Special Olimpics
Campioni speciali

Scusate, come al solito l'uomo Claudio è caduto nella trappola, dimenticando di essere un quasi giornalista, un freddo analista di sport e di altre amenità del genere come il calcio.
Ma voglio raccontarvi, cari lettori, una piccola storia, molto personale che, sono certo, toccherà il cuore di molti di voi.

Certo pochi sanno che a Torino, o meglio, in alcuni impianti sportivi della città Sabauda, si stanno svolgendo gli Special Olimpics, i giochi riservati ai ragazzi ed alle ragazze speciali.
Ho una figlia che, senza particolari meriti (con l'occhio rivolto alla conquista di crediti scolastici) ha chiesto e ottenuto la possibilità di essere arruolata come volontaria tra il personale addetto alla gestione ed alla realizzazione di questa bella manifestazione.
Ieri mattina, lunedì 6 giugno, alle nove ha preso servizio nell'impianto del CUS Torino, i campi universitari, ed ha passato tutto il giorno sotto il sole a prestare servizio vicino ai campetti del calcio a cinque, presi letteralmente d'assalto da decine di formazioni provenienti da tutta Italia.
Alle sei di sera sono andato a prenderla, visto che il lavoro mi consente anche qualche variazione di orario. Dal parcheggio, sentendo le classiche urla del campo (Passala! Tira! Torna!) e i rimbalzi del pallone, sono stato attratto verso l'area dei campetti in sintetico. Dieci minuti di partita, tra una squadra romana ed una sicuramente sarda, i blu contro i gialli, mentre sull'altro campo la partita tra rossi e bianchi si era appena conclusa. 
Dieci minuti di calcio che non dimenticherò mai più.

Quando hanno finito, i ragazzi e le ragazze al seguito, sono stati raccolti dagli allenatori e dagli accompagnatori, qualcuno più lento, qualcun altro più felice e sorridente, altri imbronciati, forse per la sconfitta. Molti si tenevano per mano, in quel percorso lungo non più di cento metri che li portava fuori dagli impianti, verso il parcheggio e l'ombra di alcuni tigli.
Non ho fatto la classica foto, non c'era bisogno di immortalare un'immagine che resterà indelebile.
Salivano sul pullman con le magliette sudate dalla corsa e dal caldo del sole della pianura padana. Salivano parlando, magari ad alta voce, e non ce l'ho fatta a non pensare a chi di quel gioco ha fatto mestiere ed è stato fortunato a diventare ricchissimo.
Li vedo, a volte, quelli che tutti noi chiamiamo campioni. Salgono su Bus termoregolati assorti nei loro pensieri, le cuffie in testa, l'ultimo tatuaggio in vista, e il compagno seduto accanto primo dei nemici. Ho pensato a quante volte inneggiamo al nostro idolo di giornata ed a quante, quando sbaglia un gol già fatto, lo insultiamo.
Ho pensato ai soldi, alle auto potenti, alle donne più belle, all'amarezza della sconfitta e alla gioia della vittoria legate ai compensi.

Quando quel pullman turistico è partito nell'afa, diretto verso un albergo in provincia, ho sentito l'autista cantare. 
Ho visto tra i sedili i volti sorridenti di quelle anime belle e di quei cuori meravigliosi, speciali.
Come in un viaggio trionfale quel bus è parso, ai miei occhi pieni di lacrime, quello della squadra più forte del mondo.

Clay Mc Pants.