'ultimo quinquennio, aumentando di quasi un miliardo di euro ed arrivando a toccare quota 2,77 miliardi nell'anno 2020 (nel 2016 erano "appena"1,87 miliardi). 

LA SCATOLA (SENZA FONDO) CINESE. La squadra che comanda l'attuale classifica "del campo", guarda caso comanda anche l'attuale classifica dei guai di bilancio: l'Inter del semi-fuggitivo Zhang ha accumulato la cifra-record (per il calcio Made in Italy) di 630,1 milioni di euro di debito netto, in parte rifinanziato dal bond emesso da Suning per il valore di 375 milioni, con scadenza prossima nel 2022. E non è questo, purtroppo, l'unico indicatore preoccupante: oltre ad un bilancio chiuso con un passivo da 102,4 milioni di euro, il club nerazzurro ha un patrimonio netto in negativo per quasi 37 milioni. In contabilità, il patrimonio netto è la differenza tra attività e passività di bilancio, mentre dal punto di vista finanziario è la capacità di finanziamento di un’azienda: l'Inter, nel mondo reale, sarebbe un'azienda sull'orlo del fallimento. Un'azienda che, senza l'intervento di soggetti esterni (acquirenti o soci finanziatori), non avrebbe ragione di esistere: posto che la passione di milioni di tifosi, portata in banca, non produce cash.
Le difficoltà del gruppo Suning sono sotto gli occhi di tutti e si sono già manifestate in modo prorompente anche nel calcio: lo Jiangsu, club cinese di proprietà del medesimo gruppo e campione nazionale in carica, non parteciperà al prossimo campionato, in quanto la società non ha potuto presentare le opportune garanzie per l'iscrizione alla Super League. Un grave smacco che ovviamente non ha nulla a che vedere con l’Inter, ma fornisce un quadro d'insieme inconfutabile.

PIU' NERO CHE BIANCO. Se Sparta piange, Atene non ride di certo: con 458,3 milioni di euro di debiti, la Juventus ha pochi motivi per essere tranquilla, sebbene un patrimonio netto saldamente positivo (239 milioni, derivante dalle rivalutazioni e dall' aumento di capitale da 300 milioni dello scorso anno) faccia del club degli Agnelli una società strutturalmente solida.
Sui conti della gestione post-CR7, incide anche un bond di 175 milioni che dovrà essere rimborsato a febbraio del 2024: la relazione finanziaria semestrale (che copre il periodo luglio-dicembre 2020), approvata il 25 febbraio, sancisce una perdita netta di 113,7 milioni di euro (+125% rispetto al semestre precedente). Anche qui, un mezzo disastro difficilmente emendabile nel "mondo reale", senza copiose iniezioni di liquidità dall'esterno.

IL MILAN (QUASI) SORRIDE. Paradossalmente, la situazione "meno peggiore" (vogliamo risparmarci la forzatura semantica del termine "migliore") è quella del Milan, nonostante i quasi 152 milioni di euro di debito netto ed un bilancio chiuso con un passivo-record da 194,6 milioni. Le minori preoccupazioni per le sorti del club rossonero derivano dalla decisione del proprietario Elliot di estinguere i debiti "verso l'esterno" al proprio ingresso in capo alla società: il Milan non è esposto verso banche, il che costituisce quasi un unicum  per le squadre italiane. I debiti sono riconducibili all’attività di factoring a cui molte società di calcio fanno ricorso, ossia la cessione di crediti (anche futuri) che vengono pagati, da chi li acquista, meno del loro valore nominale. Anche il patrimonio netto del club è positivo (34,1 milioni) nonostante sia sceso di quasi 50 milioni dall'anno precedente.

FLOP CAPITALE. Molto male anche la Roma americana, che ai 552 milioni di debito, somma un calo del patrimonio netto di 242,4 milioni ed un bilancio in rosso profondo (-204,1 milioni di euro): per tali motivi, la società giallorossa ha optato per la politica delle plusvalenze, riuscendo a ricavarne però poco meno di 18 milioni.

COVID? SI', MA... Cifre impietose, che soffrono senza dubbio dell'incidenza dell'effetto-Covid. Tuttavia, la pandemia globale non deve essere acquisita come scusa a buon mercato (per modo di dire). In primo luogo, perchè la crisi pandemica colpisce tutto il mondo del calcio, quindi non se ne avvantaggia nessuno a discapito di qualcun altro: semmai, in situazioni di estrema emergenza, vengono fuori i difetti delle gestioni economiche dissennate finora nascosti dal flusso del contante. In secondo luogo perchè, anche in un anno così difficile segnato anche dalla generale svalutazione del valore dei cartellini, ci sono squadre che hanno visto accrescere il valore della propria rosa: vedi i valori stimati per Atalanta (+41 milioni) e Milan (+32 milioni). Un dato che attualmente può significare poco, ma alla lunga darà un vantaggio competitivo. E poi, prima di piangere povertà, bisognerebbe spingere le menti pallonare verso una nuova prospettiva di pensiero: che mondo sarebbe, quello del calcio, se si avvicinasse un po' al mondo reale? Se, per esempio, le società in difficoltà economico-finanziaria non fossero messe nelle condizioni di acquistare giocatori (magari top player) producendo debito da sommare ad ulteriore debito? Se per esempio (e nessuno se la prenda a male..) l'Inter non avesse acquistato Hakimi, non potendoselo oggettivamente permettere. O non avesse sottoscritto contratti con ingaggi multi-milionari che in questo momento non sta riuscendo a saldare: ritornando al primo capoverso, pensate se il Milan sottoscrivesse un contratto da 12 milioni netti a stagione con Donanrumma, senza avere le coperture necessarie. E poi pensate che, forse, l'Inter l'ha fatto con Lukaku. 

Secondo voi, la classifica della Serie A rifletterebbe ancora quella dei guai finanziari?
Domande senza risposta, perchè quello dello calcio non è il "mondo reale". Ma presto, purtroppo per qualcuno, vi si avvicinerà molto.