Sono trascorsi settantotto anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e sono pochi i protagonisti di quelle giornate, così importanti e drammatiche, ancora in vita e in grado di  raccontarcele. Appare però, sempre più evidente, il fatto di non aver saputo confrontarci, con gli eventi prima e con la storia successivamente, ma che ci sia, una eccessiva e crescente voglia, di attribuire i meriti della Liberazione, a pochi. Quasi il lento e naturale affievolirsi, di quell'idea, Socialista e Comunista, su cui in molti speravano di poggiare le basi della Repubblica, possa essere ricompensata con l'attribuzione di quella vittoria, della liberazione dall'invasore tedesco e del ventennio fascista..

Un argomento, molto delicato e scomodo da affrontare, specialmente per chi, come me, oltre a cercare di capire quanti drammi personali si intrecciano nei ricordi di quegli ultimi anni di guerra, legge costantemente i post di molti amici che non riescono a mettere il passato alle spalle. Eppure, se anno dopo anno il 25 Aprile, più che una FESTA, l'anniversario della Liberazione del Regno D'Italia, poichè quello eravamo, dall'occupazione tedesca e la sconfitta militare, della Repubblica di Salò, è diventata l'occasione, più per dividersi che per unirci, allora qualche cosa va rivisto. 
Lo sbarco in Sicilia degli alleati avvenne tra il 9 e il10 luglio 1943, favorito dalle pessime condizioni dell’Italia. Una tappa fondamentale, non solo per la Nostra storia, ma per contribuìre in maniera decisiva a determinare il risultato finale del conflitto Mondiale. L'Italia, in guerra dal 10 giugno 1940, versava in pessime condizioni,: bombardamenti, miseria, fame, distruzione, oscuramenti, razionamenti del cibo e coprifuoco, contrassegnavano la quotidianità degli italiani non impegnati sui fronti in Grecia, in Africa, nei Balcani. L’area di sbarco era compresa tra Licata e l’Isola della Maddalena. Circa 180 mila uomini provenienti dagli eserciti inglese, statunitense e canadese, sbarcarono sulle coste siciliane. Questa operazione fu straordinaria per l’ingente quantitativo di mezzi mobilitati, superata solo dallo sbarco alleato in Normandia che sarebbe avvenuto circa un anno dopo, il 6 giugno 1944. Nell’arco di una decina di giorni, questi soldati riuscirono progressivamente e senza dover fronteggiare una forte e organizzata resistenza a conquistare l’isola. Solo le divisioni, Assietta e Livorno, riuscirono a distinguersi, ma i loro attacchi non riuscirono a bloccare l’avanzata alleata. 

I segnali di uno scollamento tra Paese e regime erano già stati ben visibili a partire dai primi mesi del 1943, ben prima dello sbarco alleato, ma utilissimi per capire la reazione nazionale. Le grandi città industriali del Nord Italia diedero infatti vita, a partire dal marzo 1943, a grandi scioperi. Gli operai e i lavoratori delle fabbriche manifestavano contro il regime, contro la guerra, contro le difficilissime condizioni di vita che erano costretti a subire.
Determinante però, per il crollo del fascismo, fu la svolta fondamentale e di natura prettamente politica che si verificò nel luglio del 1943. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio ebbe luogo una riunione all’interno di una delle istituzioni più importanti del regime fascista, il Gran Consiglio del Fascismo, l’organo direttivo del governo. In questa sede, venne approvato l’ordine del giorno presentato da Dino Grandi. Questo ordine del giorno stabiliva di: riaffidare al Re, Vittorio Emanuele III, il comando delle forze armate; privare il duce delle funzioni e del ruolo di Capo del Governo. Oltre al ministro di giustizia, Dino Grandi, l'iniziativa ebbe il sostegno di Giuseppe Bottai e il genero stesso di Mussolini, il ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano. Nomi che ritroveremo "nell'atto finale", di Verona.  
Il Re Vittorio Emanuele III accettò ciò che la riunione aveva stabilito e mise subito in atto alcuni provvedimenti. Nominò capo del governo Pietro Badoglio, generale dell’esercito italiano, noto per aver concluso nel 1936 l’impresa di Etiopia, evento cardine  nella fondazione di quello che venne definito " l’impero del regime Fascista ".                                                                                                                                                                            Mussolini nel pomeriggio del 25 luglio 1943 venne convocato dal Re a cui consegnò le sue dimissioni, ma il re richiese l’intervento dei carabinieri per procedere con l’arresto del Duce. Venne condotto sulle montagne del Gran Sasso in Abruzzo, dove restò prigioniero a Campo Imperatore fino a che non venne liberato dai paracadutisti tedeschi il successivo 12 settembre 1943.                                                                                                                    Nella notte tra il 25 e il 26 luglio la notizia venne trasmessa alla radio. Il FASCISMO era CADUTO e Mussolini era stato arrestato. La popolazione era convinta che la guerra fosse terminata e furono in molti a scendere in piazza per festeggiare. Gli italiani organizzarono cortei, le sedi del partito nazionale fascista furono prese di mira e gli assalti alle carceri permisero di liberare molti prigionieri politici. I fascisti si diedero alla macchia e non fecero resistenza per opporsi alla fine del regime a cui essi appartenevano. Il nuovo capo del governo, Badoglio, intese subito riaffermare e rendere noto che la guerra sarebbe continuata. L’armistizio tra il Governo Italiano e gli Alleati venne firmato a Cassibile, una località nei pressi di Siracusa, il 3 settembre. 
Le condizioni, di quello che in realtà sarebbe stato un atto di resa dell’Italia nei confronti delle potenze inglesi e americane, vennero rese pubblicamente note solo alcuni giorni dopo, l’8 settembre, senza alcun rispetto per i soldati italiani schierati al fianco di quelli tedeschi, già perfettamente a conoscenza dei fatti.

