A Mazzarri, cui tanto piace parlare di fatturato ed ingaggi come determinanti del successo di una squadra, qualcuno dovrà ricordare quanto egli stesso percepisca all'Inter. Scoprirà di guadagnare più di tre volte lo stipendio di Stramaccioni, il ragazzino che, così ama ricordare Walterone, ha terminato la stagione con un deludente nono posto, posizione contro la quale la “salvezza anticipata” di quest'anno dovrebbe essere considerata un vero successo, pur essendo stata raggiunta con qualche punto in meno rispetto all'anno scorso.
Perché Mazzarri è solito deresponsabilizzarsi trovando capri espiatori che si fanno via via sempre più inaccettabili alle orecchie di un tifoso mediamente consapevole. A Napoli, dopo lo sfortunato ritorno di CL col Chelsea, disse di essere stato penalizzato dal risultato dell'andata (vittoria per 3-1 in casa), in una dichiarazione che avrebbe potuto diventare la sigla di “Made in Sud”. All'Inter. Poi, la vena comica toscana si fa ancora più pulsante: prima gli arbitri, poi i giovani che sono troppo giovani, poi i vecchi che sono troppo infortunati, il presidente che è troppo lontano, poi è troppo asiatico, poi troppi rigori non dati (ma se ce ne danno uno, non si preoccupa nemmeno di verificare chi lo debba battere), ora siamo troppo sfortunati. Quando è troppo, è troppo.
In curva e sulla rete, il disappunto manifestato dai tifosi interisti non riguarda tanto i risultati quanto l'atteggiamento di Mazzarri, impegnato ogni volta, sia in campo che in sala stampa, a prodigarsi nei suoi continui ed estenuanti scaricabarile. E così, si arriva persino a rimpiangere Stramaccioni e la sua iniziale verve, che in sala stampa faceva ridere solo per l'imitazione di Cassano. Quella che spinse i suoi giocatori a non scomporsi dopo il gol in fuorigioco di Vidal e a ribaltare il risultato allo Juventus Stadium, o ad inseguire una qualificazione impossibile nello splendido ritorno di EL contro il Tottenham, quella sfrontatezza che lo portava a schierare Cassano, Milito e Palacio tutti insieme, e che svanì solo quando la sfortuna (quella vera, leggasi infortuni + Branca) trasformò quel magico tridente in Schelotto, Rocchi ed Alvarez, trascinandoci verso il baratro.
Non ci si può affidare ad un allenatore che faccia rimpiangere un nono posto, un allenatore concentrato sul presente, su se stesso e le proprie ristrette convinzioni come Mazzarri, e stento a credere che questi verrà riconfermato. Occorre una figura con idee nuove, che creda ai giovani e sappia dare loro un gioco di respiro internazionale e una mentalità vincente. De Boer o Klopp, ad esempio, sarebbero di certo più adatti al progetto di Thohir. Ma basta Mazzarri, quando è troppo è troppo.
23 Novembre 1980
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