Tesserino da pubblicista (o anche da professionista), accrediti stampa, corsa verso il gate dello stadio e anche verso il miglior posto a sedere nelle sale delle conferenze. La vita di un collaboratore. o di un inviato che dir si voglia, è difficile e spesso si incappa in complicazioni in un primo momento irrisolvibili. Non solo: nella maggior parte dei casi i club danno spazio a testate mainstream e non a piccole realtà che a volte fanno dell'informazione e non del clickbait e delle fake news un principio fondamentale per la crescita del sito in questione registrato al tribunale. Quale potrebbe essere una soluzione per garantire ai cronisti il giusto spazio? La risposta l'ha data qualche anno fa il Real Madrid. Sì, il club forse più blasonato al mondo. Anzi, togliamo il forse. Florentino Perez, assieme ai social media manager e agli addetti stampa, ha istituito il media day dove tutti i reporter hanno avuto l'occasione di intervistare un giocatore a loro scelta.
Seppur un'iniziativa adottata anche da alcune società italiane, quello del media day resta un tabù per alcune società che molto spesso prediligono emittenti televisive blasonate e siti e giornali scelti ad hoc per l'occasione. Molti ancora sperano un giorno di essere accreditati a un determinato evento, ma certe procedure seppur essenziali rischiano di strozzare una professione che, in questi tempi, viene vista con uno sguardo di compassione. Non c'è spazio a volte per il premio dettato dall'impegno, dalla costanza e da determinate competenze. In certi casi bisogna fare i conti con ostacoli forse removibili per una migliore comunicazione e perché no, anche per migliorare e stringere i rapporti con quelle piccole redazioni che sgomitano pur di accontentare una fascia ristretta di lettori per crescere. I galacticos, forse avanti anni luce rispetto ai nostri amati club in termini di rapporti con i media, ci hanno lanciato un segnale: per una buona comunicazione è giusto dare spazio a tutti, anche al sito di periferia per migliorare l'immagine della società e per premiare anche le testate specializzate nelle vicende della squadra in questione.
In Italia gli addetti stampa non rispondono alle email, chiudono il telefono in faccia ai professionisti e non e inoltre chiedono l'oggetto dell'intervista prima dell'incontro... quasi a voler scendere ad un compromesso con l'inviato per sbrigare una questione definita scocciante per gli addetti ai lavori, ma non per il giornalista che anche con una semplice dichiarazione cerca di portare la cosiddetta pagnotta a casa. "Il giornalismo serve chi è governato, non chi governa", e si può partire da questa frase anche per aprire una riflessione in termini di giornalismo sportivo in questo caso calcistico. Perché la trasparenza e l'onore al merito sono fondamentali anche in questo campo e perché ognuno merita spazio. Forse è il caso di istituire quest'iniziativa anche in Italia.
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