L’esterno vola sulla fascia, dà un’occhiata all’interno dell’area di rigore, faticosamente riesce a smarcarsi dal roccioso difensore avversario, crossa… GOL!
Mentre il goleador festeggia con un balletto, il boato dei tifosi fa tremare tutto lo stadio: questo è il “football”, lo sport che amiamo, fonte di gioia e di dolore, compagno instancabile dei nostri week-end.
Semplicità, divertimento e spensieratezza, questi dovrebbero essere i tratti distintivi di ciò che non è soltanto un gioco, ma un vero e proprio fattore di aggregazione sociale, capace di superare qualsiasi barriera che questo nostro “stupido” mondo continua a costruire.
Ascoltando i vari slogan trasmessi in tv, “Il calcio è di chi lo ama” per esempio, possiamo renderci conto che è tutto una squallida illusione, forse utopia: il calcio è sempre stato elitario, un acquario popolato da pescicani in cui vige la legge del più forte.
Lasciamo perdere, almeno per un momento, i giochi di potere inscenati sui palcoscenici federali, pensiamo semplicemente a quanto oggi sia difficile vivere il calcio dal vivo, insieme alle nostre famiglie, senza avere paura di chi ci sta accanto o di che cosa ci possa accadere varcando quei maledetti tornelli.
Non è un caso che i fatiscenti stadi italiani siano sempre più vuoti: la malavita, ormai da un po’ di tempo, ha conquistato l’assai redditizia “industria del pallone” e difficilmente se la lascerà scappare. Non è più possibile accompagnare la propria squadra verso la vittoria, gioire alle giocate dei propri beniamini senza veder sventolare bandiere di ogni colore politico o stupide risoluzioni dei contri tra clan. Tutto questo non ha mai avuto e mai avrà a che fare con la lotta per i 3 punti: questo non potrete mai togliercelo dalla mente.
Sogno un calcio rispettoso, che non infanga la memoria di squadre leggendarie come il “Grande Torino”.
Sogno uno sport che dia vita e non che la tolga a chi presta un servizio per guadagnarsi il pane o a chi, più semplicemente, vuole tifare.
Sogno una realtà in cui per una volta l’uomo possa mettere da parte il proprio egoismo e pensare al prossimo, offrendogli puro divertimento.
Cari ed illustri detentori del potere che conta, non amiate soltanto le vostre comode poltrone, i vostri 30 denari e le donne che vi ronzano attorno, scalatrici sociali di professione: proteggete Fabio, tifoso e padre esemplare che vorrebbe portare suo figlio allo stadio. Ha risparmiato un mese intero per farlo, ma la paura ora lo frena, preferisce rimanere a casa, guardarsi la partita nel silenzio assordante di una stanza priva dei cori e dei colori delle bandiere.
Pensateci su, in fondo come fareste a guadagnare senza un pubblico?
Ridateci, anzi, dateci ciò che è nostro!
In fede,
un inconsolabile innamorato del calcio.
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