Serata di “incroci pericolosi” allo Stadio “San Paolo” di Napoli, dove gli azzurri ospitano il Milan di Gennaro Gattuso.
Proprio quel Gattuso che incontra per la prima volta il suo mentore, colui che lo ha ispirato e convinto ad abbracciare la carriera da allenatore: Carlo Ancelotti. E' questo il primo, grande incrocio - romantico, quasi da amarcord, più che pericoloso – della sfida di cartello della seconda giornata di Serie A. Parimenti, desta curiosità lo scontro da avversari tra Gonzalo Higuain e la sua ex squadra. A dir la verità, lo stesso episodio era già avvenuto la stagione scorsa, quando il Pipita, con la divisa della Juventus, riuscì nell'impresa di ammutolire uno stadio che lo fischiava ad ogni tocco di palla. Fischi che, nonostante lo scorrere del tempo, stasera non sono diminuiti d'intensità: evidentemente Napoli non ha dimenticato l'affronto subìto da Higuian. I 71 gol segnati dall'argentino sotto il Vesuvio sono stati cancellati con un colpo di spugna.

Napoli e Milan si schierano “a specchio”, con un 4-3-3 da ambo le parti: ed è proprio questa la chiave tattica che ci aiuta a capire per quale motivo i Partenopei abbiano fatto così fatica nel primo tempo.
Un primo tempo in cui (e non poteva essere altrimenti...) è il Napoli a fare la partita. Ma non è il solito Napoli che eravamo abituati ad ammirare con Sarri: il giropalla è lento, i tre davanti non si smarcano a dovere (Insigne è poco “magnifico”) e le mezzali faticano a supportare le azione offensive. Ne deriva un gioco lento, compassato e prevedibile.
E il Milan, attraverso l'arma italica del contropiede, ci va a nozze. E' proprio da un'azione trasformata da difensiva in offensiva che i rossoneri, come un fulmine a ciel sereno, passano in vantaggio: classica azione di Suso, che si accentra e da destra mette in mezzo un pallone che Borini (i tanti, troppi milanisti che lo hanno aspramente criticato dovrebbero, dopo stasera, fare mea culpa) fa da sponda per l'accorrente Bonaventura, che al volo pietrifica l'esordiente Ospina. Gli uomini di Ancelotti sembrano scossi, la reazione tarda ad arrivare e le occasioni latitano. In una delle rare sortite offensive degli Azzurri, Mario Rui viene atterrato in maniera sospetta (e scomposta) in area da Calabria: sembrerebbe penalty, ma il titubante Valeri fischia il fallo in attacco - il tipico “ponte” con la schiena – da parte del terzino portoghese.

Alla ripresa delle ostilità, il Milan gela nuovamente i tifosi napoletani: ragnatela di passaggi infinita dei rossoneri, che porta Suso a fornire l'assist vincente a Calabria, accentratosi da attaccante esterno navigato (lui che è un classe 1996). Questa volta la reazione del Napoli è veemente: Piotr Zielinski s'inventa una doppietta strepitosa, con due sassate da fuori - una di destro, l'altra di sinistro – che certificano l'imprescindibilità del polacco nello scacchiere tattico di Ancelotti. Un po' come il brasiliano Allan, l'altra mezzala del centrocampo partenopeo: un giocatore meraviglioso, abile a coniugare corsa, tecnica e fantasia. Se ne deduce che Hamsik debba necessariamente garantire un upgrade nelle sue prestazioni, perché alle sue spalle giovanotti come Diawara e Fabian scalpitano. Dopo la sfuriata che ha permesso al Napoli di rimontare in soli 14 minuti due reti di svantaggio, il match si riequilibra e le due squadre, allungandosi, dimostrano di volerla vincere a tutti i costi. E sono i padroni di casa a fare il passo decisivo: il neo-entrato Diawara (proprio al posto di Marekiaro) estrae dal cilindro un'imbucata magnifica per l'instancabile Allan, che di prima intenzione serve a Mertens un pallone impossibile da sbagliare.

Quali conclusioni trarre da questa spettacolare ed avvincente partita? Innanzitutto, il 3-2 di stasera al “San Paolo” denota un cambiamento di mentalità del calcio italiano, che l'arrivo di CR7 dovrebbe ulteriormente suffragare: già sullo 0-1, il Milan non ha mai smesso di giocare a pallone, non esitando ad impostare l'azione direttamente da Donnarumma ed evitando quel degradante “catenaccio” tipicamente italico. La naturale conseguenza di ciò è che il Milan - tra l'altro rafforzatosi grazie alla gentile concessione della Juventus - parrebbe in grado di giocarsela fino alla fine per un posizionamento in zona Champions. Sul fronte partenopeo, nella seconda frazione di gioco - al netto della maestosa rimonta azzurra - si sono rivisti sprazzi di gioco sarriano. Un gioco inesistente nei primi 45', dove addirittura si è vista una particolarità che sembrava essere sconosciuta a queste latitudini: palla lunga del portiere per l'attaccante centrale (Milik) che, proteggendo palla, permette alla squadra di salire e respirare, garantendo inoltre ad Ancelotti uno schema offensivo alternativo che il suo predecessore (per causa di forza maggiore, vedasi i gravi infortuni del polacco) non poteva utilizzare. Uno schema, questo, di cui il tecnico oggi al Chelsea avrebbe comunque e volentieri fatto a meno.