"A volte mi chiedo come mi vedono i bambini, mi piacerebbe che mi vedessero come io vedevo Gaetano Scirea, non parlo solo come giocatore, ma come uomo, perché è così che si entra nel cuore della gente."
Questo è Alessandro Del Piero. Ho voluto partire da questa sua frase detta a margine di un suo record personale con la Juve, per cercare di dare un senso, un appiglio per fare capire chi era Alex.
Il giocatore lo conosciamo tutti, i numeri parlano da soli, non serve molto, basta aprire un sito internet per vedere il suo palmares, e poi basta dire che ha vinto tutto quello che un calciatore può vincere con il suo club e la nazionale. Ma l'uomo, lo conosciamo tutti? Chi c'era dietro a quella faccia da ragazzino sempre sorridente?
Alessandro è un ragazzino come tanti che vive in paesino vicino a Conegliano TV, figlio di di una casalinga e di un elettricista. Il classico bambino che vive sempre col pallone tra i piedi, che scappa giù al campetto dietro casa, e ci passa ore e ore, tanto da convincere suo padre a mettere dei lampioni per illuminarlo di sera, per avere più tempo a disposizione. In casa giocava con una pallina di spugna e si allenava a calciare le punizioni e farla passare attraverso le gambe di una sedia. Poi a quindici anni il trasferimento a Padova, dove partiva, solo, la domenica sera e ci rimaneva, sempre solo, fino al venerdì. Li ha patito tanto la distanza dalla sua famiglia. Poi arrivò, qualche anno più tardi, un certo Trapattoni che lo volle alla Juve e da lì, da quel esordio, con gol, quel ragazzino diventò uomo, un uomo sempre con la faccia da ragazzino e la testa sulle spalle. Che dovevano essere grosse perché oltre a vittorie e consensi, ha subito infortuni, grave quello di Udine, e critiche, ma lui sempre con la serietà e la professionalità che aveva ha sempre messo la Juve al primo posto, è stato leader e capitano senza alzare la voce o polemizzare. Mai una parola fuori posto, ma sempre esternando le sue idee con educazione ed ironia.
Ha accettato la panchina, gli infortuni, le critiche feroci anche quando aveva suo padre ammalato e la testa non poteva essere libera, ma sempre in silenzio, fino a a quel gol di Bari liberatorio, con le lacrime e il penso al padre morto poco prima. Le critiche e i dualismi in nazionale, prima con Baggio poi con Totti, fino alla consacrazione nel 2006 con il gol in semifinale contro la Germania e il rigore in finale contro la Francia. Da cam del mondo ha seguito la sua squadra in serie B, un capitano non abbandona mai la sua squadra, disse allora. La prese per mano e la riportò in alto,fino alla standing ovation al Santiago Betnabeu.
Un campione a 360 gradi, un esempio per tutti. Fabio Caressa di lui disse, "se a mio figlio dovrò far capire il calcio e portargli un esempio da seguire, senza alcun dubbio gli farò vedere e conoscere chi era Alessandro Del Piero."
Un campione di tutti.
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