L’operazione Ronaldo è la sintesi della evoluzione dello sport moderno. In un quadro di rapido adeguamento dello sport ai processi di globalizzazione culturali , economici e mass-mediologici, si inserisce, a mio parere piu’ come “strumento” che come “obbiettivo”. Strumento, appunto, per implementare la platea internazionale dei fruitori di calcio al prodotto “Juventus” che tenderà sempre piu’ ad essere un marchio con relativo logo, oltre che squadra di calcio italiana; e obiettivo di incrementare la bacheca dei trofei sportivi.
Le squadre professionistiche hanno l’assetto societario di S.P.A quotate in borsa con il mandato, quindi, di generare profitti e incrementare il proprio valore patrimoniale. L’aspetto del “ fenomeno” Ronaldo è coerente a questa considerazione piu’ che a quella puramente tecnica del giocatore che è “fenomenale”. Fenomeno che genera interesse, che veicola un marchio, che alza i rendimenti dei diritti televisivi e quelli del merchandising, che aumenta la capacità contrattuale nei confronti degli sponsor, che porta nel globo un prodotto italiano con tutto quello che ne deriva in termini di mercato globale. Tutto ciò non inficia, tuttavia, l’aspetto puramente tecnico e sportivo. Si parla di uno dei migliori giocatori al mondo capace, in molti casi da solo, di dare il valore aggiunto ad un risultato sportivo.
Cosi’ come in tanti altri casi della storia piu’ o meno recente del calcio, si parla di un giocatore che ha segnato un’epoca. A differenza, pero, di tutti coloro che lo hanno preceduto o che lo sfidano adesso, lui ha portato quella dimensione di modernità di cui si parlava coniugando strumento ed obiettivo come facce di una stessa medaglia contemporanea. In lui non si nota l’aspetto quasi romantico ed umano di alcuni e/o molti campioni precedenti (attaccamento alla maglia, legame con la propria squadra o alla propria nazione, difficile gestione dell’improvvisa notorietà e intervenuta ricchezza, ritrosia ai sacrifici, appagamento da risultati etc.).
Il Ronaldo che conosciamo ha cura maniacale del suo corpo e dei suoi muscoli, è il primo a raggiungere il campo di allenamento e l’ultimo a lascarlo, conduce una vita mirata al raggiungimento dei suoi traguardi, ha la stessa fame di gol e vittorie di quando ha iniziato, investe i suoi guadagni in attività extra-calcistiche è a disposizione della squadra ed è esempio per tutti i compagni e, soprattutto, per i giovani giocatori. Cura la sua immagine con rilevanti dazioni umanitarie perché non ha dimenticato il suo passato. Presenzia alle attività della società tanto che si può ipotizzare che sia “uomo società” oltre che uomo squadra. In definitiva è un meccanismo inserito nel processo di evoluzione dello sport moderno. Si potrebbe obiettare che avremo sempre piu’ prototipi di campioni poco romantici e poco umani ? Non penso.
E’ stato capace di piangere per una espulsione.
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