Quando è stato ingaggiato dalla Juve molti del popolo bianconero hanno storto il naso, tanti non lo volevano. In un certo senso sembrava il remake dell’esperienza vissuta con Max Allegri, che al suo arrivo alla Continassa era stato accolto con cori dal significato inequivocabile: noi Allegri non lo vogliamo. A differenza del suo precedessore, Maurizio Sarri non è stato accolto con cori dello stesso tenore, ma si può dire senza tema di smentita che la frangia più oltranzista della tifoseria non lo ha accolto proprio. E subito, l'insoddisfazione ha cominciato a viaggiare sui social, sui quali soprattutto nel periodo del precampionato se ne sono letti di tutti i colori; parlo dei messaggi, alcuni molto coloriti del tipo: un comunista alla corte della Signora, altri che facevano riferimento al fatto che come allenatore fosse un ripiego dato che la Juve, prima di lui, aveva cercato gente come Pochettino, Klopp e soprattutto Guardiola.

Anche chi scrive aveva manifestato delle perplessità sull’assunzione del tecnico ex Chelsea, non tanto per la sua caratura tecnica sicuramente di tecnico esperto e preparato, ma soprattutto per quella che poteva essere la sua adattabilità al mondo Juve, un mondo molto lontano dalle esperiene vissute prima ad Empoli, poi a Napoli e in ultimo a Londra. Ma erano perplessità che nascevano da una sensazione e soprattutto dalla curiosità di vedere come Sarri si sarebbe calato nel mondo della signora del calcio italiano, con il suo modo di fare schietto, a volte brusco di toscano verace, non a caso nato a Napoli, non lontano da Bagnoli (quartiere di Napoli) dove suo padre lavorava presso la fabbrica dell'Italsider. Ma altri lati della sua personalità incuriosivano, a partire dalle tante sigarette fumate (sembra due pacchetti al giorno), per finire alla sua consuetudine di andare in panchina indossando una semplice tuta da lavoro. Tutto questo faceva parte di di quell’aplomb che era sotto osservazione e faceva storcere il naso alla gran parte della tifoseria bianconera, come a dire: che ci fa uno come lui a Torino. Non solo, ma il refrain del suo "trascorso napoletano" tornava puntualmente d'attualità. E qui apriti cielo, perché se il popolo bianconero manifestava rumorosamente la sua insoddisfazione, quello napoletano non solo faceva rumore ma faceva soprattutto impressione perché il messaggio più tenero che gli avevano inviato sempre in quel periodo era stato: traditore.

Poi dopo il discreto precampionato, in quanto a risultati, sono cominciati gli impegni ufficiali e la Juve, per quanto non  fosse tanto bella a vedersi, ha cominciato a vincere; ma l'insoddisfazione sempre di quella gran parte del popolo bianconero non si è placata, diciamo che si è posizionata sotto la superficie, pronta alla prima occasione a rialzare la testa. Tanto che nonostante le vittorie non si perdeva l’occasione nel dire: non si vede ancora la mano di Sarri. Oppure: per il gioco di Sarri la Juve ha bisogno di tempo. E a complicare ancora di più le cose è arrivata anche la polmonite, che ha costretto il tecnico a lasciare il gruppo per circa un mese e ne ha rallentato il lavoro a livello didattico e soprattutto ha rallentato la crescita e il rendimento della squadra. I primi veri segnali positivi sono arrivati nella partita contro il suo vecchio Napoli, soprattutto nel primo tempo nel corso del quale si erano intravisti i primi sprazzi del cosiddetto Sarrismo, fatto di un discretto palleggio e di una buona circolazione di palla. Ma l’insoddisfazione della tifoseria restava intatta e la vittoria col Napoli, maturata anche grazie ad un episodio fortunoso, per quanto preziosa ai fini del campionato non aveva fatto cambiare idea a nessuno, nel senso che il consenso nei confronti del tecnico bianconero restava in stand-by, come a dire: adesso voglio vedere quello che combini in Champions.

E la Coppa "maledetta" è arrivata e al Wanda Metropolitano si è vista la migliore Juve della stagione, che contro ogni previsione è riuscita a mettere sotto per quasi tutta la partita la rocciosa compagine del Cholo Simeone che è riuscita ad evitare la sconfitta solo per il rotto della cuffia. Nell’occasione sono arrivati all’indirizzo dei bianconeri molti consensi, e molti osservatori hanno parlato di grande crescita del gioco della squadr  che cominciava a mostrare in modo chiaro "la mano" del lavoro di Sarri. Ma anche questa volta, da parte della tifoseria non c’è stato nessun riconoscimento particolare nei confronti del tecnico, che magari non appariva più inviso come ad inizio stagione ma che tutto sommato non entusiasmava, diciamo che faceva il suo, e non c'era niente per cui esaltarsi. Intanto le vittorie continuavano, e Sarri, da sempre accusato di integralismo tattico, e contrario al turnover (complice anche l’infortunio di Douglas Costa), dimostrava capacità insospettate nel saper cambiare e nel sapersi adattare alla nuova situazione bianconera; e allora ecco la riscoperta del trequartista (suo vecchio pallino sin dai tempi di Empoli) ed è arrivato il 4-3-1-2, col quale non solo ha continuato a vincere  ma è riuscito a sbancare anche San Siro dove la nuova e rampante armata di Antonio Conte lo aspettava al varco (sei vittorie consecutive e grande partita al Camp Nou) gli ingredienti con i quali la squadra nerazzurra aspettava la compagine bianconera. Non solo, ma c’era una vecchia storia da ripianare fatta di incomprensioni e di dissapori fra Conte e la Juve, mai perdonato dal popolo bianconero per essere approdato sulla panchina dell’odiata rivale. Tanto che il rifiuto di Andrea Agnelli di non voler rimuovere la stella di Conte dallo Stadium era stata salutata con grande malumore. E allora la partita del "Meazza" era diventata una sorta di ultima spiaggia, di occasione finale, di ultimo atto col quale si dovevano sanare un sacco di questioni. L'imperativo che arrivava dalle retrovie bianconere era solo e soltanto uno: vincere.

E la vittoria, come se fosse la conclusione di una sorta di melodramma sportivo è arrivata chiara e forte, e Maurizio Sarri ancora una volta ha stupito il popolo bianconero con quella formazione iniziale fatta proprio con il tanto abiurato turnover che ha portato in campo Bernardeschi e Dybala dal primo minuto, al posto dei dati per sicuri Ramsey ed Higuain. E manco a farlo apposta proprio uno di loro, la Joya, ha dato il via con lo splendido goal iniziale alla grande vittoria bianconera. E gioia più grande per il popolo bianconero non poteva esserci; finalmente i conti sono stati regolati sia con l’armata nerazzurra che con “il transfugo” Antonio Conte, e che si diano tutti una calmata, e per la “stella” lo vedremo in seguito. La morale di questa storia sportiva è che Maurizio Sarri, con un colpo solo si è preso la Juve e tutti gli juventini. E nel dopo gara, bastava guardarlo negli occhi per capire che finalmente è diventato: uno di loro.