Da quel drammatico 8 Settembre fino al 25 Aprile 1945, l'Italia attraversò i mesi fra i più bui della sua storia, con l'occupazione Nazista e la successiva nascita della Repubblica Sociale di Salò, dando forma a quella guerra Civile che doveva e poteva essere evitata. L'Italia fascista, supportata dalla Monarchia, cessa di esistere quindi il 25 luglio del 1943 con l'arresto di Mussolini, portato prima alle isole di Ponza e della Maddalena e quindi il 27 agosto, sul Gran Sasso, a Campo Imperatore. L’operazione Quercia, studiata e progettata in Germania doveva avvenire già quando il deposto dittatore era in Sardegna. Il suo repentino spostamento la fece slittare di un paio di settimane, ma ebbe una accelerata dopo l’8 settembre, quando venne annunciato l’armistizio, tra l’Italia e le forze alleate.. Nelle prime ore del 12 settembre 1943 ha inizio l’operazione che si concluderà con la liberazione, da parte di un gruppo di paracadutisti tedeschi, di Benito Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso. All'azione fu presente anche il generale di polizia italiano Fernando Soleti, per dissuadere i carcerieri dal reagire. Tale scelta si dimostrò decisamente azzeccata poichè non venne sparato alcun colpo.                                                                                                                 
Il duce sarà portato a Pratica di Mare, da dove volerà alla volta di Vienna prima e poi di Monaco. Il 14 settembre, prima di far rientro in patria, Mussolini incontra Hitler a Rastenburg, nove giorni dopo l’incontro, il 23 settembre, nasceva La Repubblica Sociale Italiana, uno stato voluto fortemente dalla Germania con il fine di controllare quella porzione di territorio italiano ancora sotto il gioco nazista.                                                                                            Il processo di Verona avvenuto dall'8 al 10 gennaio 1944, nell'omonima città veneta che, all'epoca, era sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana (RSI) vide sul banco degli imputati sei membri del Gran Consiglio del Fascismo che, nella seduta del 25 luglio 1943, avevano sfiduciato Benito Mussolini dalla carica di Presidente del Consiglio. La loro condanna a morte è l'atto conclusivo "dell'uomo solo al comando", burattino dei tedeschi e incapace di accettare gli eventi divenuti drammatici.
La liberazione intanto veniva combattuta, specialmente dagli alleati, con ben 46 cimiteri americani sul suolo italico, dal Regio Esercito, dai partigiani, italiani e stranieri, cattolici e laici, di centro, monarchici e di sinistra, ma anche da disertori, desiderosi di tornare a casa e da ex fascisti. Furono in molti, dopo l'arresto del Duce, a sfilarsi la camicia nera, indossata per anni e metterla di altro colore. Così come le vendette e gli omicidi, che continuarono per molti anni, anche dopo la fine del conflitto mondiale, senza processi e nel nome di una giustizia, non sempre comprensibile, se volevano chiudere con il passato, hanno avuto l'effetto contrario.                                                                                             

Benito Mussolini venne catturato, mentre era in fuga su un camion tedesco diretto in Svizzera, il 28 aprile 1945 a Giulino, frazione del comune di Tremezzina, in provincia di Como, dove venne fucilato insieme all'amante Clara Petacci. Altri gerarchi fascisti, con i quali era stato catturato, vennero fucilati a Dongo, luogo della sua cattura. I loro corpi furono esposti a Milano, in Piazza Loreto, il giorno successivo Il referendum del 2 e 3 giugno del 1946 sancì la nascita della Repubblica Italiana e la fine di quella Monarchia che era stata artefice dell'Unità di Italia, nel 1860, senza il Veneto.

Una lezione di storia che sono in molti a non conoscere. Che chiarisce perfettamente i motivi per cui il fascismo in Italia sia una esperienza conclusa e non riproponibile, mentre il richiamo ai "fantasmi del passato" è fin troppo inflazionato da una classe politica che preferisce creare distrazioni, piuttosto che affrontare problemi reali e insuperati.
Quel fascismo che in vent'anni al governo, sostenuto da molti, dentro e fuori i palazzi del comando, che grazie al Gran Consiglio, tentò una conclusione più "programmatica, che violenta", MUORE, definitivamente, con il processo di Verona, dove le due facce della stessa medaglia, sancivano il fallimento di quella Destra Sociale, in grado di sollevare un Italia, povera e analfabeta, dalla Prima Guerra Mondiale, per proporsi nel panorama Europeo.
Valori condivisi e non la sottomissione a quella dittatura, che nessuno voleva e poteva accettare. L'Uomo solo al comando, che la Repubblica di Salò consegna alla storia e al giudizio popolare, chiude ogni spiraglio di nostalgia, pur nella consapevolezza che furono in molti ad essere, obbligatoriamente, trascinati in quel baratro.
E' in questo contesto che, il 25 Aprile, potrà essere una giornata di festa, senza se e senza ma, quando si riuscirà a capirne l'importanza, senza cercarne gli artefici.
Dando inizio ad una Italia libera. Senza bisogno di sventolare altre bandiere, oltre al tricolore, o peggio ad alzare barricate, poichè a spaventarci non può essere il passato, specialmente se c'è la volontà di conoscerlo, ma piuttosto di un futuro, costantemente alimentato da odio e divisioni.