Il Venezia di Zanetti si è conceduto un salto triplo verso la salvezza contro una Fiorentina più tesa dei nervi di Commisso, che dopo essersi ritrovato a gestire la grana Vlahovic-procuratori-rinnovo, vede la sua squadra non combinarne una giusta contro una delle principali candidate alla retrocessione. L'ottava giornata si chiude così, con le sette sorelle in 10 punti e la fine dei sogni di chi credeva che questa squadra potesse tornare a far parte di questo gruppo. La Fiorentina non sarà, almeno quest'anno, l'ottava sorella, lo ha sancito il campo ed un match che forse complice le questioni extra-campo del suo bomber principe, non l'ha mai vista entrare del tutto in partita. E ciò che più risuona come un campanello d'allarme è che l'avversario non era dei peggiori, anzi. I lagunari non avevano ancora mai vinto in casa, ma soprattutto hanno sempre subito almeno un gol. Tant'è che per correre ai ripari, dopo l'infortunio di Lezzerini e le incertezze palesate dal portiere finlandese Maenpaa, è stato ingaggiato dal mercato degli svincolati una vecchia conoscenza del campionato italiano. Sergio Romero dopo l'esperienza alla Sampdoria è tornato in Italia per mettere una toppa nella fragile difesa neroverde. E ci è subito riuscito, portando a casa il primo clean sheet stagionale, dimostrando personalità ed attenzione, agevolato per la verità da una Fiorentina troppo brutta per essere vera. Tra l'altro il portiere neroverde tra gli undici lagunari che erano presenti al fischio d'inizio era l'unico con un trascorso piuttosto importante in Serie A. E qui è maturata una severa lezione per Commisso, Italiano ed i loro uomini. Il Venezia ha dimostrato che si può giocare a calcio, senza per forza spendere fior di milioni, anche con nomi meno conosciuti (capito Vlahovic?!), con un allenatore emergente che sta dimostrando sul campo le sue capacità nell'allenare e preparare i calciatori. La viola non è ancora pronta e matura per stare con le grandi, l'ottava sorella è stata messa a nudo dal piccolo Venezia.
Il migliore in campo: Mattia Aramu. L'uomo simbolo di questa squadra. Un esempio per chi ha voglia di arrivare e non si accontenta una volta raggiunti un obbiettivo. Segna, corre, attacca, difende, gioca di spada e di fioretto, propizia l'espulsione del portiere avversario cancellata dal Var per una questione di centimetri. Il bello del calcio, un ragazzo, un numero 10 talentuoso e affamato che dopo una lunghissima gavetta prova ad affermarsi e diventare l'idolo dei suoi tifosi in Serie A. Mentre dall'altra parte del campo un ragazzone col numero 9 in maglia viola ha perso la stima e la fiducia del suo pubblico. Ed i tifosi restano l'essenza del calcio e vanno rispettati, anche se a quanto pare alcuni procuratori e calciatori ancora non l'hanno capito.
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