Nei corsi per arbitri insegnano che, oltre alle regole scritte, ne esiste un'altra non scritta: il buon senso. E il designatore degli arbitri per gli incontri di serie A dovrebbe essere il primo ad attenersi a tale regola. Come si può designare Valeri per un incontro fra Juventus e Milan quasi decisivo? Questo direttore di gara ha espulso ben 13 giocatori rossoneri nella sua carriera, ignorando di fatto tale provvedimento estremo nei confronti dei bianconeri. E' stato, inoltre, spesso contestato dai rossoneri quando ha arbitrato incontri importanti. Aveva senso innescare questa bomba a orologeria?

Diamo per scontato che il signor Valeri sia una persona perbene e in buona fede. Gli eventi del passato, però, danno validi motivi per pensare che questo direttore di gara abbia seri problemi nei confronti del Diavolo. Lasciamo perdere gli incontri di normale amministrazione, ma quando questo arbitro scende in campo per dirigere il Milan nelle partite che contano, finisce sempre per penalizzarlo. E' evidente che non è sereno, ma allora la designazione equivale a gettare una torcia su un cumulo di paglia accanto al quale ci sono taniche di benzina.

Se Valeri dovesse sbagliare a favore dei bianconeri, si direbbe che è stato mandato per aiutare la Juventus e, se dovesse farlo a favore del Milan, si direbbe che era condizionato dalle polemiche del passato. In realtà, la designazione sembra fatta per rassicurare Paratici, che contro l'Udinese aveva inscenato l'ennesima gazzarra impunita contro un direttore di gara. Del resto, se ricordate bene, anche in Milan-Juventus di gennaio, la coppia di gentiluomini Pirlo-Chiesa, aveva aggredito verbalmente un arbitro alla fine del 1° tempo, passandola liscia in campo e fuori. Con ogni evidenza Valeri, abbracciato pubblicamente da Buffon 11 mesi fa dopo un derby di Coppa Italia, è persona gradita alla società bianconera, ma il primo a non poter arbitrare serenamente sarà proprio lui.

Se la designazione di Valeri per Juventus-Milan deve ritenersi scriteriata, dal canto suo la UEFA sta dando segnali di nervosismo per l'affaire della Superlega. Ceferin ha vinto il confronto politico con Agnelli e Perez, ma la posizione della sua organizzazione è solida quanto un panetto di burro in una giornata di agosto. Vediamo di capirci.

Chiariamo subito che chi scrive è tradizionalista a sufficienza per non sentirsi molto scaldato dall'idea di una superlega. Ricordo sempre con piacere i confronti degli anni '70 con il PAOK Salonicco, il Legia Varsavia, il Dundee, il Rapid Vienna, la Dinamo Zagabria e compagnia cantante. Non sono, oltretutto, mai stato un fan delle leghe professionistiche americane. Non ho, pertanto, un motivo per apprezzare in maniera particolare il progetto di Perez e Agnelli, ma in punto di diritto, il problema è diverso.

La UEFA e la FIFA sono e restano organizzazioni internazionali non statali, quindi soggetti privati, che non hanno nulla a che vedere con le organizzazioni internazionali vere e proprie come l'ONU. Come molti altri soggetti di questo tipo, sono autorevoli, in quanto sono considerati interlocutori privilegiati dalle pubbliche autorità. La natura privatistica, tuttavia, conferisce alle norme interne della UEFA natura contrattuale, per cui esse fanno legge fra chi aderisce, a patto di non violare norme di rango superiore.

Ora, sono quantomeno sospetti tanto il Fair Play finanziario quanto le clausole che impediscono agli aderenti di esercitare attività di impresa al di fuori della UEFA e della FIFA, specie alla luce delle norme UE, che tutelano nella forma più ampia la libera concorrenza nel mercato. E' vero che esistono i patti che limitano la concorrenza, ma nei sistemi basati sul libero mercato, compreso quello italiano, questi non possono mai arrivare a escludere del tutto l'esercizio della libertà di impresa. Nel caso specifico, inoltre, sembra il contratto fra le parti delle Superlega preveda un previo accordo con la UEFA stessa. Negare agli affiliati anche la possibilità di associarsi per trattare con l'organizzazione, sia pure da una posizione autorevole, di fatto annulla ogni libertà di concorrenza.

L'accanimento di Ceferin è dovuto proprio alla consapevolezza di questa debolezza giuridica di UEFA e FIFA, il cui controllo del calcio professionistico si regge sulla generale acquiescienza degli affiliati. La posizione monopolistica della UEFA, da cartello per essere chiari, sarebbe ad altissimo rischio, qualora qualcuno andasse in giudizio come fece Bosman. Qualora una corte come quella di giustizia della UE sancisse l'abuso di posizione dominante, crollerebbe tutto il castello di carte del potere di Ceferin e, di conseguenza, anche quello della FIFA. Infantino lo ha capito e ha spedito il messaggio della stessa FIFA alla UEFA, sostenendo che ogni decisione deve essere opportuna.

In caso di sanzioni a una o più società, si andrebbe allo scontro, quantomeno di fronte al TAS. E se, come trapelato, la UEFA raddoppiasse le sanzioni in caso di ricorso al tribunale arbitrale, la posizione della massima organizzazione calcistica europea peggiorerebbe. Come si può privare un soggetto del diritto di chiedere un arbitrato sulla sanzione comminatagli, se tale diritto si basa proprio sulle norme che regolano l'organizzazione che ha comminato la sanzione? Il principio di non contraddizione non è un optional.

Certo, non conviene a nessuno una battaglia legale lunga e difficile, per questo nessuna società ha mai pensato a farla, ma se Ceferin dovesse mettere gli avversari con le spalle al muro, la deflagrazione potrebbe davvero far saltare in aria proprio il vulcanico presidente della UEFA, il cui atteggiamento denuncia più paura che sicurezza. Infantino, ripeto, lo ha capito e ha fatto sapere a Ceferin che la questione va gestita con un po' di buon senso. Sì,il dirigente FIFA ha parlato di tutelare tesserati e tifosi delle squadre coinvolte, ma il senso era un altro.

Le cose vanno sempre gestite con buon senso, quello che, tornando all'inizio dell'articolo, è mancato nella designazione di Valeri.